Quei mattacchioni della Procura di Napoli

Beatrice e NarducciNon lo sapevamo ma, a quanto pare in calendario c’è una nuova festività. È la giornata nazionale del livore antijuventino, ovvero il momento in cui l’italiano medio posa la penna del sudoku, chiude i siti con le donnine e si dedica completamente allo svago del momento (un momento che, in verità, dura da quarant’anni): sparare a zero sulla Juve.
Ma la novella festività ha una caratteristica che tutte le altre non hanno: è mobile, non ha luoghi o durata predefinite e può iniziare in qualsiasi momento. Basta uno starnuto di Birindelli, un po’ di forfora sulla giacca di Cobolli, un dito nel naso di Camoranesi e si aprono le danze. Le celebrazioni, già assai chiassose in tempi di bonaccia accusatoria, toccano il culmine allorché i solerti della stampa prendono a discettare di Triade e della Juve che fu. Quella degli scandali, o presunti tali.
Recentemente è stato tempo di folli bagordi, per via di un variopinto carosello iniziato con la chiusura del processo sul doping e proseguito pochi giorni fa con gli strombazzamenti e i pernacchietti provenienti da Napoli. D’altra parte, si sa, sotto il Vesuvio è nato Pulcinella.

L’ultimo documento dei premurosi magistrati partenopei (tre anni per chiudere un’inchiesta…) non delude le aspettative, apportando nuova linfa al clima di festa. Frizzi e lazzi ve ne sono in abbondanza, per non parlare di sviste e inesattezze da professor Manzi. Uniamoci quindi ai festeggiamenti e facciamoci quattro risate in compagnia di Beatrice e Narducci.
Il documento si apre con uno stravagante riferimento al campionato 1999/00 che, secondo i redattori, è stato condizionato «fino alla penultima giornata». Ovvio, visto che l’ultima appare solo negli almanacchi delle gare di pallanuoto. Ci si chiede comunque che attinenza abbia quel torneo con i procedimenti in corso e che cosa giustifichi tanta sicumera da parte loro, dal momento che di indagini su quelle vicende non sono mai esistite. E tale riferimento, oltre che gratuito, non pare deporre in favore della professionalità dei compilatori.
Il primo teorema accusatorio, che offre terreno per lo svilupparsi di tutti gli altri, poggia già su basi d’argilla: i cospiratori al soldo di Moggi (tanti, che per brevità non elenchiamo) si sarebbero «adoperati al fine di garantire l’elezione di Franco Carraro quale presidente della Figc e al fine di favorire Adriano Galliani nell’elezione alla presidenza della Lega Nazionale Professionisti». Quantomeno curioso che un sistema nato per favorire gli interessi esclusivi della Juventus faccia carte false per sistemare sulle poltrone più ambite due milanisti (Carraro fu presidente in via Turati dal 1967 al 1971). Oltremodo bizzarro poi che il vicepresidente rossonero non sia stato incluso nella lista dei 48 penalmente indagati. Soprassediamo sulle accuse relative al condizionamento mediatico, messo in atto attraverso il controllo dello sgangherato processo biscardiano, giacché ci si chiede come una masnada che complotta per far eleggere l’amministratore delegato di Mediaset non si sia servita appunto di questo fondamentale appoggio per allargare capillarmente il proprio dominio mediatico.

Ma, oltre all’evidente illogicità di imputazioni di questo genere, a stupire è una serie inquietante di errori e incongruenze, disseminate per tutto il dispositivo. La prima è relativa alle cosiddette “ammonizioni pilotate”, ovvero quel folle sistema di condizionamento che consiste nell’ottenere la squalifica di beati carneadi affinché la Juventus vinca con maggior facilità la partita che si disputerà in loro assenza. In occasione di Udinese-Brescia, arbitrata da Dattilo, Lucianone avrebbe tramato per colpire i poveri Jankulovski, Pinzi, Muntari e Di Michele. Peccato che quell’incontro sia passato alla storia per una rissa da saloon scoppiata in seguito al gol del decisivo vantaggio bresciano siglato con il portiere De Santis a terra infortunato. Parapiglia in cui si è distinto Jankulovski che, leggiamo dal comunicato ufficiale LNP, «colpiva a mano aperta sul volto un avversario», rimediando così una sacrosanta espulsione, per lo più «rilevata da un assistente». Improbabile che Dattilo abbia voluto sbarazzarsi del calciatore ceco senza aver visto l’episodio incriminato. Ancor più difficile che l’avventuroso fischietto abbia assecondato i voleri del “capocupola”, sventolando cartellini gialli sul naso degli altri tre giocatori friulani, i quali non rientravano nemmeno nella lista dei diffidati (sono infatti puntualmente scesi in campo nella gara con la Juventus). Lo stesso tipo di errore si ripete nel caso di Gamberini, sanzionato in Bologna-Fiorentina, ma anche lui estraneo al limbo delle diffide. A seguito di questa partita vennero squalificati i fondamentali Petruzzi e Nastase, i cui nomi Moggi mostra di non conoscere, come testimoniato da un’intercettazione (n°5738) con il giornalista Tony Damascelli («perché, chi ci avevano loro diffidato?» e, una volta ottenuta risposta, «aho, meno male, che te devo dì…»).
L’associazione a delinquere dell’ex ferroviere avrebbe anche raggiunto il nobile scopo di estromettere dalle gare contro la Juve i potenziali palloni d’oro Mesto (la Juve perderà la successiva partita con la Reggina grazie agli sciagurati errori di Paparesta), Pisanu e Contini (i bianconeri pareggeranno a Parma, con un clamoroso rigore non assegnato da De Santis, arbitro “cupolaro” per elezione), nonché Obodo e Viali (per un Fiorentina-Juve in cui Collina, distratto dai prossimi incontri con Galliani, non vede un gol fantasma di Cannavaro). Senza contare l’ingegnosa scelta di impallinare l’attaccante doriano Simone Inzaghi, in quella stagione socio sostenitore dell’associazione panchinari, entrato in campo ad una ventina di minuti dalla fine nell’incriminata partita contro il Siena. Inutile ricordare che la Juventus perderà poi contro la Samp, permettendo al Milan di riavvicinarsi in classifica (nel documento di Napoli viene invece clamorosamente riportata un’improbabile vittoria della Juventus. Memoria corta o speranza che sia corta quella dei giudici?).
Se queste annotazioni rendono già ciondolante il risibile teorema delle squalifiche on demand, a farlo cadere fragorosamente interviene un episodio, di nuovo sfuggito agli ineffabili Tomponzi partenopei: in Fiorentina-Milan (1-2), che precede il decisivo scontro diretto di San Siro tra le madreterese meneghine e i grassatori in bianconero, il sempreverde De Santis dimentica di espellere Stam per fallo da ultimo uomo ma, soprattutto, non trova il modo di ammonire i tre importantissimi (questa volta sì) diffidati milanisti: Seedorf, Rui Costa e Nesta. Una cupola che fa acqua da tutte le parti (o che si era dimenticata di ricaricare il telefonino).

