Gazzetta: virante, ma non troppo

gazzettaUno si aspetterebbe di leggere oramai qualsiasi cosa su Calciopoli. Abbiamo fatto il callo ai sequestri di persona inventati, alle cupole peggio della P2, alle violenze private spacciate per frode, ai piaccia o non piaccia e ai Severgnini che considerano lo scudetto assegnato all’Inter un risarcimento per reati sportivi pregressi di cui evidentemente lui ha prove schiaccianti.
Ma un velato revisionismo da parte di chi continua al contempo a sparare con il bazooka no, quello sinceramente puzza da mossa disperata di chi sta saggiando la possibilità di mettere all’ultimo il piede in due staffe.
Siamo passati per i Beha rinsaviti in tempo utile, per gli Sconcerti improvvisamente illuminati sulla via di Damasco e li avevamo già assimilati: ma che la Gazzetta stia preparando il terreno per poter affermare “ come avevamo anticipato…” è veramente degno di nota.
Tanto per capire di cosa si parla, facciamo un passo indietro.
Da quel fatidico inizio di aprile, quando si cominciò a parlare di nuove telefonate e di un’ipotetica Calciopoli due, è apparso sul sito della Gazzetta un resoconto su Calciopoli uno per chi volesse saperne di più.
Uno strumento che chissà quante persone che si potrebbero definire neutrali, tanto per non definirle disinformate, possono usare per avere sempre a disposizione un riassunto di quello che è successo e dei nuovi sviluppi che il processo di Napoli ha portato alla luce. Operazione trasparenza, dunque? Macché ! Basta dare un’occhiata alla scheda “Fermati un giro per capire di più” (la Gazzetta ha presentato il tutto come un Monopoli da percorrere a tappe) per trovare un’analisi piena di inesattezze e omissioni che, attenzione, nessuno si è preso la briga di modificare negli ultimi quattro mesi neanche di fronte all’evidenza.
Ci sono ben 10 punti a chiarire le idee agli sprovveduti che non hanno seguito il processo. Fortunatamente la Gazzetta dello Sport lo ha seguito scrupolosamente, pur relegandolo spesso e volentieri a pagina 17, perciò spiega a tutti come stanno le cose.
Si parte con un’analisi della genesi dello scandalo, e va fatto notare che stranamente alla Gazzetta non interessa stigmatizzare ed approfondire l’identità di chi ha fatto trapelare in maniera illegale queste intercettazioni. Un fatto strano, soprattutto per chi, leggendo sempre con attenzione la rosea, ha avuto occasione di leggere questo articolo, peraltro già commentato da noi. Curioso, poi, che sembri sfuggire agli autori il fatto che le partite prese in considerazione saranno state anche 39, un numero impressionante, ma alla fine ne sono rimaste solo tre nelle richieste di accusa, peraltro tutte punite poi dalle sentenze come violazioni di articolo 1 (slealtà) e non di articolo 6 (illecito).
Lo speciale, a dire il vero, riporta stralci della sentenza, ma solo per specificare che Moggi non è stato condannato perché parlava con i designatori, ma "per aver intrattenuto contatti realizzati anche su linee telefoniche riservate e partecipato agli incontri, con modalità non pubbliche, condotte contrarie ai principi di lealtà, probità e correttezza e al contempo dirette a procurare un vantaggio alla società Juventus, per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento delle gare Juve-Lazio ('conosceva in anticipo gli assistenti prima della loro comunicazione ufficiale'), Juve-Bologna ('per essere intervenuto sull’arbitro De Santis in occasione di Fiorentina-Bologna affinché ne uscisse indebolito l’organico del Bologna successivo avversario della Juve') e Juventus-Udinese ('per aver dettato la griglia degli arbitri al designatore Paolo Bergamo')". Ciliegina sulla torta, secondo la Gazzetta, i fatti di Reggio Calabria. Non una parola sull’Inter, nonostante il fatto che le nuove chiamate che ispirano lo speciale dimostrino che Facchetti andò a cena da Bergamo con modalità non pubblica, che lo stesso Facchetti conoscesse in anticipo gli assistenti per comunicazione di Mazzei, che ancora Facchetti (lo so, sono un barbone) chiedesse di non sorteggiare l’arbitro in occasione di Juve-Inter proponendo, poi, un escamotage per la griglia. Aggiungendo che dal processo è emerso anche che Marco Branca era cliente abituale del negozio di De Cillis, sorge spontanea una domanda? Basta questo per sentirsi leggermente alterati, o bisogna andare più a fondo?
Il punto tre spiega a tutti la faccenda delle SIM svizzere, elencandone il ruolo già nelle condanne sportive, ma omettendo casualmente che a livello penale c'è già stata assoluzione per alcuni imputati che sono già stati giudicati. E non guasterebbe spiegare che supporre che due persone siano al telefono basandosi su celle che si incrociano è un tantino impreciso ed infatti è tutto da dimostrare. Anche l’argomento gradi di giudizio viene affrontato in maniera asettica, spiegando che ce ne sono stati tre. Manca, sempre casualmente, l’indicazione che purtroppo dovevano essere quattro, dato che la Gazzetta sembra considerare l'arbitrato un grado di giudizio, e che uno fu cassato, oltre al fatto non secondario che non vennero concesse prove a discarico, nonostante l’onere della prova spetti all’imputato nella giustizia sportiva. I gradi possono essere anche stati 100, ma non va bene nel momento in cui ne fossero previsti 101.
