ORRORI DI STAMPA: Tutti gli uomini del Presidente

orrori stampa Brutto periodo per i "diversamente onesti". La squadra rimedia figuracce sul campo (ultima la goduriosissima vittoria della Juventus a San Siro), la sentenza a Napoli è alle porte, dopo un processo che ha smontato una per una le loro convinzioni. E' immaginabile il fastidio dell'Onestissimo Presidente nerazzurro, fastidio che come al solito la stampa sportiva italiana non perde tempo a far suo. Questa volta analizzeremo un'intervista all'ex direttore del TG1 Gianni Riotta, il quale ci spiega qual è lo scudetto dell'Inter che "più ama" e un articolo di Fabio Monti sul Corriere che entra dentro "all'antipatico" periodo nerazzurro.

Gianni Riotta: "L'Inter, Moratti, Mou e il mio scudetto '06..." - fc internews.it, 31/10/2011.
Di solito in questa rubrica non prendiamo mai in analisi materiale proveniente da aggregatori di notizie dedicati a questa o quella squadra, figuriamoci quelli dedicati alla squadra "nerassurra". Ma questa volta ho voluto fare un'eccezione per lo "spessore" del personaggio intervistato. Trattasi di Gianni Riotta, noto giornalista già inviato de 'La Stampa', de 'l'Espresso', corrispondente per giornali esteri come 'New York Times' e 'Washington Post', nonché ex vice-direttore del 'Corriere della Sera', ex direttore del Tg1 e del 'Sole 24 Ore'. Uno che un po' di esperienza ce l'ha, insomma. Intervistato a proposito del momento dell'Inter, sua squadra del cuore, anche il caro Riotta dimostra di non considerare i processi che vanno a smontare le sue granitiche convinzioni da tifoso, in barba alla decennale esperienza. E l'andazzo lo si capisce subito: alla domanda su quale partita vorrebbe cancellare, l'ex direttore di uno dei Tg1 più contestati degli ultimi anni risponde: "Tutte quelle in cui non si perdeva sul campo, ma per la corruzione e i trucchi all’italiana". Sinceramente faccio fatica a comprendere a cosa si riferisca: intende i campionati persi al fotofinish affondando sul campo di squadre che non avevano più molto da chiedere, o i campionati in cui tutti parlavano con i designatori esercitando pressioni più o meno forti? Proprio quelli dove, in occasione di Inter-Juventus, il designatore chiedeva all'arbitro di avere particolare attenzione verso chi "è dietro". Criptico questo Riotta. Ma in occasione della domanda sul bistrattatissimo scudetto di cartone il prode Gianni dà il meglio di sé: "Lo scudetto del 2006, vinto sul campo come sempre nello sport quando la squalifica colpisce chi ti precede, è – dei nostri – quello che più amo: lo scudetto dell’onestà dopo tanti danni, e non solo all’Inter, in anni bui per il calcio italiano". Solito copione interista, anzi direi morattiano. Lo scudetto che "più amo". Ma quello che sconcerta non è l'idea (altamente prevedibile), ma che un giornalista con un curriculum così possa tapparsi occhi e orecchie continuando a sostenere l'insostenibile. Ripeto: non chiedo di recitare a mo' di rosario l'arringa di Prioreschi, ma quantomeno di ammettere la bestialità di quell'assegnazione di fronte alle prove che nel 2006 erano state "oggettivamente occultate". Sarebbe una questione di deontologia e rispetto dei fatti, cose un po' marginali per la stampa italiana. E continua sui rapporti tra Inter e Gazzetta: "Sono certo che il presidente legge ancora la 'Gazzetta', d’altronde – da vecchio giornalista – faccio il tifo affinché si leggano i giornali, che però devono sempre essere equanimi". Siamo certi anche noi di questo. D'altronde si sa che la Gazzetta è un giornale "amico", e fa niente se c'è stata quella polemica con il direttore Monti. Nelle migliori famiglie ci sono piccole scaramucce. Sull'equanimità avrei qualcosa da ridire, ma è comprensibile che nella mente di un interista il piccolo giornale rosa sia garanzia di pesi e misure. Peccato che il mondo reale sia