L'ambizioso progetto di Giraudo

La Juventus pre-Calciopoli navigava in felici acque e con prospettive di ulteriore sviluppo che prefiguravano un futuro ricco di successi. La gestione della Triade, condotta senza mai chiedere alla proprietà alcun versamento di denaro, era riuscita a condurre la squadra di trionfo in trionfo ma non era ancora soddisfatta del quadro economico. Il progetto era chiaro: fare della Juventus la prima squadra del mondo, sia come fatturato che come successi sportivi. E questo sarebbe passato dal rinnovamento dello stadio, che avrebbe garantito nuove risorse e fonti di guadagno, e dal rafforzamento di una rosa già molto competitiva.Ecco le parole di Antonio Giraudo in un’intervista rilasciata a Repubblica il 1 aprile 2006. Non era uno scherzo, era tutto vero…Dottor Giraudo, lei resterà davvero alla Juventus?«È il mio sogno. Vogliamo farla diventare il più importante club del mondo, secondo un preciso modello industriale e sportivo che non ha eguali nel calcio. Solo in Formula uno esiste qualcosa di simile, alla Ferrari».Il suo contratto scadrà il 30 ottobre: a parole, la famiglia Agnelli l'ha già confermata. Però i matrimoni si fanno in due.«Vorrei chiarire una cosa importante. In questi mesi si è scritto, letto e detto di tutto, per esempio che vorrei fare dei mestieri diversi. È chiaro che quando esistono scadenze contrattuali, dall'esterno c'è sempre chi può offrire grandi opportunità, è una legge di mercato. Ma il mio sogno è restare ancora molti anni alla Juventus, sulla base dei ragionamenti iniziati dodici anni fa con l'avvocato Agnelli e col dottor Umberto»Cosa prevedevano quei ragionamenti?«Che la Juventus diventasse la prima società-azienda del mondo. Cominciammo a parlarne durante le vacanze di Natale del 1993. Dall'Avvocato e dal dottor Umberto traspariva sempre una grande passione per il calcio e per la Juventus, di cui erano tifosissimi»Ritiene che i vari passaggi siano stati compiuti?«Due su tre. Ora manca l'ultimo, il più importante, su cui vorrei continuare a lavorare»Parliamo dei primi due«All'inizio cominciammo con l'intervento su costi e conti, di pari passo con l'obiettivo sportivo. Poi ci siamo mossi per consolidare la societàJuventus, attraverso operazioni che ci hanno portato alla quotazione in Borsa e allo stadio di proprietà oltre alla realizzazione di un centro sportivo d’avanguardia che inaugureremo presto. I lavori per lo stadio-gioiello cominceranno alla fine del campionato. Queste sono iniziative che resteranno, in grado di produrre anche ricavi diversi da quelli tipici delle squadre di calcio»Arriviamo alla terza fase: quella, pare di capire, dalla quale dipende anche la sua permanenza alla Juventus«Bisogna prepararla velocemente. Io lo chiamo il “modello Ferrari”, perché è quello cui ci ispiriamo. Ovvero una grande industria che produce utili per una parte sportiva di assoluta eccellenza. La stessa cosa dovrebbe accadere alla Juventus. Era, lo ripeto, il pensiero di Giovanni e Umberto Agnelli»La Juventus, oggi, rispetto a quel modello cos’è?«Esiste solo la seconda parte, quella sportiva. Manca la prima, industriale. Cioè la componente che porterebbe ricavi aggiuntivi attraverso investimenti mirati» Se abbiamo capito bene, una Juventus che agisce e produce anche fuori dal calcio?«Una Juventus che possa operare in settori come l'intrattenimento, oppure l'alberghiero mediante l'acquisto di una catena di hotel. O magari nel campo immobiliare, o in quello dei media attraverso un gruppo editoriale. Qualcosa di simile al gruppo "L'Espresso", visto che ne sto parlando con "la Repubblica". Perché no?»Cosa chiede l'amministratore delegato agli azionisti?