Per i piagnoni il riavvicinamento è di rigore

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Pochi giorni prima della settima di ritorno, il 4 marzo 1998 a Torino è prevista l’andata dei quarti di finale di Champions League, dove la temutissima Dinamo Kiev del nascente astro Andriy Shevchenko riesce a strappare un insidioso 1-1 alla Juve (che interrompe così una serie di 10 vittorie europee interne consecutive). In realtà quella sera Sheva manco si vede, perché gli ucraini del colonnello Lobanovsky ricorrono a un catenaccio d’altri tempi e la partita è giocata solo dai bianconeri, che sbagliano diverse occasioni, reclamano 2 rigori, ma, sul rovesciamento di fronte seguito a una traversa di Del Piero, vanno in svantaggio nell’unica occasione degli ospiti (che poi reclamano un rigore pure loro), riacciuffando in extremis il pareggio con Inzaghi (che poi sfiora il raddoppio).
La partita di Champions frena la marcia in campionato, che prevede, per la settima giornata in programma l'8 marzo, la difficile trasferta di Udine, che si rivelerà una gara molto tattica e avara di occasioni da rete. Nel primo tempo, per la Juve una sola di Del Piero su punizione, mentre l’Udinese ne crea due, fallite da Bierhoff. Nel secondo un gol per parte e il forcing finale della Juve dopo lo svantaggio giunto alla mezz'ora grazie a un cross di Bachini sfiorato con fortuna da Bierhoff; il pareggio di Del Piero arriva all'89', su assist di Fonseca, al termine di un forcing che aveva già portato Conte a fallire un occasionissima solo davanti a Turci.
Un punto importante, considerata la contemporanea sconfitta dell’Inter a Parma, dove al 22’ della ripresa Ronaldo, sullo 0-0, spreca un autentico regalo dell’arbitro Rodomonti, che concede ai nerazzurri un tiro dal dischetto per un chiaro anticipo sulla palla di Zé Maria su Ronaldo; dagli 11 metri il Fenomeno è tutt’altro che fenomenale (ricordatevene quando parleremo di Juve-Inter 1-0) e Buffon respinge. La partita, comunque, è molto piacevole e combattuta, con occasioni da entrambe le parti. Dopo l’errore degli ospiti, il Parma prende in mano la partita, e dopo un salvataggio sulla linea di Zanetti su conclusione di Thuram, arriva al 33’ il gol di Crespo su azione di calcio d’angolo. Significativo che ciò avvenga poco dopo il vantaggio di Bierhoff a Udine, quasi a sancire la resa nerazzurra che finisce a -5 e viene scavalcata al secondo posto dalla Lazio.

Ma la settimana dopo, ottava di campionato, la Juve ha un'inattesa battuta d’arresto interna col pericolante Napoli. Un interista si attaccherebbe alle attenuanti, come l’imminente e complicato ritorno di Champions a Kiev che distrae i fantasmatici Zidane (sostituito per la disperazione da Pecchia nell’intervallo), Inzaghi e mezzo centrocampo, o la difesa raffazzonata oltremisura (oltre Ferrara, mancano Iuliano e Torricelli). La realtà è che, nonostante tutto, la vittoria, seppur di misura, al 90’ la Juve ce l’aveva in pugno, solo che, per un'imperdonabile calo di tensione, si è fatta raggiungere in pieno recupero e con gli avversari in 10. L’unico bianconero in giornata è Del Piero, che allo scadere di un primo tempo a basso ritmo segna il gol del vantaggio con una splendida azione personale. Inzaghi manca più volte il colpo del KO, finché al 24’ della ripresa arriva il pareggio di Turrini. Allora entra Zalayeta che dopo 4’ riporta la Juve in vantaggio, deviando di testa un cross di Di Livio. Un minuto dopo il libero azzurro Goretti viene cacciato per doppia ammonizione e la storia sembra finita, ma nel recupero arriva la beffa di Protti, bravo ad aggiustarsi il pallone di destro e a superare Peruzzi con uno splendido sinistro a effetto.
