SLA

Raffaele GuarinielloLo avevamo lasciato con una sconfitta senza precedenti, con l'ipotesi di un reato che non sussisteva, dopo avere imbastito un processo senza prove ma con la sola testimonianza di un soggetto che nulla aveva a che fare, e nemmeno mai mise piede, nell’ambiente incriminato.
Giornali e televisioni lo chiamarono "teorema Guariniello", sbandierandolo come verità assoluta, ma la giornata del 14 dicembre 2005, per il Pm piemontese e non solo, si rivelò una Waterloo, senza neppure la consolazione di poter sparire a Sant'Elena.
La somministrazione di Epo, data per certa dal perito D'Onofrio nelle fasi finali del processo di primo grado, fu smentita dal processo d’appello: il fatto non sussiste.
Nessuno alla Juventus ha mai fatto uso di eritropoietina.
L'abuso di farmaci e la frode sportiva non possono costituire reato, la legge 401 del 1989 non può essere applicata in quanto non è dimostrata l'alterazione delle prestazioni con la somministrazione dei medicinali.
Concetti che non fanno una grinza e che rispediscono al mittente anni di accuse e di insinuazioni; la famigerata Epo non c'era e non veniva somministrata, dunque alla Juve non veniva praticato doping, né sistematico, né occasionale.
Il grande sconfitto, professor D’Onofrio, reagì con distacco alla lettura del dispositivo assolutorio, nonostante la sentenza affermasse che la perizia del professore avesse avuto valore probatorio molto modesto, in quanto dall’esame ematico non si potevano trarre certezze sull'uso di Epo.
Ma non fece mancare una sua personale considerazione: "Questa sentenza chiude un fronte, con un altro esito le indagini avrebbero potuto espandersi. Così è chiaro che il calcio è intoccabile. Rispetto la sentenza. I giudici avranno ritenuto non sufficienti gli indizi a carico. Quello che è certo è che da oggi in poi nessuno più indagherà su cosa accade nelle infermerie delle squadre di calcio" ( ANSA del 14 dicembre 2005).
Allora stupì l'improvvisa sete di pulizia e di giustizia: quello che conta non è la Juventus ma la salute, il bene del calcio. Verità incontrovertibili, per carità, ma ancora non si comprende perché la strada che porta a questi utopistici obiettivi debba passare per forza sopra il cadavere di una società colpevole solo di non aver avuto giocatori positivi ai test.
E' notizia di qualche settimana fa che la salute dell’ex calciatore Stefano Borgonovo è stata intaccata da una forma di malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso, più comunemente denominata SLA (sclerosi laterale amiotrofica) o anche morbo di Lou Gehrig, (dal nome del giocatore statunitense di baseball che fu la prima vittima accertata di questa patologia).
L’eziologia della SLA è fondamentalmente ignota, dagli studi finora effettuati un importante passo avanti verso una risposta della questione avvenne nel 1993, quando alcuni scienziati scoprirono che mutazioni nel gene che produce il superossido dismutasi erano associate con alcuni casi di SLA familiare. Questo enzima è un potente antiossidante che protegge il corpo dai danni causati dal superossido, un radicale libero tossico.
I radicali liberi sono prodotti di "scarto" che si formano naturalmente all’interno delle cellule del corpo quando l'ossigeno viene utilizzato nei processi metabolici per produrre energia (ossidazione).
In pratica sono molecole altamente reattive prodotte dalle cellule nel corso del loro normale metabolismo e possono allora accumularsi e causare danno al DNA ed alle proteine presenti nelle cellule.
I ricercatori hanno ipotizzato che un accumulo di radicali liberi possa risultare da un funzionamento difettoso di un gene: il SOD1 portando alla degenerazione del motoneurone (neuroni che trasmettono messaggi alle cellule).
Tra le cause che contribuiscono a formare l’accumulo dei radicali liberi troviamo:
1- la presenza di un eccesso di ferro che, nella prima fase della trasformazione, fa liberare dal perossido di idrogeno il radicale ossidrile, che è in grado di attivare reazioni chimiche ulteriormente dannose;
2- l’attività fisica intensa, sia di resistenza organica che di forza muscolare, causa un incremento notevole delle reazioni che utilizzano l’ossigeno (aumento della respirazione polmonare, dell’attività dei mitocondri delle cellule muscolari, ecc.) e conseguente surplus di formazione di perossido di idrogeno.
Anche le reazioni biochimiche legate all'accumulo e rimozione dell'acido lattico dai muscoli affaticati, contribuiscono ad innalzare la soglia dei radicali liberi. Secondo alcuni studiosi, la lisi della membrana cellulare da parte dei radicali liberi (perossili), è una delle cause del dolore muscolare. Lo stesso avviene per i globuli rossi, contribuendo a determinare o accentuare l’anemia negli atleti;
3- le diete troppo ricche di proteine e di grassi animali (grassi polinsaturi).

