Champions: Manca l'Italia, ma le inglesi non dominano

Champions leagueIl turno d’andata dei quarti di finale di Champions League rimescola le carte. Si era tanto parlato della superiorità delle inglesi sul resto del calcio europeo, all’indomani del 3-0 sulle italiane, eliminate in toto per il secondo anno consecutivo dalle squadre d’Oltremanica che parevano le logiche favorite per la vittoria finale. Diciamo che le due inglesi (le altre due si scontravano tra loro) hanno possibilità di andare avanti, ma, da quel che si è visto, se passeranno il turno, lo faranno in modo molto meno netto rispetto alle previsioni.
Ieri sera il Manchester United, opposto al Porto, ha faticato e ha messo in evidenza le difficoltà che in questo periodo ha già mostrato in altre occasioni. Privo dell’infortunato Berbatov, l’uomo che Sir Alex non toglierebbe nemmeno sotto tortura, limitato Ronaldo e tutto sommato anche Rooney (comunque decisivo nelle due marcature, benché quella che porta la sua firma sia un gentile omaggio portoghese), lo United è stato messo alla berlina da una squadra organizzata e frizzante, sebbene di fenomeni tra le sue fila non ne annoveri manco uno. Il suo allenatore, Gesualdo Ferreira, non è bello e piacente come Mourinho, ma il suo Porto gioca un calcio molto migliore rispetto a quello praticato dalla squadra allenata 5 anni fa dallo Specialone, che aveva più giocatori di talento. Quella squadra arrivò fino alla vittoriosa finale di Gelsenkirchen, passando da Old Trafford, da dove uscì con la qualificazione in tasca, giovandosi però di un clamoroso errore arbitrale. Il 2-2 è un risultato di indubbio vantaggio per i portoghesi, soprattutto per la chiara confidenza mostrata dai “dragoes” in casa dei campioni di tutto, anche se una squadra come quella di Sir Alex può vincere in Portogallo. A proposito di squadre e di campioni: gli “scienziati” che pullulano nel nostro calcio, autoctoni e non, invece di parlare a vanvera o “richiedere riunioni da 100 milioni”, farebbero meglio a studiare ed applicarsi, invece di sparare stupidaggini. Perché se il giovane Fernando, un classico “volante” brasiliano di 21 anni sarebbe da comprare subito, e con lui Lucho Gonzales, cosa dire di Lisandro Lopez, Hulk (clone di Adriano in tutto e per tutto, capelli e vizi privati esclusi), Bruno Alves (sponsorizzato centrale difensivo che in Italia faticherebbe a trovare spazio in serie B) e il portiere Helton (un John con una “h” di troppo)? Solo una cosa si può dire, e cioè che formano un bel gruppo di modesti pedatori. Il vero e proprio paradosso sta tutto nel gol del 2-2 segnato a fil di sirena dagli uomini di Ferreira: lo segna Mariano Gonzales, ex Palermo ed ex Inter, arrivato ad Oporto per sostituire il fenomenale “Trivela” Quaresma, finito dove ben sappiamo. E’ ora di dire basta alle “figurine” e ai presunti fenomeni che le gestiscono (e magari ci litigano): non servono, servono giocatori intelligenti che conoscano i fondamentali, e un allenatore con buon senso, idee e coraggio. Si è visto anche a Villarreal, dove il non più giovanissimo Senna porta avanti la più debole del lotto, destinata probabilmente a soccombere nel ritorno, ma ad un Arsenal sofferente per un tempo è sufficiente la magia di Adebayor, uno che Wenger ha allevato strappandolo presto (ma non prestissimo) dal Monaco e che prima di sbocciare si è fatto tanta panchina dalla quale osservava Henry. Henry è il collegamento con la partita del “Camp Nou”, la partita dove la squadra delle meraviglie, imperfetta per definizione ma per questo ancora più terrificante, schianta un Bayern Monaco che, dopo essere stata la prima qualificata dello scorso turno (12-1 l’ “aggregate” dei 180 minuti contro lo Sporting Lisbona), è la prima a salutare la competizione in questa eliminatoria. Un gustoso episodio: lunedì, durante la trasmissione “Mondo Gol-speciale Champions League”, condotta da Stefano De Grandis e dall’immarcescibile Fabio Caressa, il nostro amico microfonato con la erre moscia aveva predetto la sorpresa a Barcellona, confidando nella solidità degli uomini di Klinsmann (sarà mica un allenatore, costui?) che difficilmente avrebbero preso gol in