Cercasi cinismo disperatamente

del pieroRoma, Fiorentina, Chievo, Brescia, Sampdoria. E’ l’elenco (parziale) delle occasioni perdute da questa Juve incapace di concretizzare i piccoli segnali benevoli che la sorte le concede, in realtà con molta parsimonia. E’ ormai chiaro il leit motiv di questa stagione juventina: la sorte negli episodi decisivi volta le spalle alla squadra, che da parte sua nelle poche occasioni in cui il destino le sorride pare ignorare volontariamente ogni lusinga. Impegno tanto, concretezza poca, chiarezza di idee ancora meno, anche per Del Neri, che con l’anno nuovo sembra essersi imbarcato con la squadra senza conoscere la destinazione della bagnarola sulla quale la truppa sta navigando. Oggi si doveva vincere, come si doveva vincere contro gli avversari citati in apertura, ma è arrivato il solito pareggio che ha il gusto dell’occasione persa, l’ennesimo rimpianto per due punti lasciati per strada. Le occasioni nitide ci sono state, fino a quella clamorosa di Del Piero nel finale, e che il giocatore più rappresentativo (un 36enne oggi febbricitante e irrequieto per un contratto da allungare) getti alle ortiche un rigore in movimento introduce l’analisi sull’aspetto in cui questa rosa è più carente: il cinismo. La Juve che pensavamo di aver ritrovato almeno nello spirito in realtà rimane la solita Juve che ci ha accompagnato nelle precedenti stagioni targate Secco-Blanc, forse solo un tantino più squattrinata… Il killer instinct non abita più in quello spogliatoio da anni, e questo campionato non fa eccezione, ed è avvilente intuire che sarebbe bastato ben poco per cambiare il volto della classifica. Che resta brutta, Milan a parte, con Napoli e Roma che scappano e l’Inter che rimane ferma ma con un match a disposizione per scappare a sua volta. E intanto da dietro arrivano Palermo e Udinese, prossimi avversari.

La costante che accomuna questa Juve a quelle del recente passato sono gli infortuni, e il record di Traoré sarà difficilmente battibile; a pochi secondi dal fischio d’inizio, in seguito ad un intervento su Mannini (che sembrava aver avuto la peggio) l’ex Arsenal si infortunava all’adduttore senza effettuare movimenti particolarmente innaturali. Dopo neppure due minuti Grosso doveva già smettere la tuta e sostituire il compagno. A memoria non ricordo nulla di simile ma, considerando la discreta prova del pescarese, forse il suo ingresso in luogo del fragile Armand è stata una fortuna. Pensate a come siamo ridotti, a benedire l’ingresso di un ex fuori rosa. Pazzesco. Senza attacco, con l’infermeria piena e con Amauri unico disponibile ma del quale non si accorge nessuno se non Lucchini, che rimedia una frattura allo zigomo in un contrasto con il brasiliano naturalizzato, e ancora adesso mi chiedo il perché di questa corsa alla naturalizzazione di cotanto centravanti (???). L‘uomo da un gol in 333 giorni di serie A come al solito colleziona insulti e imprecazioni irripetibili, e non gli è neppure servito mimetizzarsi dietro ad una maschera protettiva: dopo nemmeno cinque minuti di gioco spezzettato le movenze inconfondibili del numero 11 in maglia bianca hanno svelato l’identità del degno erede di Luis Silvio Danuello e, visto che oggi si giocava a Genova, Francisco Chagas Eloia detto Elòi, due fenomeni “do Brasil” sui quali, per saperne di più, vi invito a consultare qualche remota edizione (suggerimento per la ricerca: primi anni Ottanta) dell’Almanacco Panini… Evanescente Krasic, che si sgonfia dopo un paio di percussioni e viene cambiato forse troppo tardivamente, frenato Marchisio e al solito pasticcione Sissoko: non ricordo un giocatore in grado di provocare una così repentina alternanza di sensazioni, dal compiacimento per un recupero vigoroso alla disperazione per un appoggio elementare fallito malamente. Aquilani, stremato dopo un’ora, conferma tutte le perplessità che il sottoscritto nutre sulla sua continuità e tenuta, e il giovane Poli lo porta a scuola di regìa come già aveva fatto Gargano (non Xavi Hernandez, per intenderci) solo quindici giorni fa. Note positive di giornata, i due centrali difensivi, Pepe, impiegato in tre ruoli e soddisfacente in ogni frangente, e il recupero di Martinez, il cui ingresso è riuscito nell’impresa di ricavare qualcosa di buono persino da Motta, un Amauri in versione esterno destro. Un dato deprimente: nel confronto fra andata e ritorno la Juve ha equamente diviso i punti con le rivali: tre punti a testa col Bari, due punti a testa con la Sampdoria. Non sono cose da Juventus. Domenica sera a Torino arriverà l’Udinese, il gruppo più in forma del campionato reduce da 11 gol in tre partite ad avversari quali Milan, Inter e Genoa (quella rossoblu era la miglior difesa del campionato, fino a domenica scorsa): ce n’è abbastanza per essere preoccupati, soprattutto per chi invece di gol ne trova davvero pochi e non ha nemmeno intenzione di procurarsi qualcuno in grado di colmare la lacuna. Che gli Dei ci assistano.

Commenta con noi la partita sul nostro blog.