altra cosa. Degne di nota le affermazioni su Moratti che ha "dato all’Inter qualcosa come mezzo miliardo di euro (700 milioni di dollari): cosa doveva fare di più?" e che Riotta conosce personalmente definendolo uno che "sa tutto di energia, ambiente ed economia". Visto che non si sbagliava chi lo definiva il "petroliere ecologista"? In definitiva nulla di nuovo sotto il sole. Questa intervista fa risaltare il pensiero dell'interista medio: lo scudetto del 2006 è un sacrosanto atto di giustizia, il Presidente non poteva fare di più per l'Inter, 'perdevamo perché i gobbi cattivi rubavano'. In realtà la situazione emblematica è rappresentata dal fatto che anche giornalisti navigati come Riotta (e molti altri suoi colleghi) dimentichino ancora una volta la realtà dei fatti a favore del proprio tifo, dopo tutto quello che ha svelato il processo di Napoli. Sarà l'avvicinarsi della sentenza, ma come fa ad essere credibile una stampa che continua compatta a viaggiare coi paraocchi? Per tanti versi questo rapporto stampa/tifo ricorda tanto quello tra sistema calcio e potere economico che abbiamo notato analizzando a fondo le intercettazioni, vecchie e nuove. Ed inevitabilmente entrambe le cose perdono di imparzialità. Però è curioso notare come Farsopoli sia un fattore unificante per gli italiani proprio come la tv e il calcio. Pensiamo a Riotta e a qualcuno dei tanti giornalisti che hanno per anni criticato il suo TG1 (Travaglio su tutti): quando si parla di Moggi si realizza una vera e propria concordia ordinum. Andrà a finire che i nostri politici, non sapendo più che pesci pigliare, si inventeranno un nuovo "compromesso storico" fondato sull'indignazione popolare per il "sequestro Paparesta".

31 Ottobre 2011 - Corriere della Sera - "Disastro Inter: una squadra senza capo né colpa" di Fabio Monti.
Tiene banco la crisi dell'Inter in campionato, la tensione in casa nerazzurra è alta come non mai. Al termine della partita con la Juve alcuni tifosi sono arrivati addirittura a contestare il presidente Moratti. Serve tornare alla calma, serve fare chiarezza. E chi meglio di Fabio Monti può fare un'analisi lucida e moderata del momento terribile dell'Inter? E allora sul Corriere della Sera di lunedì 31 ottobre ecco che il giornalista esperto di affari nerazzurri fa il punto della situazione.
Ci va pesante già nel titolo, però è interessante leggere anche l'occhiello, perché rende un po' l'idea di quale sarà l'antifona da qui in avanti:
"La caduta. Situazione disperata, ma nessuno (a parte Moratti) sembra rendersene conto. Maicon (stiramento) fuori un mese".
Primo avviso ai naviganti: vediamo di invertire la rotta che il Presidente è già abbastanza nervoso...
Anche se non traspare dalle dichiarazioni del dopopartita, come fa notare Monti: "A stupire non sono certo le parole di Moratti, l'unico che si espone sempre, ma l'atteggiamento generale di chi ha in mano l'Inter. Della società non si hanno notizie; di certo, non appena il presidente è stato costretto a ridurre gli investimenti, le strategie di mercato sono apparse inadeguate alle esigenze della squadra e del momento. Tutti fenomeni per anni con i milioni di Moratti, quando si rincorrevano le telefonate notturne per avallare l'acquisto di Quaresma (agosto 2008); tutti senza idee, non appena si è trattato di rinnovare la squadra con minori investimenti."
Ecco, qui entriamo proprio nel cuore della questione. Il concetto è duplice, come duplici sono anche il messaggio e il destinatario:
1) Alla società Inter: cari signori, il Presidente è stufo e non ha più la disponibilità di buttare soldi dalla finestra. Vediamo di cominciare a fare risultato e magari anche di far quadrare un po' i conti, che i cordoni della borsa da adesso saranno tirati come corde di pianoforte. E badate bene che le responsabilità adesso le scarichiamo tutte sulle vostre spalle.
