Conte pasticcia, Romagnoli pure: Milan-Juve al veleno.

conte Milan-Juventus: la aspettavamo dal momento in cui il Milan - mai tirato in ballo - iniziò a rispondere piccato alle richieste di "parità di trattamento" provenienti da Torino in relazione agli episodi accaduti nelle ultime settimane, una richiesta mal accolta dalle parti di Milanello, dove evidentemente conoscono bene un proverbio in voga dalle mie parti: “La prima gallina a cantare è quella che ha fatto l’uovo”…
E così, fra messaggi sibillini e minacce agli avversari (e parlavano di “stile-Milan”!), diversi esponenti del mondo rossonero - da Galliani ad Ambrosini, da Mediaset al direttore di Milan Channel finendo con Allegri - presero l’abitudine di “punzecchiare” (eufemismo) la Juventus (quasi) quotidianamente.
Il neonato “stile-Milan” ha raggiunto l’apoteosi stasera, durante l’intervallo di un match rabbioso, un match che il Milan raffazzonato - e di fatto obbligato - messo in campo da Allegri stava meritatamente conducendo per 1-0 - e con un chiaro gol di Muntari non ravvisato dall’assistente Romagnoli - contro una Juve poco reattiva, titubante e irriconoscibile.
E’ successo che Galliani – in barba alla sobrietà e al succitato "stile-Milan"- si è fiondato nel tunnel degli spogliatoi per aggredire l’arbitro Tagliavento e i dirigenti juventini (Conte, Agnelli e Marotta, secondo le indiscrezioni) prima di lasciare San Siro – una rarità - ufficialmente per un problema di pressione.
Volendo essere maliziosi si potrebbe rinfacciare al plenipotenziario rossonero che recriminare sugli errori arbitrali è roba per gente senza stile…
Caricata di troppe tensioni, la partita ha vissuto un finale concitato quanto l’intervallo, ancora con il solito Ambrosini protagonista di una guerra personale contro Chiellini, uno dei baluardi di questa Juventus stasera così poco Juventus.
Ecco che, dopo essermi dilungato sul “contorno”, arrivo a parlare del fatto tecnico: è stata la peggior prestazione stagionale dei bianconeri, contro un Milan oggettivamente superiore sul piano dinamico, un Milan entrato in campo con i cosiddetti “occhi da tigre”, quelli che solitamente dovrebbero essere prerogativa del DNA bianconero.
E’ vero che fino al doppio, sciagurato errore di Bonucci che ha portato al vantaggio siglato da Nocerino la partita era vissuta su un sostanziale equilibrio, ma da subito due cose non mi erano piaciute.
Parto dalla seconda, perché più semplice, e riguarda l’approccio “tenero”, un approccio simile a quello col quale gli uomini di Conte avevano iniziato la gara contro la Roma all’Olimpico: squadra che tendeva ad allungarsi, troppo compassata e sempre in ritardo sulle palle vaganti.
Il Milan tutto muscoli e poca qualità si infilava fra difesa e centrocampo bianconeri con grande facilità, e solo un immenso Vidal – alla fine esausto e poco lucido, meritevole di una giusta espulsione - ha limitato i danni nella prima frazione.
Male Lichtsteiner, Marchisio e l'attesissimo Pirlo, difesa retta da Barzagli e, soprattutto, da Chiellini, il quale ha risposto agli avvertimenti della vigilia con una gara da leader caratteriale.
Paradossalmente credo che l'assenza di Ibrahimovic abbia complicato i piani (invero confusi) di Conte, e le “zanzare” Robinho, Pato ed Emanuelson – chiariamoci subito: nessuno di questi è un grande giocatore - abbiano tolto punti di riferimento ad un modulo e ad una formazione sbagliati.
E qui entrano in gioco i demeriti dell’allenatore, il grande artefice del ritorno della Juve ai livelli che le competono, ma che stasera ha sbragato.
E di brutto.
Se imputare al mister l’approccio titubante può essere eccessivo, anche se continuare a ripetere alla noia che il Milan è più forte – nonostante i precedenti, anche recenti - potrebbe alla lunga convincere i giocatori che ciò corrisponda al vero, di certo la responsabilità di Conte è più pesante riguardo alla scelta della formazione iniziale, un obbrobrio assoluto.
Scegliere l’acerbo - per questi palcoscenici - Estigarribia, che non va colpevolizzato, e che è stato l’autore dell’unico tiro in porta effettuato dalla Juve nel primo tempo, rinunciando a Pepe è, mi perdonerà il mister, una solenne castronata.
E che dire a riguardo della riproposizione del duo offensivo Quagliarella-Borriello?
I numeri che i due hanno espresso finora (900 minuti complessivi, 2 gol – peraltro ininfluenti - lo score per l’ex Udinese, zero assoluto per l’ex milanista) rendono l’idea di quanto Conte abbia facilitato la serata di Thiago Silva e Mexès, col biondino con la coda, uno che soffre terribilmente se portato a spasso dall’avversario diretto (vedi Vucinic), felicissimo nel fare a sportellate con l'ex compagno in giallorosso, anche se un pugno al costato di Borriello dovrebbe costargli la prova tv.
Quanto a Quagliarella, un solo tentativo serio fallito a pochi passi da Abbiati - centrato in pieno - un attimo prima di lasciare il campo, e null’altro.
Cosa Conte abbia visto in settimana per affidarsi a questi due attaccanti per la gara decisiva dell'anno rimane un mistero: a volte gli allenatori diventano vittime dei loro deliri di onnipotenza che li portano a stravolgere creature che vivono di equilibri delicati, ed è grave che questa bizzarria si manifesti in concomitanza di appuntamenti così importanti.
Prevengo le obiezioni: il lavoro delle due punte e di Estigarribia ha contribuito a sfiancare la difesa milanista, e i subentrati hanno raccolto i frutti.
Balle, perché se voglio vincere il match più importante della stagione parto con la formazione che mi dà più garanzie, la formazione più collaudata, quella che mi ha portato lassù dove sto adesso.
Questa non è la Coppa Italia.
Che Pepe sia in grado di crossare molto meglio e molto di più di Estigarribia (ad es. il cross del pareggio, tanto per gradire) non ci vuole un genio per capirlo; che Vucinic possa saltare l’uomo (è l’unico in grado di farlo, fra i tre attaccanti sui quali Conte punta, Del Piero a parte) è cosa nota, il gol annullato a Matri per inesistente fuorigioco nasce proprio da un’iniziativa personale del montenegrino, indolente sì, ma capace di esaltarsi in queste serate e contro questi avversari.
E che Matri sia l’unico centravanti degno di questo nome in rosa lo dicono i numeri e non da oggi.
Che non sia un fuoriclasse è certo (non esiste un attaccante della Juve che meriti questa definizione), ma che un allenatore rinunci per strane motivazioni al proprio attaccante nettamente più prolifico nella gara che vale la stagione è pazzesco, soprattutto se una volta entrato costui tocca quattro palloni con il seguente esito: sul primo fa gol (ingiustamente annullato), sul secondo viene rimpallato in fase di conclusione e sul prosieguo dell’azione fa ancora gol (stavolta buono, pur strattonato da Thiago Silva), e sul quarto intervento costringe Mexès al fallo da ammonizione.
Alla luce di tutto questo, quanti Quagliarella-Borriello dovremo ancora sorbirci?
La strada per lo scudetto non subisce “variazioni di percorso”, il pari di stasera è un gran risultato se calcoliamo come è venuto, ma Conte, che è stato fantastico finora, deve meditare sui propri errori.
E sono certo che lo farà.

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