THE DAY AFTER: Juve colpita, affondata e incazzata

aquilaniL'evento clou della ventitreesima giornata è andato in scena al Renzo Barbera di Palermo.
L'escalation, iniziata un paio di mesi fa a Catania col goal di Quagliarella entrato di mezzo metro e passata attraverso espulsioni molto discutibili, goal annullati, rigori negati, squalifiche ridotte solo agli altri e non a Melo e falli clamorosi non fischiati su Krasic, ha raggiunto il suo apice e scatenato la reazione di Marotta e Del Neri.
Io appartengo alla corrente filosofica anti-interista, quella cioè che detesta il fenomeno tutto italiano di ridurre ogni partita nella rassegna moviolistica delle decisioni arbitrali da pesare col bilancino. Preferisco parlare di calcio, di come si è sviluppato il gioco, di meriti e demeriti. C'è però un limite a tutto, e in questo caso il limite è stabilire il confine tra quando l'errore è fisiologico e quando si trasforma in accanimento preventivo. Quando falsa una partita e quando, invece, fa parte del gioco e passa in secondo piano di fronte al verdetto del campo.
Restare insensibili di fronte a tre rigori (dal netto al clamoroso, fino al solare) negati risulta difficile. Così come è difficile non fermarsi a sommare tutti gli episodi degli ultimi tempi e non metterli in relazione all'esposto presentato dalla società per la revoca dello scudetto di cartone, che tanti mal di pancia sta creando in Federazione.
Se fino all'altro ieri le prestazioni della Juve, a mio modo di vedere, erano tali da far passare in secondo piano qualche svista di troppo, di fronte alla "presa in giro" (come l'ha definita Del Neri) di Morganti sono le pecche della Juve a cedere il passo.

E non che la Juve non ci abbia messo del suo. La prima mezz'ora di gioco è stata più che vergognosa, soprattutto in relazione all'importanza che questa partita rivestiva alla luce di una classifica sempre più precaria. Si è vista una Juve peggiore di quella raccapricciante di settembre, e stavolta senza la scusa degli schemi da assimilare: il modo in cui sono stati presi i due goal non è ammissibile, perché frutto di errori individuali e collettivi che continuano a riproporsi ogni volta. Ma peggio ancora l'atteggiamento generale, la sufficienza di alcuni e la mollezza di altri. Si è andati sotto di due goal senza che Morganti ci mettesse becco. E mezz'ora di furia agonistica a cavallo dei due tempi non è certo sufficiente a bilanciare lo sbandamento iniziale, anche perché alla rabbia per l'ingiustizia subita non hanno fatto da contraltare freddezza e concretezza sotto porta.
Però tre rigori sono tre rigori, e la sensazione che rimane è quella di una precisione chirurgica nel voler tagliare le gambe alla squadra nel momento in cui produceva il massimo sforzo per recuperare il risultato.

La reazione di allenatore e direttore generale è stata apprezzabile, se non altro per far vedere che si è oltrepassato il segno e che non si è più intenzionati a subire in silenzio. Però devo notare con dispiacere che il grande assente di mercoledì sera è stato il Presidente Agnelli, che per ruolo e carisma avrebbe dovuto esporsi in prima persona per ribadire lo sdegno di una società che viene derisa dalla Federazione in merito alle rivendicazioni su Calciopoli e viene umiliata sul campo da arbitri che, per usare un eufemismo, definirei più realisti del re. Non l'ha fatto ma, se vuole, è ancora in tempo. Si sbrighi, digrigni i denti non solo per contestare un titolo del Corriere dello Sport, ma anche per reagire di fronte ad una situazione non più sostenibile.
Queste considerazioni nulla tolgono alla pochezza tecnica di una squadra che sta riuscendo nell'impresa di peggiorare i numeri dello scorso campionato e non vogliono essere il facile alibi di un'altra stagione avviata verso il fallimento: fallimento che avrà dei colpevoli precisi da rintracciare all'interno e non certo tra le giacchette gialle. Sono osservazioni che semplicemente fotografano una realtà che non può essere più ignorata, non dopo certi episodi così clamorosi.

