Tronchetti Provera: onnipotenza o innocenza?

tronchettiSembra che Marco Tronchetti Provera questa volta abbia accusato il colpo.
Abbandona la solita nonchalance nel trattare lo scottante argomento “dossier illeciti” e finalmente ci racconta la verità attraverso un’intervista rilasciata a “Il Giornale”.
A stanarlo sono state le ultime dichiarazioni pubbliche di Giuliano Tavaroli che, rompendo il silenzio, su 'La Repubblica' ha iniziato a raccontare l’altra verità.
L’ex uomo di fiducia, probabilmente forte della recente sentenza appena emessa dal Tribunale di Milano che, smentendo l’accusa, lo ha assolto dal reato di appropriazione indebita perpetrato ai danni della vecchia azienda in cui lavorava, si sta rivelando il peggior nemico dell’attuale presidente Pirelli.
"Tronchetti è un codardo, non ha avuto il coraggio di prendersi le sue responsabilità sui report che ci chiedeva, ha preferito offendere la dignità dei professionisti al suo servizio".
Tavaroli subito dopo lo scandalo che lo ha coinvolto si chiuse in un assoluto silenzio.
Un atteggiamento tale da far credere, a chi era a conoscenza dei fatti (o dei misfatti sarebbe meglio dire), che fosse generato da una forma di protezione “interessata” verso i suoi vecchi datori di lavoro.
Invece, a suo dire, era semplicemente dettato dalla sua professionalità, da un “codice d’onore” che sentiva il dovere di seguire.
Ora improvvisamente ha iniziato a “cantare”.
In realtà questa brusca variazione si era già notata da qualche mese in avare dichiarazioni agli organi di stampa ed in rare notizie che trapelavano dalle udienze preliminari, tenute rigorosamente a porte chiuse a causa di alcune vicende coperte dal segreto di Stato.
Adesso che la sentenza è stata emessa ed il giudice Panasiti gli ha dato ragione, le sue rivelazioni non sembrano più un tema difensivo ma pesanti attacchi, rivolti soprattutto al suo ex presidente, secondo la tesi di Tavaroli, il mandante di quasi tutte le attività illecite che hanno visto all’opera lui ed i suoi collaboratori.
Secondo lui basterebbe esaminare i destinatari delle loro indagini per capire come stiano le cose. Montezemolo, De Benedetti, Afef e famiglia, Moggi ed arbitri, Kroll, Bondi, etc. soggetti indubbiamente legati all'ambiente aziendale o alla sfera privata di alcuni dirigenti piuttosto che agli indagati, anzi in certi casi sono ad essi del tutto ignoti, come quel mite pensionato, azionista Telecom, che si è ritrovato "osservato speciale" perché ha avuto la sfortunata idea di scrivere direttamente al presidente per un disservizio adsl invece di rivolgersi all’ufficio reclami aziendale (a proposito, questa inutile operazione è costata circa 25mila euro alle casse della spa).
Non risparmia critiche nemmeno al lavoro svolto dagli inquirenti, paventando una specie di “onnipotente immunità” di alcuni personaggi.
Secondo lui basterebbe analizzare i tabulati telefonici per verificare con chi aveva rapporti continuativi; leggere le email che risiedono sui pc sequestrati per farsi una chiara idea di come funzionassero le cose.
Così nel botta e risposta a distanza Tronchetti Provera sente l’esigenza di difendersi ed affida al taccuino di Nicola Porro la sua versione.
Non convince Marco Tronchetti Provera allorché, per avvalorare la sua tesi, cita verbali risalenti al 2006, quando l’inchiesta era ancora in corso, quando per Tavaroli c’era ancora la possibilità di “rientrare nel giro Telecom”, quando soprattutto l’indagato non era ancora “tenuto a dire cose che potevano aggravare la sua posizione o quella di terzi”.
Non convince allorché ribatte alle storielle descritte dall'ex capo della security sulle attività prettamente personali che gli sono state richieste dal suo superiore quando era ancora un suo uomo di fiducia, come ad esempio un’indagine sul figlio di un vecchio amico con problemi di droga o l’organizzazione della sicurezza per il matrimonio delle figlie. Tronchetti non nega che siano avvenute, sostiene che queste fossero però semplici richieste di cortesia verso un uomo di fiducia; non c’è illegalità o dossier dietro tali attività. Inavvertitamente però forse non si rende conto che il suo ex gregario non tira in ballo queste questioni per motivi “legali”, ma per dimostrare che Tronchetti Provera dice il falso quando afferma “di conoscerlo appena”.
