La sfida di Tapinassi ad Abete

abeteMolti nostri lettori, incuriositi dalla lettera aperta, pubblicata da alcuni quotidiani, di tal Gino Tapinassi, collaboratore da svariati anni della Federazione Italiana Giuoco Calcio, hanno chiesto di avere maggiori notizie su tale denuncia che, sia per modalità (acquisto di una pagina a pagamento) che per provenienza (un ex dirigente federale non appartenente ad alcuna componente) ha messo in agitazione il Palazzo Federale, di norma molto attento affinché i “panni sporchi” si lavino sempre in famiglia.
Partiamo da un breve excursus sulla vita federale e pubblica di Gino Tapinassi: nominato Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana dall’allora Presidente Sandro Pertini, pur svolgendo le sue funzioni di Dirigente al Senato della Repubblica, ha collaborato con numerose commissioni ed organismi della F.I.G.C., ricoprendo svariati incarichi.
Fin dai tempi della Presidenza Federale di Franco Carraro è opinione prevalente presso gli addetti ai lavori che fosse solito ispirare interrogazioni parlamentari presentate poi da suoi colleghi di partito, con l'evidente scopo di sottolineare la mancata valutazione professionale della sua figura all’interno della F.I.G.C.
(vedi anche qui e qui).

Nell’autunno del 2005, mentre rivestiva l’incarico di Vice Procuratore Federale, lanciò i suoi strali contro il Procuratore Stefano Palazzi, accusandolo di assolutismo e di non coinvolgere i suoi Vice nell’attività del massimo organo di Giustizia Sportiva, costringendoli ad apprendere le notizie dei deferimenti solo dai media.
Nel 2006, all’indomani delle elezioni politiche che diedero il via al nuovo Governo Prodi, ha ricoperto l’incarico di caposegretario dell’On. Elidio De Paoli (salito in quel periodo agli onori della cronaca per aver preso parte, a nome del governo, alla riunione della Gran Loggia elogiando il ruolo della massoneria nel nostro Paese), sottosegretario alle Politiche Giovanili e allo Sport, ministero presieduto dall’On. Giovanna Melandri (vedi anche qui e qui).

Ultimamente ha ricoperto il ruolo di componente della Commissione Antidoping, denunciando i presunti comportamenti scorretti del suo Presidente, Dott. Giuseppe Capua, inibito per aver inviato come ispettori antidoping persone non qualificate né abilitate, ed è stato nominato consulente del Presidente della Lega Dilettanti, Carlo Tavecchio, incarico ottenuto in seguito alle tante operazioni effettuate dal Dott. Tapinassi in veste di mediatore con il mondo politico a favore del calcio dilettantistico. A tale proposito si sussurra che avrebbe anche riportato la pace tra il quotidiano “Repubblica” e il Presidente Tavecchio su diversi presunti “scandali” che riguarderebbero l'ambito assicurativo dei calciatori e la realizzazione di campi in erba sintetica (vedi anche qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui).

Il Dott. Luigi (detto Gino) Tapinassi è sicuramente una figura “scomoda” per il mondo federale e i metodi sensazionalistici con cui parla delle “ombre” dell’organizzazione calcistica poco si addicono all’”omertà” normalmente in vigore in ambito federale. A tale proposito abbiamo raccolto alcune voci secondo le quali la rubrica “Robin Hood” del settimanale Professione Calcio, ove si denunciano le inadeguatezze dell’attuale governo federale, in realtà potrebbe essere gestita da lui o da persone di sua fiducia.
Allontanato da Tavecchio quale suo consulente (su pressioni federali) ed avvicendato nell’ultimo Consiglio Federale da componente della Commissione Antidoping, Gino Tapinassi (che resta sempre un amico fedele dell’ex Presidente Franco Carraro, al cui fianco era, ad esempio, pochi mesi fa, per la legge sugli stadi) ha tolto la maschera ed è uscito allo scoperto in prima persona per il suo regolamento dei conti, sfidando il Presidente Abete a duello.

La sua lettera dà un quadro desolante del nuovo calcio (quello “pulito” del dopo Calciopoli): i conflitti d’interesse continuerebbero a proliferare e le guerre per la spartizione della “torta calcio”, che va sempre più assottigliandosi a causa della scarsa lungimiranza dei contendenti, non sono ancora finite. Un calcio italiano sempre più in declino a seguito della sua "privatizzazione" avvenuta nel 1999 con l'emanazione del Decreto Melandri. Per chi non ne avesse memoria ricordiamo che fino al 1999 i presidenti delle singole federazioni e del CONI rispondevano direttamente al Ministro dei Beni Culturali in merito al loro operato e le gare di appalto seguivano i criteri pubblici. Dal 1999 invece si è deciso che i gestori del calcio per conto dello stato dovevano diventare le componenti tecniche e la Lega, sottoponendo quest'ultime al controllo della FIGC, in un sistema totalmente autoreferenziale la cui gestione ha sollevato non poche perplessità. E' questo un argomento abbastanza trascurato dai giornalisti e che approfondiremo prossimamente. E' utile infatti compiere una riflessione su come la privatizzazione fine a se stessa – senza che lo Stato italiano abbia incassato un solo euro per la cessione, nel caso del Calcio, del quarto indotto italiano per fatturato – possa far sorgere il dubbio che sia stata un vero e proprio regalo a gruppi di potere, che in questo modo gestiscono un bene pubblico curando esclusivamente i propri interessi personali e depauperando e distruggendo lo sport più amato dagli italiani.