A Firenze il capolinea della stagione

delneri

Capolinea. Scendere prego. L'epica impresa di inanellare tre vittorie consecutive aveva riaperto un piccolissimo spiraglio attraverso il quale sognare una qualificazione in extremis per i preliminari di Champions League, complice anche un distacco dal quarto posto che si era dimezzato nel giro di tre giornate. La stucchevole tiritera delle X finali da giocare al massimo può finire qui, con l'auspicio di risentire quella parola solo quando servirà per indicare l'ultimo atto di una competizione europea e non un inutile tassello nella rincorsa verso un obiettivo tanto minimale quanto impossibile.
E dire che la giornata poteva anche sembrare una di quelle decisive, con la Lazio che andava sul difficile terreno del Massimino, l'Udinese decimata al San Paolo e la Roma che era provvidenzialmente scivolata in casa col Palermo, mettendo sul piatto almeno la possibilità di sopravanzarla in classifica.
C'era la sestultima "finale" da vincere, al Franchi dove la Juve era imbattuta da tredici anni. E imbattuta rimane, ma con uno scialbo pareggio a coronamento di una prestazione mediocre, come tante altre se ne sono viste quest'anno. Un pareggio buono a rinsaldare un settimo posto, fratello gemello di quello dell'anno scorso, ma che rischia di non garantire nemmeno il biglietto per salire in ritiro a Bardonecchia con dieci giorni di anticipo.
Evidentemente appagati per l'impresa appena raggiunta dopo un anno e mezzo di attesa, gli uomini di Del Neri si ritrovano così a -8 dalla Lazio, con lo scontro diretto da giocare a Roma tra quindici giorni, ma che ormai perde molto del suo significato. Alla luce di questo nuovo passo falso suonano sempre più sgradevoli certe voci che si sono rincorse negli ultimi giorni, e che vogliono l'allenatore friulano confermato per la prossima stagione anche qualora non raggiungesse l'obiettivo minimo (dichiarato da tutti) del quarto posto, ma portasse a termine comunque un indeterminato "finale di stagione positivo". Non si riesce a capire cosa ci potrebbe essere di positivo in una stagione che porterà di nuovo, per la seconda volta consecutiva, la Juventus ai margini dell'Europa che conta, sempre più a suo agio nei panni della nobile decaduta nei risultati e ridimensionata nelle ambizioni. Sentire l'allenatore che parla di "rispetto per la Fiorentina formata da grandi campioni" (quali?) e di "prestazione comunque positiva nello spirito" è terribilmente avvilente, così come l'ingiustificata "soddisfazione per non aver preso goal" e aver concesso pochi tiri in porta alla Fiorentina. Non saremmo intellettualmente onesti con noi stessi se facessimo passare in cavalleria certe dichiarazioni inaccettabili per chi indossa la divisa ufficiale della Juventus, dopo aver giustamente stigmatizzato nel recente passato parole e atteggiamenti del tutto simili da parte di chi lo ha preceduto, nonostante i risultati fossero in quel caso migliori (o meno peggiori) di questi. La palla passa ora alla società, a quella dirigenza che tanti di noi avevano accolto con la speranza che portasse la Juve fuori dall'abisso in cui l'aveva precipitata la gestione precedente, ma che non può pensare di abusare del credito iniziale concessole. Se c'è un obiettivo e non lo si raggiunge, non è possibile che nessuno debba pagare e tutti rimangano al proprio posto. Almeno che (e sarebbe anche peggio) l'obiettivo non fosse diverso da quello che era stato sbandierato ai tifosi. Sembra che si stia insinuando l'idea di giustificare un risultato inaccettabile con il facile alibi degli infortuni, quasi fosse una variabile impazzita di questa stagione: sono almeno tre anni che il numero dei problemi fisici di questa rosa è esorbitante, e nulla lascia pensare che l'anno prossimo possa andare diversamente. Evidentemente è un fatto strutturale, che dipenda dai campi di Vinovo o da altro, e andrebbe risolto costruendo una rosa più ampia e qualitativa di quella attuale, in modo che non venga anche l'anno prossimo la tentazione di trovare l'alibi a buon mercato per eventuali nuovi insuccessi.

Ci sarebbe da parlare della partita, ma passa quasi in secondo piano. Per il commento si potrebbe andare a spulciare a caso in qualcuno di quelli precedenti, visto che i difetti emersi sono in larga parte quelli palesati in altre occasioni. Tensione agonistica insufficiente, ritmi di gioco soporiferi, qualità della manovra scadente, linee di passaggio prevedibili e scontate, conclusioni pericolose quasi inesistenti, errori grossolani nei passaggi per gli attaccanti, Matri spesso solo senza alcun supporto valido di uno dei tre compagni che agivano alle sue spalle. C'è stata solo una maggiore solidità difensiva, che ha fatto sì che una Fiorentina migliore sul piano della manovra e dell'aggressività non abbia creato occasioni realmente pericolose. E' tutto dire che a centrocampo l'abbia fatta da padrone Montolivo, sul quale si sono alternati in pressione senza successo Marchisio, Pepe e Krasic nella solita girandola di posizioni delneriana (se lui è uno dei campioni viola acclamati da Del Neri, c'è allora da temere davvero di ritrovarselo l'anno prossimo in maglia bianconera). Le sue geometrie e la dinamicità di Behrami trovavano sporadica opposizione solo in un tonico Melo, con Aquilani e Marchisio costretti ad annaspare. Si sono affrontate due squadre mediocri e ne è scaturito uno 0-0 che, se è normale che vada bene per Mihajlovic, è inconcepibile non venga accolto come una sconfitta dal suo omologo bianconero. Ma sì, tanto sabato c'è il Catania nella prossima, inutile "finale".

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