«Chiedo di investire risorse importanti per creare una società più forte, strutturalmente solida a livello patrimoniale ed economico»Dopo l'ultimo Consiglio d'amministrazione, il dottor Gabetti che è presidente dell'Ifil, cioè la finanziaria della famiglia Agnelli che controlla la Juventus, ha annunciato che il piano industriale sarà ambizioso ma non faraonico. Non le pare già una risposta parzialmente negativa alle sue richieste?«Penso che la portata del piano e degli investimenti sia conseguente al risultato che si vuole ottenere. Non chiediamo soldi per coprire perdite o per acquistare qualche altro giocatore, ma per creare un modello formidabile che nel calcio non esiste, e che ci permetterebbe di colmare il gap attuale tra una società come la nostra e altre grandi realtà europee, come ad esempio il Chelsea e il Real Madrid»Quali le ricadute dal punto di vista sportivo?«Vogliamo creare risorse permanenti che permettano alla Juventus non solo di finanziarsi al suo interno nel tempo, grazie al formidabile marchio commerciale che rappresenta, ma di avere una squadra sempre più forte e di livello mondiale»Ritiene che questo sarebbe sufficiente per essere i più competitivi al mondo, e com'è ovvio in Italia?«No, penso che non basterebbe. Perché quando si è risolto il problema patrimoniale ed economico, occorre acquisire più peso politico a livello di media. Per la Juventus, oggi non è così. Alcuni tra i nostri avversari dispongono di emittenti televisive e gruppi editoriali, e questo conta molto»Crede che i proprietari di questi gruppi editoriali diano indicazioni precise ai loro dipendenti per favorire le loro squadre?«Non penso che si arrivi a tanto. Ma non escludo che alcuni servi sciocchi si spingano oltre, più realisti del re. Può succedere, anzi succede»Dottor Giraudo, e se fossero altri dirigenti a concludere il suo progetto, o comunque a godere i frutti del lavoro già svolto?«L'interesse della Juventus e dei suoi tifosi viene prima di tutto. Certo, il nostro sogno non può che essere quello di vedere realizzate le cose che abbiamo progettato, e gestirle in prima persona. Mi spiacerebbe molto non proseguire la terza fase del programma»Crede che i giovani della famiglia Agnelli abbiano la stessa passione dell'Avvocato e del dottor Umberto? Convinceranno la famiglia a investire nuove risorse nella Juventus?«Me lo auguro, anzi ne sono sicuro. Spero che ci sia in loro lo stesso amore. La presenza fisica dell'ingegner John Elkann e di Andrea Agnelli all'ultimo Consiglio di amministrazione è stata significativa, così come quella del dottor Gabetti. Allo stesso modo è da interpretare la cooptazione in Consiglio del dottor Sant'Albano, nuovo amministratore delegato Ifil: un segnale importante»Ma il tifo dei giovani Agnelli?«Tifo e passione saranno da verificare nel tempo, però sono la premessa per tutto il resto»Quando e come preparerete questo famoso progetto industriale?«Dovremo vederci a scadenza almeno settimanale. Sottolineo che si tratta di un piano da far nascere insieme, Ifil e management bianconero, condiviso dalla famiglia Agnelli, per identificare le tipologie di investimenti da condividere»La proprietà della Juventus non mette in dubbio che lei, Moggi e Bettega possiate restare al comando. Ottimismo eccessivo?«La fiducia fa molto piacere. Voglio esprimere gratitudine per le tante opportunità che mi sono state offerte in questi anni, il resto lo vedremo»Davvero Silvio Berlusconi le ha offerto un incarico importante?«Con il dottor Berlusconi ho da sempre ottimi rapporti, e lui non ha mai mancato di mostrare apprezzamenti verso il nostro lavoro. Fu estremamente sportivo quando ci prestò Abbiati. Anche se lui ha sempre pensato che avrei continuato a lavorare per la Juventus, ha voluto incontrarmi e dirmi, in sostanza: “La stimo, sono sicuro che resterà a Torino ma qualora cambiassero le condizioni, sappia che noi possiamo far nascere insieme delle opportunità”»E lei cos'ha risposto?