Champions: senza stivali, Chelsea in semifinale col Barça

championsMentre in Italia ci si avvia malinconicamente ad un fine stagione già scritto (almeno per quel che riguarda l’obiettivo più importante), in Europa si stringe il cerchio delle squadre che si contenderanno il titolo di campione continentale. Nella prima giornata i pronostici scaturiti dall’esito delle gare d’andata sono stati rispettati, ma le strade che hanno portato i logici favoriti al passaggio del turno sono state completamente diverse: un’autostrada a quattro corsie senza traffico né ostacoli sul percorso per il Barcellona; un “carrefour” lastricato di pavé in una giornata di tempesta (stile Parigi-Roubaix, appunto) per il Chelsea. I catalani hanno pareggiato 1-1 a Monaco, schierando quasi tutti i titolari ma ragionando e risparmiando energie, sollecitando a sprazzi la difesa bavarese. Insomma, il compitino, una gestione della partita e un’intimidazione dell’avversario che le grandi squadre sanno adottare quando i rivali sono troppo inferiori. Per la serie: non ci provate, altrimenti ci arrabbiamo. Come avvenuto subito dopo il gol del vantaggio bavarese, dal momento in cui i catalani hanno cominciato a premere sull’acceleratore trovando il pareggio con l’ennesima azione-meraviglia conclusa da Keita, uno che a Siviglia era un big, e che a Barcellona, nonostante il costo del cartellino, prevalentemente scalda la panchina. Per il Bayern di Klinsmann (almeno fino a fine stagione…) l’unico squillo in due partite è arrivato da Ribery, aspirante blaugrana, che si è sbattuto per risultare degno di quella maglia, da lui gradita come da indiscrezione rilasciata dal compagno Van Bommel. Ribery è uno che alla Juventus servirebbe come il pane, e forse Deschamps due primavere orsono ci aveva fatto un pensierino, prima di scontrarsi con le scelte di basso profilo operate dalla società. Franck finirà probabilmente per giocare al Camp Nou, con buona pace delle zolle dell’Olimpico ex-Comunale. Quando si dice “l’appeal del progetto simpatia”. A Londra, tutt’altra storia. Il Chelsea di Hiddink, reduce dal trionfo di Anfield, partiva nettamente favorito, ma il Liverpool lascia la sensazione di aver buttato la qualificazione in casa propria. Perché ieri sera i “reds”, pur privi di Gerrard, ritrovavano Mascherano (assente all’andata) e subito si intuiva come la musica sarebbe cambiata. L’argentino impediva ad Essien di dominare centrocampo e partita come accaduto sette giorni prima, trascinando la propria squadra ad un passo dall’impresa. Accanto a lui, Xabi Alonso (quello lento rispetto a Poulsen…) distribuiva saggezza e qualità con una facilità impressionante: a chi l’ha visto verticalizzare, preciso, pulito, il confronto con il danese con gli stivali non può non risultare impietoso. La squadra di Benitez si portava sul 2-0, ma soprattutto pareva padrona del campo. Il Chelsea risentiva del forfait per squalifica del capitano Terry: il riesumato Carvalho e Ivanovic (tornato l’oggetto misterioso che era fino a otto giorni fa) sono stati in balìa del gioco dei rossi, e per fortuna degli uomini di Hiddink che Torres non fosse in serata, altrimenti il primo tempo avrebbe potuto concludersi con un passivo ancora peggiore. Poi, nella ripresa inizialmente cambiava tutto. Reina, solitamente impeccabile (ma non in questi 180 minuti), restituiva il regalo di Cech sul primo gol del Liverpool e subiva un gol da principiante su un cross dal fondo leggermente deviato da Drogba. Un erroraccio. Anche sul raddoppio “blues”, il portiere spagnolo non pareva irreprensibile sulla punizione di Alex. L’inerzia della gara girava dalla parte dei “blues”, trascinati dall’ivoriano che Scolari lasciava in tribuna, il quale sfiorava il vantaggio per poi offrire a Lampard il pallone più comodo per il 3-2. Finita? Nemmeno per sogno. Il Liverpool dimostrava una volta di più di essere la squadra numero 1 in questo genere di competizioni, e ricavava risorse insospettabili: pareggio di Lucas e nuovo vantaggio con Kuyt. Forse qui perdeva Benitez, colpevole di aver tolto Torres (non in serata, ma comunque è sempre meglio averlo) sul 3-3 e un minuto prima del 3-4, quando alla fine mancavano ancora una decina di minuti. Pazienza, perché comunque Lampard, bravo e fortunato a trovare una carambola palo-palo-rete prima del tempo di recupero, metteva il Chelsea al riparo da spiacevoli sorprese. Discorso qualificazione chiuso, anche se il francesino Ngog costringeva Essien ad un miracoloso salvataggio sulla linea a tempo scaduto. Bellissimo. Ora Barcellona-Chelsea, un altro classico che in passato ha spesso dato vita a confronti roventi e polemici, soprattutto quando l’allenatore dei londinesi era Mourinho.