Divagando mi viene un dubbio: emerge che le frequenti prestazioni personali erano piccole cose, di cortesia ed ordinaria amministrazione, in ogni caso non si è capito chi pagava. Sarebbe interessante saperlo, soprattutto per un azionista delle spa dirette dall’attuale presidente Pirelli.
I due sono in disaccordo su tutto tranne che in una questione, quella per noi più interessante: Calciopoli, Moratti ed i dossier Ladroni e Como.
Queste le domande e le relative risposte:
Giuliano Tavaroli su Repubblica.
Domanda: È proprio vero che stavate aiutando l'Inter di Moratti contro Luciano Moggi?
Tavaroli: La pratica Ladroni, come la chiamavamo noi, riguarda le indagini sui rapporti tra la Juventus e gli arbitri. Volete sapere a quando risale? Al 2002... Succede che un arbitro bergamasco, ammiratore e amico di Giacinto Facchetti, anche lui bergamasco, un giorno scoppia e gli racconta i retroscena di quella che sarà Calciopoli. All'Inter vanno in fibrillazione, si spiegano alcune espulsioni, alcuni rigori assurdi e così Tronchetti consiglia a Moratti di chiamarmi.
Domanda: Siete andati dalla magistratura?
Tavaroli: Era quello che volevo, ma la situazione è complessa e do a Moratti l'unico suggerimento possibile, e cioè portare Facchetti, come fonte confidenziale, dai carabinieri. Può parlare, resterà anonimo, l'indagine comincerà.
Domanda: All'Inter che dicono?
Tavaroli: Tentennano, preferiscono non esporre Facchetti, forse hanno paura, io non posso intervenire più di tanto. Moratti mi dice che ha capito come stanno le cose e ne soffre, è preoccupatissimo, ma non vuole distruggere il calcio italiano. Allora che cosa possiamo fare? Si prepara un documento, che finisce sui tavoli dei sostituti procuratori Francesco Greco e Ilda Boccassini. E l'arbitro, convocato, va in procura, ma non è così facile come sembra... Fa scena muta. L'inchiesta Calciopoli non parte quindi da Milano, com'era possibile, ma partirà qualche anno dopo, a Napoli.
Così invece Marco Tronchetti Provera su “Il Giornale”.
Domanda: Tavaroli dice che si stavano anche occupando di Calciopoli?
Tronchetti Provera: È vero ciò che dice. Moratti si era rivolto a Tavaroli, su mio consiglio, perché aveva delle questioni delicate da affrontare su vicende arbitrali che poi portarono a Calciopoli. Quello che è successo è un po’ diverso: Moratti è andato direttamente dalla Boccassini a denunciare ciò che aveva saputo. Ma alla fine il giovane arbitro che poteva svelare tutta la vicenda non se la sentì di testimoniare e tutto è saltato.
Domanda: Era la stessa security che teneva d’occhio Vieri...
Tronchetti Provera: C’era il timore che Vieri conducesse una vita non da sportivo e Moratti si chiedeva cosa facessero le altre squadre in tema di sicurezza. È stato normale chiedere al responsabile della sicurezza Pirelli cosa si potesse fare. Si trattava solo di una consulenza.
A grandi linee le due dichiarazioni coincidono, di certo c’è che Tavaroli ha incontrato Moratti nel 2002, (con Facchetti a Sarroch ha dichiarato in altre occasioni l’ex carabiniere), nonostante il presidente nerazzurro dica stizzito nel 2006: "Non credete a tutto quello che dice Tavaroli. Lo conoscevo, certo, ma non gli ho mai dato alcun incarico". Scaricando il fardello sull'amico Giacinto: "L'affare Nucini e tutto quello che è venuto dopo li ha seguiti Giacinto".
Questo sembra svelare anche l’identità di chi presentò l’esposto alla Procura di Milano per l'inchiesta aperta ed immediatamente archiviata dai PM Napoleone e Boccassini.
Comunque al riguardo avremo modo di ascoltare direttamente ciò che sanno quando saranno chiamati a deporre a Napoli.
Intanto anche Narducci e Capuano, pm del processo di Napoli, sembrano interessati a queste “chiacchiere” ed hanno chiesto l’acquisizione agli atti dell’intervista di Giuliano Tavaroli.
Ora, leggendo fra le righe della sentenza Panasiti, si intuisce che per lei gli effettivi committenti dei dossier non sono tra gli imputati, alla Procura l'improbo compito di riprendere in mano le carte ed acquisire nuovi elementi per capire chi fossero.
Comunque vada, tutti possono dormire tranquillamente, nel caso risultassero responsabilità non ancora emerse difficilmente la giustizia riuscirà a recuperare i quattro anni persi, la prescrizione è alle porte.