Catalunya. Parlare così di una squadra che aveva appena preso 5 gol a Wolfsburg era esercizio quantomeno azzardato. Infatti; pronti, via! 1, 2, 3, 4! In meno di un tempo, Messi e compagni schiantano i bavaresi sotto 4 gol creando almeno altrettante nitide occasioni non finalizzate per un pelo. Poi, per pietà, per calcolo o più probabilmente per narcisismo, i catalani si fermano. Complimenti Caressa! Il Barcellona di Guardiola è uno spettacolo; i tre davanti sono una gioia per gli occhi, e la cosa impressionante è il loro impegno nel rientrare a dar manforte ai compagni dei reparti arretrati, senza perdere lucidità sotto porta. Il Bayern non ci capisce mai nulla, Xavi e Iniesta coprono, corrono e impostano, Dani Alves è imprendibile. Ma due parole, anche stasera, vanno dette su Messi: datemi dell’eretico, i napoletani mi potrebbero linciare per sacrilegio, ma questo ragazzo (classe 1987) è più forte e decisivo di quanto fosse l’immenso Diego alla sua età. L’ho detta, attendo serenamente insulti… In futuro vedremo cosa combinerà Leo, se riuscirà a vincere un Mondiale da solo e se riuscirà a far vincere realtà meno importanti del club nel quale si trova ora, se mai avrà occasione di frequentarne una. La sorpresa più grande, almeno per quanto mi riguarda, arriva da Liverpool. E stavolta Benitez stecca. Di fronte c’era quel satanasso di Hiddink, che lascia sfogare i “Reds” che all’inizio dominano, segnano subito con “El Nino” Torres e potrebbero raddoppiare. Ma forse si illudono troppo presto di poter disporre a piacimento del Chelsea, che pian piano esce e si fa pericoloso con Drogba, che sembra non essere per nulla in serata e fallisce un paio di gol tipo quelli che alla Juve aveva puntualmente segnato. Il destino, comunque, fa giri strani, e l’uomo della serata è destinato a diventare quello che fino a stasera era una specie di oggetto misterioso, Branislav Ivanovic. Il difensore slavo, pagato carissimo dal club di Abrahmovic a gennaio 2008 e utilizzato col contagocce, frustrato dalla scarsa considerazione che sin qui sia Scolari che Hiddink avevano avuto di lui (a gennaio, nella sessione di mercato invernale, il suo nome è stato accostato alle squadre di mezza Europa, italiane comprese), stasera è in campo al posto dell’indisponibile Bosingwa, uno dei migliori per rendimento nella stagione dei “Blues”. E, complice una distratta difesa del Liverpool (un evento più unico che raro) l’ex Lokomotiv Mosca piazza due palloni alle spalle di Reyna con due zuccate in perfetta solitudine, e decide la partita. Due gol non da Liverpool, che hanno l’effetto di squagliare i “Reds”, e, anche se Anfield prova a farsi sentire, Drogba, al quarto tentativo utile, chiude il discorso impattando un assist di Kalou sul quale c’era scritto “basta spingere”. La Kop ammutolisce, salvo ringraziare come al solito i suoi ragazzi a fine partita, come sempre (indipendentemente dal risultato) all’ultimo minuto quando scatta l’immancabile “You’ll never walk alone”. Decisivo Essien, il vero super di questo Chelsea, che annulla Gerrard (Zidane qualche giorno fa lo ha definito” il miglior giocatore del mondo”: il gatto nero ha colpito ancora?) e si prende la squadra sulle spalle. Il Liverpool, nel quale ha pesato l’assenza di Mascherano, era la mia grande favorita; probabilmente il doversi concentrare per la prima volta negli ultimi quindici anni sul doppio obiettivo Premier-Champions League, ha prosciugato preziose energie agli uomini di Benitez. A fine partita, dallo studio di Sky, Ranieri, ospite del salotto della tv di Murdoch, analizza la serata dando grande lustro alla prova dei “Blues”, non mancando di rimarcare quanto la sua Juventus avesse fatto grandi cose al cospetto di una formazione così forte. Bravo Ranieri, ti sei preso la tua rivincita: peccato che la squadra che hai affrontato tu era stata affidata ad Hiddink da soli quindici giorni, senza preparazione, e totalmente diversa rispetto a quella che stasera ha sbancato Anfield. Un augurio e un consiglio a Jean Claude Blanc, che oggi compie 46 anni: monsieur Blanc, si faccia un regalo, lasci Ranieri in quello studio dove sembrava così a suo agio e prenda un allenatore serio…