Le monellerie dei birbanti moggiani, tuttavia, non si esauriscono con la caccia al diffidato ma sconfinano nel taroccamento dei sorteggi e nel condizionamento di alcune gare di campionato. Se, come da sentenza rupersandulliana e da comunicato congiunto Figc-Ussi, il sorteggio arbitrale è stato universalmente dichiarato regolare, si potrebbero avanzare sospetti riguardo alla seconda incolpazione con particolare riferimento a Juventus-Milan del 18 dicembre 2004.
Secondo Narducci e Beatrice il match in questione sarebbe stato truccato e la prova risiederebbe in un fitto interscambio di telefonate (42 in tutto) su utenze svizzere tra Luciano Moggi, il dirigente del Messina calcio Fabiani e l’arbitro della partita, Bertini. Posto che si attende ancora conferma dell’effettiva paternità di tali tessere (Moggi sostiene di non averne mai consegnate a nessuno, fuorché a Bergamo) e che non sono ancora stati divulgati i tabulati in questione (dai quali pare manchino le ultime tre cifre di ciascun numero telefonico), ci si domanda cosa abbiano da dirsi queste persone per chiamarsi con tale frequenza. E poi, è così necessario telefonarsi il giorno prima della partita quando l’arbitro fa già presumibilmente parte di un’associazione che comanda «l’intero sistema calcio professionistico»? O Bertini era duro d’orecchio, oppure non c’era lui all’altro capo del telefono.

Ma se a queste domande dovranno rispondere i giudici di Napoli, i profani del diritto rimangono per l’ennesima volta con l’amaro in bocca per le forche caudine solertemente apparecchiate dai media. Le carte di Napoli non sono rinvii a giudizio ma semplici notifiche di chiusura indagini e, come tali, informano su quali ipotesi di reato si è investigato. Ciò nonostante, questa colossale evidenza è passata sotto silenzio presso i premurosi officianti al massacro mediatico, che si sono superati nel formulare sentenze definitive prima ancora dell’inizio dei processi.
Ma leggiamo cosa scrivono i magistrati riguardo Juve-Milan «Moggi e Fabiani quali istigatori, compivano atti fraudolenti finalizzati a influire sul risultato dell’incontro di calcio, esito perseguito dal Bertini che si adoperava per il raggiungimento di un risultato comunque favorevole alla squadra del Moggi». Queste tre righe che, lo ricordiamo, illustrano solamente un’ipotesi di reato, sono tuttavia bastate per la riapertura delle sacre festività antijuventine. E con un fervore davvero inconsueto, dal momento che coloro che puntano indignati il dito sono gli stessi che hanno infilato la testa sotto la sabbia nel tentativo di far dimenticare quanto accadde prima della sfida (quella sì decisiva) di ritorno tra Milan e Juventus, disputata l’8 maggio 2005. Lo ricordiamo per chi soffre di amnesie “di convenienza”: il 6 maggio il co.co.co da 60mila euro, nonché addetto agli arbitri, Leonardo Meani chiama il collega milanista Roccato per riferirgli di «aver selezionato e deciso lui stesso la terna arbitrale» (quindi non solo i guardalinee, la cui designazione era discrezione di Mazzei). Successivamente il guardalinee Farneti, appreso dell’avvenuta assegnazione, ringrazia «per l’ennesima volta Meani della possibilità che gli hanno concesso», ricevendo e in cambio un sibillino responso: «sono stati preparati gli orologi per la squadra arbitrale». Una bella differenza: da una parte tre righe, dall’altra fatti, chiari, tondi e dimostrati. Perché se Moggi (ammesso che sia vero) chiama Bertini è subito scandalo, mentre se Meani parla con gli arbitri - la sua promiscuità con Collina è risaputa - e guardalinee è solo un innocuo chiacchiericcio? Ma, forse, non c’è bisogno di risposta. Siamo in Italia, dove tutti i giorni è festa. Festa nazionale del livore antijuventino.