«Beh, in questi casi si ringrazia e si vede quel che succede»Esiste la concreta possibilità che lei si occupi dei nuovi stadi per l'Europeo 2012?«Il mio sogno è continuare a lavorare a tempo pieno per la Juventus»Lo stadio rifatto porterà finalmente i torinesi alla partita?«Senz'altro sì. Non mi sento di incolpare i tifosi per le gradinate semivuote: oltre metà del pubblico arriva da fuori, per lo più dalla Lombardia, e la Torino-Milano è impraticabile; le nuove norme per la sicurezza hanno creato restrizioni che possono scoraggiare; molte gare della Juve si disputano in notturna, ed è un sacrificio se la mattina dopo si va a lavorare. Inoltre, le statistiche dimostrano che gli italiani spendono il 5,5% in meno per spettacoli e divertimenti. Noi abbiamo cercato di premiare gli abbonati: mi spiace che si sia tanto parlato delle curve a 50 euro contro Inter e Milan, e pochissimo degli abbonamenti a un euro per le donne e i bambini»C'è il rischio che la Juve perda Capello?«Non esiste. Il progetto è che rimanga con noi fino al 2009»Campionato quasi vinto, Coppa quasi persa«Al tempo. A Londra abbiamo creato i presupposti per una grande impresa a Torino. Voglio elogiare questo gruppo, probabilmente il migliore dei nostri dodici anni: grandi campioni e ragazzi di carattere. Hanno fatto non bene ma benissimo, sono in testa da settanta partite, questo spiega chi è il più forte»La Coppa, invece, continua a essere una sofferenza: perché?«Si tratta di un torneo dove i rischi sono maggiori. L'anno scorso ha vinto il Liverpool, quest'anno va forte l'Arsenal che in campionato ha 28 punti in meno del Chelsea già eliminato»A quanto ammontano i mancati ricavi per chi esce nei quarti?«Se vinci la Coppa, incassi circa 15 milioni di euro che diventano 10 per il secondo posto. La semifinale vale circa 5 milioni di euro»Nel prossimo mercato venderete qualche pezzo pregiato?«Non esistono esigenze di bilancio in tal senso. Ogni scelta servirà solo a rafforzare la Juventus. La proprietà ci ha dato indicazione di muoverci come se il progetto industriale esistesse già, ed è pronto un primo intervento finanziario. Le mosse iniziali sono state gli ingaggi di Marchionni e Cristiano Zanetti»Dunque lavorate come se foste sicuri di rimanere«Per altri dodici anni, come ha detto il dottor Gabetti. La Triade e Capello per la Juve più forte del mondo. Speriamo»Cosa chiedete al nuovo governo?«La priorità sono gli stadi, oggi totalmente inadeguati. Servono mutui agevolati per le ristrutturazioni, non necessariamente private, com'è accaduto in Inghilterra, in Portogallo per gli Europei 2004 e in Germania per i mondiali 2006. L'Europeo 2012. È l'occasione giusta per creare tanti posti di lavoro, una grande opera di economia diretta e indiretta»Uno juventino di ieri, Michel Platini, se l'è presa con il G 14 di cui fate parte sulla questione degli indennizzi per i nazionali. Ha qualcosa da rispondere?«Intanto, oggi la convocazione in nazionale conviene solo al giocatore e non al club. In caso di infortuni, le assicurazioni non coprono il pagamento degli stipendi, tuttavia non bisogna fare muro contro muro, non bisogna essere troppo rigidi. Da parte dei club serve forse più intelligenza, ma all'amico Michel suggerisco di essere meno demagogico e meno populista» Ecco i propositi dell'amministratore delegato. E al lettore più attento non saranno sfuggiti certi indizi: il progetto era vero, reale e ambizioso ma comportava la necessità di un maggiore controllo societario, raggiungibile solamente attraverso un aumento della partecipazione azionaria. Giraudo, Moggi, Andrea Agnelli e, molto probabilmente, la Lafico: ecco il quadro della Juventus che sarebbe stata se questo non avesse dato fastidio a qualcuno molto, molto in alto.