Quando Pozzo si lamenta

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Il 22 aprile 1990 si gioca a Roma la partita Lazio-Udinese, penultima giornata del campionato 1989/1990. La squadra friulana ha un disperato bisogno di punti. Almeno due, per scongiurare la retrocessione.
Nei giorni immediatamente precedenti la partita la linea telefonica Roma-Udine è rovente: Pozzo, presidente dei friulani, cerca insistentemente, disperatamente, il contatto con Calleri, massimo dirigente della società biancocelesta. Non ricevendo risposta alcuna da Calleri, il patron bianconero compone un numero differente: è quello di Regalia, ds della Lazio. Si contano tre telefonate.
Durante la prima, datata venerdì 20 aprile, due giorni prima di Lazio-Udinese, solo un monito: “Sai che domenica giochiamo”. Nella seconda, il pomeriggio stesso, una quasi minaccia: “Dì al tuo presidente che non può sfuggirmi. Se le cose non vanno come dico io gli faccio fare il giro dello stadio prendendolo per un orecchio”.
La terza, la più delicata, è del sabato mattina: “Adesso che sono vicino alla mia squadra so che Fascetti e Sonetti erano amici, e sono a conoscenza di certi fatti. Il tuo Presidente ora si fa negare, ma se domenica non vinciamo faccio il finimondo ed io ed il tuo presidente andiamo via in cellulare”.
E’ soprattutto quest’ultima telefonata a valere al Presidente dei friulani una condanna per illecito sportivo.
Secondo l’accusa, infatti, Pozzo avrebbe cercato il contatto con Calleri e quindi minacciato Regalia di spifferare “certi fatti” riguardanti Sonetti (ex allenatore dell’Udinese) e Fascetti (ex allenatore della Lazio) al fine di acquisire il risultato della vittoria per la sua squadra. Un illecito sportivo tramite minaccia, insomma.

Pozzo si difende alludendo all'esistenza di losche trame, tali da richiedere un suo intervento per ripristinare la regolarità del campionato.
Egli si dice convinto che ci siano degli accordi non scritti dietro alcuni risultati e dichiara di aver raccolto in merito le confidenze di un suo giocatore, De Vitis, a sua volta molto amico di un calciatore del Bari, Maiellaro, sull' esistenza di un asse Lazio-Genoa-Bari con un programma di mutuo soccorso per la permanenza in A.
Avendo avuto sentore che qualcosa di strano si fosse allora creato intorno alla gara Lazio-Udinese, per ingiungere ai laziali di non ripetere i comportamenti scorretti che, a suo dire, più volte la società romana avrebbe avuto a proprio danno, ha pensato bene di cercare il contatto telefonico e... minacciare gli interlocutori, in modo che la partita si potesse poi svolgere regolarmente.
Le sue giustificazioni non reggono minimamente davanti alla Disciplinare. Innanzitutto, tanto De Vitis quanto Maiellaro negano di aver mai discusso di questo fantomatico asse Lazio-Genoa-Bari col presidente. Lo stesso Mariottini, ds dell'Udinese che, secondo Pozzo, sarebbe colui il quale avrebbe ricevuto la confidenza dal De Vitis (che l'avrebbe appresa a sua volta dal Maiellaro), nega la circostanza.
Ma soprattutto, dice la Disciplinare, se Pozzo avesse avuto sentore di qualcosa di poco limpido circa la gara Lazio-Udinese, si sarebbe dovuto rivolgere all'Ufficio indagini, e non certo agli esponenti della società Lazio.
La finalità di quelle telefonate, quindi, per la Disciplinare non può che essere una sola: l'assicurarsi, mediante minaccia, il risultato sportivo necessario alla salvezza dell'Udinese.

Ed è così che l’Udinese, retrocessa in campo proprio in seguito al pareggio con la Lazio (0-0), viene penalizzata dalla Disciplinare di 4 punti, penalizzazione da scontare nel successivo campionato di B. Per il Presidente, invece, inibizione di 3 anni.
L’Udinese non ci sta e ricorre in appello. Non l’avessero mai fatto. Alla CAF infatti le cose vanno pure peggio: dai 4 punti di penalizzazione si arriva a 5.
Il Presidente la prende sportivamente: “E’ una congiura del Palazzo”, dirà ( 'Pozzo: vittima di una congiura di Palazzo' di Gabriella Fortuna, su 'La Stampa' del 13.08.1990).
Destino vuole che siano proprio 5 i punti che non consentiranno all’Udinese, l’anno successivo, di tornare in A.

Mi vengono ora alla mente le parole proferite dal patron friulano il 14 maggio 2012 su Calciopoli: "Ritengo che in passato qualcosa è successo, mi lamentavo anche io". Posta così la frase, pare quasi che la prova che qualcosa di losco realmente accadesse risieda nelle lamentele di un presidente altrimenti pacato, composto, imperturbabile. Insomma, i fatti sarebbero stati talmente eclatanti che proprio non era possibile mantenere il naturale aplomb. Ho dei dubbi che la frase sia stata correttamente riportata dalla stampa, perché sarebbe un bell’ardire dopo che, giusto per citare alcuni esempi:
- "viene deferito per avere espresso, con riferimento alla gara Genoa-Udinese del 22 marzo 2009, nel corso della trasmissione televisiva 'La Domenica Sportiva' e con dichiarazioni rilasciate ad organi di informazione, giudizi lesivi della reputazione dell'arbitro dell'incontro (Nicola Ayroldi, ndr) nonché dubbi sulla regolarità del campionato a causa dell'operato degli arbitri"?
- nell’aprile 2011 afferma: “Sapevo già che avrebbe potuto esserci qualche errore arbitrale. Già nelle scorse settimane vi avevo detto che quando la classifica inizia a delinearsi intervengono certi fattori. Oggi le decisioni dell’arbitro ci hanno fatto perdere la partita".
- nel marzo 2012 afferma: "Un atteggiamento che non si può accettare. Nelle ultime due partite abbiamo subito cose incredibili. In tanti anni che sono nel calcio non mi ricordo serate come questa".
Pertanto, ammettiamo che Pozzo abbia solamente affermato "ritengo che in passato qualcosa sia successo", senza alcun riferimento alla questione delle lamentele.


L’impressione è che al Presidente Pozzo pare sempre che succeda qualcosa. Perché se nel 1990, prendendo quantomeno per sinceri i sospetti che aveva su Lazio-Udinese e non considerandoli mere giustificazioni, come invece andava affermando la di certo non infallibile giustizia sportiva, c’era un “asse Lazio-Genoa-Bari di mutua assistenza”, c’era “sentore che qualcosa di strano si fosse creato intorno alla gara Lazio-Udinese”, c’erano “gli accordi non scritti dietro alcuni risultati”, c’era Lazio-Udinese, “un incontro che già negli anni precedenti gli aveva sempre destato qualche sospetto”, c’erano “certi fatti tra Sonetti e Fascetti”, poi ad un certo punto comparirà sulla scena Moggi.
Ma dopo Moggi nell'aprile 2011, c’è sempre qualcosa:: “Quando si arriva a questo punto del campionato, con la classifica calda, che si fa importante, è sempre condizionato da qualcosa per le piccole squadre.”.
E nel 2012 (marzo) c'è sempre dell'altro: “Sono due partite che sono finite male, e per influenze esterne che non c’entrano niente col calcio, punto”.

Quando però vince l’Udinese, “vuol dire che il campionato è regolare” (14 maggio 2012). Curioso che proprio qualche mese prima, a marzo, si fosse espresso con toni completamente differenti.