Ode a zio Alex che ci trattiene in vetta

del piero

Non si illuda chi ama i calcoli sulla carta e sul calendario: nelle prossime sei partite patiremo ancora sofferenze come questa. E' vero, fra le avversarie residue, la Lazio era apparentemente quella più difficile ma, considerando anche che schierava una formazione rattoppata, il copione è stato molto simile a quello di Palermo e di molte altre precedenti gare, e a quello che presumibilmente, se la condizione continua a essere questa, caratterizzerà le prossime: la Juve a far gioco con percentuali di possesso palla barcelloniane (stavolta 70%!), e con le solite croniche difficoltà a buttarla dentro.
Ieri sera solo uno supra mediam come zio Alex avrebbe potuto toglierci le castagne dal fuoco. Dopo un primo tempo trascorso per 45 minuti e mezzo nella tre quarti avversaria (almeno sette chiare occasioni da gol: tre Quagliarella, una Pepe - gol escluso -, due Vidal, una Vucinic), caratterizzato dal gol in acrobazia del redivivo Pepe, da un Quagliarella spuntato, da un Vucinic irritante come troppe volte quest'anno, e dalla dura-legge-del-goal di Mauri nel finale, tutto si era fatto complicatissimo. Confesso che fin dall'inizio della ripresa mi sono convinto che avremmo finito, dopo soli quattro giorni, per restituire la vetta al Milan anche perché, a differenza della prima frazione, la manovra andava facendosi meno lucida e continua, e la Lazio praticava un efficace catenaccio (solo quattro occasioni ho contato, con Vucinic, Lichtsteiner, Del Piero, Chiellini, e molto meno evidenti di quelle del primo tempo). Tipo Milan col Barcellona, potremmo dire scherzando ma non troppo (sì, è la seconda volta che scomodo gli azulgrana, ma pur con tutto il rispetto e i distinguo del caso, a partire dalla consapevolezza di non disporre neanche lontanamente di alcun Messi, non credo che in Europa ci sia una squadra che per il suo gioco ricordi la corazzata catalana più della Juve).
Non abbiamo Messi ovviamente, ma in attacco, tra molta "medietà", l'unico ad avere le stimmate del campione è ancora lui, e quando l'arbitro ha fischiato quella punizione si è capito che o Del Piero s'inventava qualcosa da lì, o saremmo mestamente tornati a fissare la schiena del Milan. Il resto è stato un countdown col fiato sospeso.
Raggiunto il risultato, smaltita l'adrenalina, non resta che pensare a difendere con le unghie e con i denti la posizione. Come qualcuno ha già scritto su questo sito qualche giorno fa, se non dovesse arrivare lo scudetto sarebbe tutt'altro che una disfatta: torneremo in Champions con una squadra che sa di futuro, che necessita solo di qualche ritocco ad hoc ("campioni"; "attacco"; sig. Marotta, quest'estate riuscirebbe ad abbinare queste due parole?!) per poter dire la sua anche in Europa, che pratica un gioco costruttivo, spettacolare, a tratti entusiasmante. Insomma, la Juve la sua stagione l'ha già vinta, al di là del fatto che a maggio la sua bacheca possa arricchirsi di uno scudetto e/o una Coppa Italia. Ma a questo punto non vincere sarebbe davvero un peccato, e privarsi del divertimento di non leggere o ascoltare più le straordinarie rosicate che da un po' di tempo in qua arrivano da Milanello un vero e proprio delitto.


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