Dopo aver ricordato le condanne, la Gazzetta spiega l’emergere di intercettazioni non trascritte, senza entrare minimamente nel contenuto, e non manca, argomento già trattato in passato, di spiegare come la giustizia sportiva tenga processi “sui generis” in cui spetta a chi è oggetto di pesanti sospetti dimostrare di essere innocente. Non resisto e devo per forza dare un suggerimento: Non sarà meglio allora aprire un nuovo processo sportivo in modo che l’Inter e gli altri nuovi soggetti portino le loro prove a discolpa? O meglio non le possano portare e si debbano limitare ad un'arringa difensiva di 15 minuti, come fu fatto nel 2006? Tanto a sentire i giornalisti italiani non c’è niente di paragonabile a Moggi in queste chiamate… o no?
Una breve puntualizzazione per spiegare che Giraudo è stato condannato in primo grado con il rito abbreviato che non ammette nuovi testimoni e nuovo materiale (attendiamo col sorriso l’appello, una volta che a Napoli saremo arrivati a giudizio) e arriviamo al clou di tutto lo speciale, in cui viene spiegato all’incauto Juventino che - cito - “Insomma, il processo non può essere riaperto” neanche se emergono nuovi colpevoli. Per tanti motivi, tra cui la prescrizione prevista nel vecchio codice, e il fatto che si può chiedere revocazione solo se emergono fatti nuovi che modifichino la posizione dei condannati. Tutto molto preciso, e in definitiva, tutto molto parziale, quando si prenda in esame il fatto che la Juve venne condannata per “rapporti esclusivi” che tali non erano. Si legge anche CUPOLA. Questo modifica la posizione in meno di tre righe, direi. Resta lo spazio per scrivere una parola e un numero, oltretutto: articolo 39, sconosciuto alla Gazzetta che evidentemente è forte solo sulla prescrizione.
Chiusura sul titolo assegnato all’Inter dal saggio Rossi insieme ai tre ancora più saggi consulenti. Almeno quello pare essere in discussione per la Gazzetta, dovessero mai emergere motivi morali per la non assegnazione. Noi aspettiamo con fiducia, dato che il commissario Rossi, che all’Inter ricordano con affetto come dirigente, non aveva al tempo le prove delle intercettazioni Telecom, dove lo ricordano con affetto come dirigente.
Quest’opera meritoria è firmata Valerio Piccioni e Maurizio Galdi (no, non è un omonimo, è proprio quello che Auricchio ha citato come un aiuto prezioso per la sua indagine).
Sarebbe tutto secondo copione, insomma, o almeno secondo il copione che ci hanno insegnato nel 2006, ma poi, scartabellando l’edizione cartacea della rosea del 6 ottobre, salta all’occhio un articolo che puzza appunto lontano un miglio di “mani avanti” .
L’autore è Valerio Piccioni (no, non è un omonimo, è proprio quello di dieci righe fa), che ci anticipa (in ritardo, come un Tiago qualunque rispetto ai fatti, ma nella vita non si può avere tutto) tre telefonate tra Racalbuto e De Santis in occasione di quel famoso Juventus-Roma in cui la potente cupola di Moggi fece saltare i nervi a Carraro, che chiedeva che gli eventuali errori durante la partita non fossero a favore della Juventus, quindi in due parole chiedeva di sfavorirla.
A pensar male si potrebbe dire che queste tre chiamate, già note a noi tifosi rancorosi e squadristi, sono assolutamente perfette per poter dire tra qualche tempo “ noi l’avevamo anticipato che qualcosa non tornava nelle inedite telefonate di De Santis”. Infatti sono le ennesime prove scagionanti che emergono dalle intercettazioni. Il tono delle chiamate, che si snodano prima durante e dopo la partita in questione, presentano un Racalbuto che chiede sostegno a De Santis per capire se abbia commesso degli errori durante il match, e viene impietosamente bocciato dal fischietto romano che gli spiattella tutti gli errori commessi (chiamando giustamente in causa il guardalinee), mentre Racalbuto non può far altro che stare in silenzio, avvilito e preoccupato per aver commesso una serie di erroracci durante una partita molto sentita e tradizionalmente intrisa di polemiche arbitrali. Alla faccia degli affiliati alla cupola!
Insomma, per mesi e mesi sono stati ignorati dalla Gazzetta tutti i fatti nuovi che il processo ha raccontato, a partire dalla telefonata Baldini-Mazzini; ma adesso una “nuova” telefonata dal tono fortemente scagionante merita improvvisamente di essere resa nota, come se qualcosa stesse scalfendo le certezze così graniticamente presentate nello Speciale Calciopoli e in decine di altri articoli e interventi televisivi targati Gazzetta.
Intanto le trascrizioni del perito compaiono sull’edizione online della rosea, insieme ad analisi che sembrerebbero avallare l’ipotesi di revoca dello scudetto di cartone .
Qualcuno si sta forse cautelando in vista di improvvisi cambi di rotta?