Precisando che non vogliamo dimostrare di essere dei luminari della scienza cerchiamo di approfondire l’argomento.
Abbiamo precedentemente toccato l’argomento riguardante l’eritropoietina, quest’ultima è un ormone glicoproteico prodotto negli esseri umani dai reni e in misura minore dal fegato e dal cervello, che ha come funzione principale regolare l'eritropoiesi (un processo per la formazione dei globuli rossi).
I rischi che sono insiti nell’uso, specie se massiccio e se protratto, come avviene in diversi atleti dell’eritropoietina ricombinante sono:
1- tendenza alla trombofilia, indipendente dal valore di ematocrito;
2- tendenza alla trombofilia, dipendente dal valore dell’ematocrito;
3- emoconcentrazione, ovvero neutralizzazione del fenomeno dell’emodiluizione (cosiddetta pseudo-anemia dell’atleta di resistenza);
4- potenziale incremento delle resistenze vascolari nelle zone profonde del cervello.

In quest’ultimo caso (punto 4) l'approfondimento dei rischi toccano anche la possibile instaurazione di un invecchiamento precoce delle strutture, di anticipazione delle modificazioni degenerative età-dipendenti, di alterazione del ruolo fisiologico delle sostanze deputate alla trasmissione degli impulsi nervosi, di aumento delle azioni negative esercitate dai radicali liberi.
Abbiamo precedentemente accennato di come l'accumulo di radicali liberi, secondo lo studio di alcuni scienziati nel 1993, possa essere causato dalla mutazione di un gene (SOD1) e ora abbiamo appreso di come, un'eventuale uso dell'eritropoietina ricombinante, possa aumentare le azioni negative esercitate dagli stessi radicali liberi.
L’accostamento parrebbe trovare una relazione, o quantomeno destare il sospetto che, tra le cause scatenanti della SLA ci possa essere anche l’ombra dell'Epo.
Prendendo in esame i casi accertati da sclerosi laterale amiotrofica troviamo parecchi atleti e in percentuale maggiore chi ha svolto attività sportiva professionistica, in particolare calciatori; da Armando Segato, giocatore degli anni '50-'60 (primo caso in Italia), fino a Stefano Borgonovo, giocatore degli anni '80-'90.
Un morbo che in mezzo secolo ha colpito più di 30 atleti-giocatori che hanno militato nel campionato italiano.
Un allarme che suona così: chi gioca a pallone a livello professionistico può ammalarsi di SLA.

Gli atleti, spiegano i ricercatori, non solo vengono colpiti dal morbo di Gerigh con una percentuale superiore, ma si ammalano prima. In età giovane: circa a 40 anni invece che 60.
In Italia i casi di SLA segnalati negli ultimi anni sono 33, queste le possibile cause elencate dagli esperti nello studio: "Forse gli incidenti sul campo. O i farmaci assunti illecitamente o in maniera errata per migliorare le prestazioni. O anche tossine pericolose come i fertilizzanti o gli erbicidi sparsi sui campi da gioco. Senza tralasciare il ruolo dell'ereditarietà genetica".
Tra le ragioni addotte quindi anche l'uso improprio di farmaci in assenza di una patologia piuttosto che l'abuso di farmaci. Casi che rientrano nella cosiddetta "medicalizzazione dell'atleta", fenomeno di cui parlò il professor Luciano Caprino, esperto del Dipartimento di Fisiologia Umana e Farmacologia dell’Università La Sapienza.
"La lotta al doping è di interesse pubblico sanitario e riguarda anche l'uso di sostanze laddove il soggetto, sano, non ne abbia bisogno - ha affermato Caprino nel convegno organizzato dall'Istituto superiore di Sanità - Abbiamo analizzato tre campi: l'uso di sostanza illecite; l'acquisizione di sostanze "legali" farmacologicamente attive, ovvero quella pratica definita "medicalizzazione" dell'atleta; le morti correlate al doping".
Caprino ha ricordato come sui 1474 monitorati, il 65% ha affermato di usare farmaci non dopanti (di questi il 60% uno o due, il 40 almeno tre).
"Davanti a questi dati - ha precisato - bisogna chiedersi se gli integratori sono farmaci che modifichino o correggano la funzione fisiologica e, soprattutto, individuarne l'efficacia terapeutica. In ogni caso, e questo va detto a chiare lettere, assumere farmaci in assenza di patologia è molto pericoloso".
Rispetto alla SLA, l'esperto ha dichiarato in quell'occasione: "In relazione ai decessi legati all'uso di farmaci illegali, il tema presenta molte difficoltà per una sua comprensione: la scarsa conoscenza dei farmaci in questione; i dosaggi maggiori con cui vengono assunti; la posologia incongrua delle somministrazioni".

