Calciopoli comincia adesso. Quando e come ne usciremo?

stampaCon un "francobollo" su una colonna a pag. 18 (più o meno come a suo tempo era successo col patteggiamento di Oriali al Tribunale di Udine) la Gazzetta del 21 dicembre informa i lettori più attenti che il procuratore Palazzi ha dato il via alla riapertura di Calciopoli con l'audizione dell'ex-designatore Paolo Bergamo. Allo stesso avvenimento Tuttosport, lo stesso giorno, dedica, oltre l'editoriale di prima pagina, "Si ricomincia da capo per riscrivere la storia", l'intera pagina 7 ("Bergamo, la verità"), intervistando, tra l'altro, l'avv. Giuseppe Benedetto (nel 2006 giudice unico del settore giovanile della Figc prima di dimettersi in polemica col Commissario Guido Rossi) che sostiene, invece, che quella che comincia adesso non è una nuova indagine su Calciopoli, ma la vera indagine, perché "allora non ce ne fu nessuna e di nessun tipo".
Tanto per non lasciare spazio ad equivoci, l'avvocato Benedetto parla espressamente di farsa, specificando che "ognuno aveva una parte preordinata e l'ha recitata pedissequamente". Analogamente di farsa ha parlato anche Bergamo prima di essere interrogato da Palazzi.
Preso atto della chiarezza delle parole di personaggi così autorevoli e ricordato che a quella farsa la redazione di Ju29ro.com ha dedicato tanta di quella contro-informazione da ricavarci un libro (Che fine ha fatto la Juve? Calciopoli o Farsopoli?), è il momento di riflettere sul fatto che la vera Calciopoli comincia adesso: su come ci viene raccontata, sugli interessi in gioco, su come e quando è ipotizzabile che se ne venga a capo.

Quanto ai mezzi di informazione e al loro racconto, il contrasto netto tra Tuttosport e la Gazzetta è indicativo del contesto completamente diverso rispetto a quattro anni fa, quando la Gazzetta faceva da traino ("Moggiopoli", il più grave scandalo della storia del nostro calcio) e l'informazione era a senso unico. Anche sulla Gazzetta potremmo scrivere un libro con i nostri articoli di contro-informazione, qui ci limitiamo a osservare che il piccolo giornale sportivo di Milano, da grande moralizzatore che era nella recita dell'estate 2006, adesso rischia di diventare spettatore silenzioso, come in attesa di un giudizio che per forza di cose chiamerà in causa tutti gli attori di quella recita, e necessariamente anche la stessa Gazzetta.
I giornali di Torino (non solo Tuttosport, ma anche La Stampa) si sono smarcati da quelli di Milano (sul Corsera non c'è traccia neanche di un "francobollo" sulla riapertura di Calciopoli), a conferma che stavolta ci sono in gioco interessi contrastanti: il presidente Agnelli ha chiesto la revoca dello scudetto 2006 assegnato a tavolino all'Inter, in attesa di valutare se le risultanze del processo di Napoli consentiranno di invocare la revocazione delle decisioni di quattro anni fa, ex-art.39 del C.G.S., per riottenere i due scudetti; il presidente dell'Inter, come se non avesse capito, s'è chiesto cosa passi per la testa di Andrea Agnelli; su Tuttosport l'avvocato Benedetto va ancora oltre, dice che la restituzione degli scudetti sarebbe il minimo, sarebbe "un risarcimento indispensabile ma non sufficiente a coprire del tutto i danni di quelle sentenze".
Prima ancora di quantificare quei danni sul piano monetario (la Juve è una SpA quotata e qualche azionista potrebbe, sotto certe condizioni, chiedere conto alla proprietà) non si può fare a meno di riflettere sugli ultimi quattro campionati. Qualora l'ipotesi della revocazione trovasse supporto nelle sentenze attese a Napoli, appare evidente che la storia recente della nostra serie A andrebbe, se non riscritta, quantomeno asteriscata. Questo a Milano lo capiscono tutti, lo capisce anche il presidente dell'Inter, lo sanno benissimo alla RCS che edita la Gazzetta e intanto va in giro per il mondo a vendere il marchio e i successi dell'Inter degli ultimi quattro anni.

E' cominciata la vera indagine su Calciopoli e tutti dovremmo allora chiederci, pensando agli enormi interessi in gioco: se si riuscirà mai a venirne a capo: quanto tempo ci vorrà, visti i tempi biblici della nostra giustizia ordinaria; con quali strumenti giuridici, visto che l'ordinamento sportivo prevede sì la revocazione di sentenze passate in giudicato, ma passando dagli stessi organi giudicanti che della ipotizzata farsa sono stati protagonisti decisivi, del tutto sordi ai pochi, autorevoli allarmi sullo stravolgimento delle regole del giusto processo.
Quanto alla nostra redazione siamo stati tra i primi a lanciare l'allarme che si rischiava di finire nel caos; quell'allarme oggi va reiterato, e così pure il pericolo che la storia degli ultimi quattro anni del calcio nostrano finisca per Tribunali. Si può scongiurare oggi questo pericolo, prescindendo dalle varie ipotesi che si possono fare sul percorso della giustizia ordinaria a Napoli?
Forse sì: di sicuro tocca alla Figc trovare la possibile soluzione, posto che ci sia. Potrebbe aiutare il precedente della Commissione dei tre Saggi dell'estate 2006, inventata dal Commissario Rossi con la speranza, risultata poi vana, di lasciare il cerino acceso in mano d'altri; magari una Commissione che, senza sotterfugi, riconsideri il senso di tutte le intercettazioni, per valutare se veramente s'è trattato del più grave scandalo del nostro calcio. Una Commissione di Saggi, che operi con saggezza.