Nello stesso momento, San Siro si festeggia il novantesimo compleanno dell’Inter con una netta vittoria sull’Atalanta, un 4-0 che però non racconta compiutamente la partita, che per un’ora, secondo la gazzetta, è stata: “1) assonnata a volerne parlar bene; 2) insulsa a essere obiettivi; 3) tragica se Simoni vi sta sull'anima. Statica e lenta, l'Inter annaspa finché Rustico, con un intervento alla Bruce Lee su Ronaldo, le regala la superiorità numerica.” Dopo l'espulsione di Rustico, Simoni mette Kanu per Colonnese, mentre dall’altra parte Mondonico fa arretrare il baricentro degli ospiti al limite dell’area, ciò nonostante al 19’ è l’Atalanta a sfiorare il vantaggio con un vertiginoso contropiede di Cappioli che, solo davanti a Pagliuca, gli passa ignobilmente il pallone. Sarà Moriero a sbloccare il risultato poco dopo, e a quel punto la gara diventa un tiro al bersaglio a cui partecipano Kanu, Ronaldo e Cauet. Dopo il terzo gol, segnato dal Fenomeno, anche Dundjerski si fa espellere per proteste verso l’arbitro De Santis, quello della presunta cupola Moggiana e anti-Inter, che però chissà perché per quella partita venne descritto dalla Gazzetta come “veramente casalingo”. Grazie al pareggio interno della Juve, Lazio e Inter si portano rispettivamente a 2 e 3 lunghezze dalla capolista.

Nel difficile ritorno dei quarti di Champions in programma a Kiev il 18 marzo dopo il beffardo 1-1 di Torino, la Juve domina ancora nel gioco e stavolta anche nel risultato, passando in vantaggio al 28' con un gol straordinario, frutto di un'azione Del Piero-Zidane che smarca Inzaghi solo davanti alla porta. Raggiunta da un gol di Rebrov, la Juve si scatena: segna altre due volte con Inzaghi e poi del Piero firma il 4-1 che spalanca le porte della semifinale col Monaco.
Il 22 marzo, in campionato, per la nona di ritorno è attesa da una trasferta insidiosa a Parma, dove le fatiche di coppa si fanno sentire. Il primo tempo è disastroso, la Juve va sotto di due gol, ma riuscirà a raddrizzare il risultato nella ripresa. Così l'inviato della Gazzetta dello Sport: “Ci vogliono doti speciali per tirarsi fuori dal baratro nel quale era precipitata e la Juve le ha esibite ancora una volta. Sono doti di carattere e di esperienza che il complesso ha acquisito da tempo e che fanno la vera differenza con le rivali”. Il doppio vantaggio parmense arriva su azioni di calcio da fermo, con Stanic (punizione al 36’) e Crippa (40’, su azione di calcio d’angolo); il doppio pareggio della Juve, pur nel giro di pochi minuti, attorno al quarto d’ora della ripresa, con Tacchinardi (al 10’, correggendo in gol una respinta di Buffon a Inzaghi, che già aveva fallito solo davanti al portiere poco prima) e Inzaghi (al 15’, con un imprendibile diagonale, dopo essere stato liberato da Tacchinardi). Raggiunto il pareggio, la Juve bada più che altro a controllare, mentre il Parma non si rende più pericoloso.
Intanto, vincendo il derby, l’Inter approfitta della flessione bianconera e si riporta a -1 dalla vetta, scavalcando la Lazio bloccata in casa dal Piacenza. Il Milan quest’anno è poca cosa, e lo dimostra anche in questa partita, nella quale, partito all’attacco alla ricerca dei 3 punti, riesce solo a palesare la propria impotenza. Dunque, un avversario congeniale per l’Inter catenacciara di Simoni, che dopo aver controllato facilmente il primo tempo, colpisce in chiusura di frazione con Simeone su azione di calcio d’angolo. Nella ripresa, la reazione dei rossoneri è molle e nel finale arrivano i sigilli di Ronaldo e ancora Simeone. 3-0 e il campionato è riaperto.