Questo turno infrasettimanale di campionato è stata una sorta di grande partita di ciapanò. Il Milan, nell'anticipo del martedì, era inciampato nel match casalingo con la Lazio non andando oltre lo 0-0. Un po' di sfortuna e i troppi infortuni che stanno falcidiando la rosa di Allegri hanno causato il passo falso di cui ha saputo approfittare solo l'Inter, vittoriosa a Bari in una partita meno scontata di quanto potesse sembrare alla vigilia e di quanto non dica il risultato finale. Non così la Roma, che aveva anch'essa un facile impegno casalingo contro il derelitto Brescia, ma che non si è dimostrata in grado di approfittare dei rallentamenti di chi tira il gruppo, film già visto quando il regista è Claudio Ranieri. Peggio ancora ha fatto il Napoli, improvvisamente spentosi di fronte al coriaceo Chievo di Pioli, che sul suo campo non fa sconti alle grandi. Insomma, in un modo o nell'altro hanno quasi tutti giocato per il Milan, e il campionato che definii "alla milanese" è sempre più una realtà. Vedremo se almeno si scatenerà un testa a testa in grado di restituire un minimo di interesse ad un torneo dominato dalla mediocrità ed esaltato solo da sporadiche prodezze di fuoriclasse che si contano sulle dita di una mano.
Si fa interessante, invece, la lotta per non retrocedere. Se il Bari ha ormai un piede e mezzo nel baratro e il Brescia che reintegra mister Iachini dovrebbe seguirlo a ruota, per l'ultimo posto da evitare è lotta aperta tra un Cesena e un Lecce in netta ripresa, un Catania e un Parma risucchiati nei bassifondi da una serie di risultati negativi e il Bologna di Di Vaio che, salvo ulteriori penalizzazioni, pare quello messo meglio. Ma occhio alla crisi delle due genovesi: qualora perdurasse potrebbe avere effetti sorprendenti e imprevisti.



TOP DI GIORNATA

Stefano Pioli (allenatore Chievo): La favola del Chievo Verona è un evento che si ripete ogni anno e ormai non stupisce più. Il d.s. Sartori riesce sempre a scovare giocatori sconosciuti adatti alla bisogna e i vari cambi di guida tecnica, da Del Neri a Di Carlo sino all'attuale ex terzino della Juve, mantengono il comune denominatore di una squadra sempre ostica da affrontare e che si mantiene a distanza di sicurezza dalla zona retrocessione. 30 punti: chapeau!

Marco Di Vaio (Bologna): Ancora a segno (e sono 14) questo 34enne che a Bologna si è riscoperto cecchino implacabile dopo alcuni anni in chiaroscuro. Se trascinerà i felsinei ad un'altra salvezza, in mezzo ai guai societari che sono già costati tre punti di penalizzazione, dovranno fargli una statua in Piazza Maggiore.

Radja Nainggolan (Cagliari): E' una delle sorprese del campionato questo giovane belga diventato in poco tempo il perno del centrocampo del Cagliari. Impreziosisce l'ennesima ottima prestazione con un goal da incorniciare che regala la vittoria ai suoi.


FLOP DI GIORNATA

Emidio Morganti (arbitro): "Ci ha detto che non ha visto... ma se non vede un mani del genere, allora che cambi mestiere" (Gigi Del Neri). Serve aggiungere altro?

Alberto Aquilani (Juventus): Sul podio dei cattivi non può finirci solo l'arbitro, perché non solo da lui è dipesa la quinta sconfitta del 2011. Cito il centrocampista romano, non perché abbia demeritato più di altri, ma perché le sue prestazioni sempre più opache sono lo specchio fedele di quello che questa Juve poteva essere e invece non è stata.

Libor Kozak (Lazio): Avvisatelo che è calcio, non kick boxing. Incredibile come il giovane attaccante laziale sia uscito dal campo a fine partita con solo un cartellino giallo sul groppone, dopo aver mandato all'ospedale Bonera di gomito e Legrottaglie di ginocchio. Ci ha provato anche con Yepes, ma non ce l'ha fatta. Fermatelo.