La telenovela dei diritti TV

calciotvQuella della vendita centralizzata dei diritti tv sembrava una storia facile da scrivere e a lieto fine: la legge Melandri aveva fissato dei "paletti" (non meno del 40% in parti uguali, il resto da suddividere in base ai meriti sportivi e ai bacini d'utenza) e alla Figc restava da determinare in dettaglio solo i criteri di calcolo; i soldi in gioco erano tanti (alla fine hanno sfiorato la cifra di un miliardo di euro) da far pronosticare a qualcuno che ce ne sarebbero stati di più per tutti rispetto al passato: una storia, appunto, da lieto fine.
Non è andata cosi. La legge, approvata nel 2007, è diventata operativa col campionato 2010-11, ma di quel miliardo restano ancora da ripartire 200 milioni: le società han dovuto farsi anticipare i soldi dalle banche, in Federazione è stato tutto un susseguirsi di liti e colpi di scena. Più che ad una storia a lieto fine stiamo assistendo ad una telenovela.

S'era capito subito, all'epoca presidente era Matarrese, che all'inseguimento di quel miliardo si andavano formando partiti e partitini, e che c'erano alleanze mosse solo da momentanei interessi di bottega; ne avevamo dato conto con l'inchiesta Vendita diritti tv: di tutto, di più". Ma la parte più interessante della telenovela s'è svolta nell'ultimo anno con la presidenza di Beretta, un manager fuori dai vecchi giochi della Lega, si diceva, non un Carraro, bensì un manager capace di ricondurre i venti presidenti della serie A a comportamenti più avveduti e manageriali: ma evidentemente non è stato così.
All'interno della Lega di serie A (che intanto s'era staccata dalla B a motivo dei costi della mutualità e non partecipa più al Consiglio Federale della Figc, contestandone il funzionamento che la equipara alla B e agli altri soggetti aventi diritto di voto) ci sono da tempo due blocchi (Juve, Milan, Inter, Roma e Napoli da un lato, le altre quindici dall'altro) che si stanno azzuffando, e non solo in senso metaforico, sui 200 milioni relativi ai bacini d'utenza. Le quindici "non grandi" hanno 'imposto' una delibera che rivoluziona i dati sulla ripartizione dei tifosi come eravamo abituati a leggerla nelle tradizionali indagini demoscopiche; lo scopo, dichiarato, era di accaparrarsi una fetta più consistente di quei milioni, rispetto ai 34 che i primi calcoli assegnavano loro; il risultato è stato il marasma che proviamo a riassumere.
Le cinque "grandi" si sono rivolte al Coni per invalidare la delibera, ma nel frattempo Beretta l'ha resa esecutiva; si è minacciato di far ricorso alla giustizia ordinaria in particolare nei confronti dello stesso Beretta; c'è un'assemblea di Lega che sta discutendo dell'argomento, cominciata il 16 maggio, riaggiornata più volte e tuttora in corso nella speranza di trovare una via d'uscita; a latere dell'Assemblea s'è formata una commissione di sei presidenti (tre per gruppo) e tre avvocati (della Juve, del Milan e dell'Udinese); le grandi puntano a scorporare dalla vendita centralizzata i pre e i dopo-partita per poterli vendere singolarmente; le altre quindici vogliono invece modificare gli attuali parametri di suddivisione, aumentando la quota da ripartire in parti uguali e privilegiando i risultati degli ultimi anni rispetto alla 'storia'. In commissione, infine e forse per "stanchezza", sarebbe maturata l'idea di proporre un aumento di 30 milioni della quota da assegnare alle quindici società "contestatrici".

E' facile prevedere che la telenovela in corso ci riserverà altre sorprese, specie se si considera che a breve la Lega deve approvare il bando relativo alla vendita per il triennio 2012-14 e che anche la Lega Pro è intenzionata a rivolgersi alla giustizia ordinaria perché non ha ottenuto dalla vendita dei diritti tv quanto si aspetta in termini di mutualità. E' difficile, però, immaginare quale possa essere il punto di equilibrio tra esigenze tanto contrapposte e nel frattempo, a completare l'opera, davanti al Tribunale Arbitrale dello Sport la Lega ha sostenuto che la legge Melandri è incostituzionale e va cambiata.

Un bel quadro, niente da dire; semmai viene da ridere ripensando al nuovo calcio pulito tanto caro a Matarrese e a quello manageriale che doveva essere la specialità di Beretta. Qualcosa, infine, si può aggiungere sulla Juve, che è risultata la più penalizzata rispetto alla situazione ante-legge Melandri.
C'è stata una prima fase nella quale la società era rappresentata in Lega da Cobolli Gigli e Blanc: era la fase dei partiti e partitini a caccia della fetta più grossa della torta da un miliardo, ma non ci risulta che i dirigenti bianconeri abbiano avuto fortuna come capipopolo, semmai hanno ricevuto tanti complimenti per lo stile e la compostezza nelle discussioni. Fatto sta che nella suddivisione relativa ai meriti sportivi è passata la delibera che assegna il 10% in base alla classifica delle varie squadre negli ultimi cinque campionati (!) iniziando dal 2005-06 (!!).
C'è stata poi una fase intermedia col solo Blanc (ed è quando s'è scatenata la buriana dei bacini d'utenza e delle indagini demoscopiche sui generis) ed ha infine preso il via quella attuale, che vede la presenza assidua del presidente Agnelli, spesso con l'avvocato Briamonte. Probabilmente ormai i margini di manovra sono ridotti, ma lo scenario di prospettiva sembra non escludere novità anche importanti: allora è sicuramente meglio che a rappresentare la società sia, per così dire, il 'proprietario', visto che gli interessi in gioco hanno a che fare con la voce fondamentale dei ricavi di una società di calcio.