Che il Milan quest’anno sia poca cosa, lo dimostra la settimana dopo la Juve, rifilandogli un eloquente 4-1 a Torino. Nel primo tempo i bianconeri creano ripetute occasioni da gol, ma dopo il vantaggio di Del Piero su ineccepibile rigore al 12’, la Juve sbaglia più volte il raddoppio e viene punita al 33’ da un generoso penalty concesso a Weah e trasformato da Boban. Le distanze vengono ristabilite 6 minuti dopo sempre da Del Piero, stavolta con una delle sue magistrali punizioni dal limite. Poco prima dell’intervallo, il Milan resta in 10 per l’espulsione di Boban, autore di un fallaccio da dietro sul solito straripante Davids, che si prende così la sua rivincita nei confronti di Capello (espulso nel secondo tempo per proteste), che qualche mese prima, quando l'olandese ancora militava nel Milan, l’aveva definito “mela marcia”. Nella ripresa la Juve controlla agevolmente la partita, colpendo ancora due volte con Inzaghi: al 15’ quando batte Rossi dopo essere stato lanciato oltre la difesa rossonera da Deschamps e al 38’, sempre dopo un lancio che lo libera davanti al portiere avversario. Da segnalare, una frettolosa ammonizione comminata a Deschamps nel finale, che lo costringerà a saltare la delicatissima trasferta di Roma con la Lazio, terza in classifica staccata di soli 2 punti.
A un solo punto di distacco, invece, riesce a restare l’Inter, e ci riesce grazie a un generoso rigore, concesso al 94’ dall’arbitro Messina, che le consente di battere un Vicenza che fino a quel momento stava portandosi a casa un meritato pareggio, pur ridotto in 10. Ebbene sì, l’Inter vince grazie a un rigore al 94’, senza il quale sarebbe stata staccata di nuovo, ma questo eloquente episodio cadrà presto nel dimenticatoio. Il Vicenza, atteso a San Siro come vittima sacrificale, si difende senza affanni per oltre un’ora, contro un’Inter al solito senza gioco, tenuta insieme dagli attributi di Simeone e dal senso della posizione di Winter, e che più volte rischia addirittura di andare sotto per i contropiedi di Ambrosetti e Luiso. Quando al 22’ della ripresa, grazie a un colpo di testa di Simeone su cross di Moriero, l’Inter sblocca il risultato, e soprattutto, 7’ minuti dopo, il Vicenza resta in dieci per l’espulsione di Dicara, la gara ormai sembra segnata; ma a meno di 10 minuti dalla fine una magia di Zauli (37’) rimette le cose a posto. Se non che, come detto, ormai allo scadere di un interminabile recupero, è l’arbitro Messina a mettere il sigillo sui 3 punti nerazzurri, punendo con la massima punizione una comica pedata nel sedere di un Ronaldo che, lontanissimo dalla porta, stramazza al suolo come colpito da una fucilata.
Nel dopopartita, il Vicenza è in silenzio stampa, tranne il DS Gasparin: "L'arbitraggio del signor Messina di Bergamo, e sottolineo di Bergamo (sembra evidente il riferimento indiretto all'Atalanta, concorrente del Vicenza nella lotta - salvezza, ndr), nel secondo tempo ci ha lasciato molti dubbi, con particolare riferimento a due episodi, da cui è dipesa la nostra sconfitta. Uno: l'espulsione di Dicara. Avrei voluto vedere se la decisione sarebbe stata la stessa nel caso in cui lo stesso fallo fosse stato commesso da un giocatore con la maglia a strisce nerazzurre e non biancorosse. Due: il rigore su Ronaldo, concesso al 94' per un impercettibile contatto, un soffio di vento (e qui Gasparin esagera, ndr), con il brasiliano spalle alla porta".