In conclusione anche se allo stato attuale non è ancora possibile definire la natura dei fattori che determinano tale rischio sono state avanzate comunque delle ipotesi quali:
  • la familiarità per la sclerosi laterale amiotrofica;
  • i traumatismi ripetuti del gioco del calcio; il contatto con sostanze utilizzate come diserbanti o concimi nei campi da gioco e l'utilizzo illecito di sostanze a scopo di doping oppure di farmaci a dosi superiori e per periodi prolungati.
Tra le ragioni addotte, quindi, anche l'abuso di farmaci piuttosto che il loro uso improprio in assenza di una patologia.
Alcuni autori ipotizzano che un abuso di integratori a base di aminoacidi ramificati e/o di farmaci antinfiammatori possa giocare un ruolo chiave nell'eziopatogenesi della sclerosi laterale amiotrofica tra gli atleti geneticamente predisposti.
Ma è notizia di venerdì 3 ottobre, appresa dalle pagine web del Corriere della Sera, che il Pm piemontese Raffaele Guariniello ha mandato i suoi investigatori (con gli esperti della Facoltà di agraria dell'Università di Torino) a far domande nelle sei società più presenti nella triste casistica della SLA: ispezioni sui campi d'allenamento e negli stadi, ricostruzione dei prodotti utilizzati vent'anni fa per curare il verde dei prati, domande agli storici giardinieri dei club e ai vecchi manutentori, liste di acquisti (ricorre la presenza della formaldeide, un potentissimo battericida, nei disinfettanti), e nella cantina di un club gli uomini del pm hanno trovato vecchi barattoli di antiparassitari subito mandati a esaminare.
Un'inchiesta che si è praticamente incentrata sul filone dei pesticidi presenti sui campi da gioco e da allenamento.
Come abbiamo potuto approfondire, nella natura dei fattori che determinano il rischio della SLA c'è anche l'ipotessi dei pesticidi, quindi, è corretto seguire, come sottolineato nell’articolo del Corsera, qualunque pista che possa portare delle risposte.
Quello che ci pare alquanto strano, o perlomeno anomalo, è la non ricerca, sulle eventuali cause da SLA, nelle farmacie delle società calcistiche che hanno riscontrato il numero maggiore di casi.
Come documentato in precedenza, tra le cause scatenanti possibili, potrebbe esserci l'utilizzo di sostanze dopanti che, se assunte con periodicità e a dosaggi maggiori non escluderebbero la forma degenerativa e progressiva del sistema nervoso.

Ora non si vuole fare del populismo in un campo non pertinente, ma ricordiamo che nel 1998 si scoperchiò un pentolone cercando di trovare un capro espiatorio nelle vittorie juventine, dando credito ad un'intervista rilasciata al Messaggero da Zdenek Zeman, secondo il quale il calcio doveva uscire dalle farmacie, facendo spalancare la bocca all’opinione pubblica e creando indignazione nei salotti bene.  Oggi non vediamo perché, da parte del Pm Guariniello, vista l'enorme differenza nella gravità dei casi (il nulla nelle farmacie della Juventus – i molteplici casi di SLA, tra l’altro mai riscontrati in giocatori che hanno militato nella squadra bianconera), non si adotta quantomeno lo stesso sistema: controlli ematici su eventuale utilizzo di sostanze dopanti, cercando per quanto possibile di effettuare i controlli necessari per approfondire e soprattutto stringere un rapporto di collaborazione con scienziati e professori, per giungere in tempi brevi alla possibile natura della malattia.
Era il 14 dicembre 2005 quando il professor D'Onofrio rilasciò all’Ansa questa parole: "Quello che è certo è che da oggi in poi nessuno più indagherà su cosa accade nelle infermerie delle squadre di calcio", invece, sarebbe proprio il caso di farlo, perché la salute di ogni essere umano vale molto di più di una causa persa.