2) Ai tifosi: è inutile prendersela con Moratti. Lui ama l'Inter, è uno come voi, l'unico che ci mette sempre la faccia e i soldi. Ma dove lo trovate un altro presidente che nel bene o nel male vi rilascia sempre l'intervista sotto il suo ufficio, prendendosi anche responsabilità non sue? Non è mica colpa sua se le cose vanno male: prima, si sa, c'era la "banda di truffatori", ora invece è colpa di quelli che stanno in società.
Siamo d'accordo, tutti bravi a fare la squadra quando hai un fondo illimitato che ti permettere di comprare accanto ai mediocri anche qualche campione, mentre poi nei momenti di ristrettezza bisogna dimostrare davvero la forza di una società. Certo, signor Monti, però sono bravi anche tutti a coprire di elogi Quaresma dopo un gol presentandolo come nuovo fenomeno e marciarci per una settimana intera, con la ormai mitica "trivela", salvo poi rimangiarsi tutto la partita dopo...
E comunque non è poi tanto facile operare sapendo di dover necessariamente rinunciare ogni anno a un prezzo pregiato della rosa per arginare le perdite di bilancio. Chiaramente la qualità della rosa così si abbassa, ma ciò è dovuto a una scelta di carattere prettamente economico e non tecnico. Inoltre teniamo presente che di investimenti faraonici da un po' di tempo non si ha traccia, conseguenza diretta di un bilancio strozzato dagli altissimi costi di gestione. Non è forse responsabile Moratti se gente del calibro di Samuel e Chivu (tanto per fare due nomi), già over 30, hanno contratti che superano i 3 milioni netti all'anno?
Prosegue poi nel pezzo l'elenco degli acquisti poi rivelatisi infruttuosi negli anni recenti dell'Inter. Sicuramente grossi errori. Ma da qui a far passare Moratti per un ingenuo che si è affidato a una società di incompetenti ce ne corre. Tra l'altro il Presidente i suoi sfizi se li è sempre tolti e non di rado si sono rivelati anch'essi colpi poco azzeccati, basti pensare al più celebre dei suoi "pupilli", il Chino Recoba.
Un Moratti che, ricordiamo, essendo presidente, è anche responsabile dell'operato della sua società. Ecco un esempio calzante:
"Bisognerebbe anche capire perché i giocatori continuino a farsi male (l'ultimo, Maicon, starà fermo un mese, per stiramento al bicipite femorale sinistro), nonostante uno staff di medici, tecnici, preparatori atletici, fisioterapisti più numeroso di una squadra di football americano. Una mobilitazione da sbarco sulla Luna, senza che non si arrivi mai a qualcosa di concreto".
Monti a questo punto potrebbe portare avanti il ragionamento per arrivare a dedurre che il continuo cambiamento dello staff tecnico all'Inter e probabilmente dovuto anche al vizio di Moratti di cambiare allenatori su allenatori, ognuno dei quali ovviamente ha il suo seguito di fedelissimi collaboratori. Un vizio che poi comporta inevitabilmente delle ripercussioni a livello di spogliatoio. Ma nuovamente il giornalista del Corriere preferisce trattare i problemi come fossero due questioni a sé stanti:"Quanto ai giocatori, c'è chi comanda troppo, risulta inamovibile e condiziona le scelte e chi dovrebbe ricordarsi che cosa significhi giocare nell' Inter. Non basta presentarsi puntuali ad Appiano, bisognerebbe anche essere un po' più professionali. E anche in questo caso la società è assente o preferisce non intervenire".
Certamente. Peccato che, quando decide di intervenire, in questi casi la società lo fa attraverso Moratti in prima persona. Il caso Benitez è un esempio lampante in cui il comportamento poco professionale dei giocatori viene legittimato dal presidente della società che esonera l'allenatore. Se quindi da una parte Monti obietta che la società non interviene, bisogna anche notare che Massimo Moratti non è esattamente il tipo da starsene in disparte senza metter bocca nella gestione della sua società, anzi tutt'altro.
Eppure dall'articolo di Monti emerge un ritratto alquanto differente, di un presidente un po' fessacchiotto che mette i soldi e la faccia senza contar nulla. Che si affida ad una società di pusillanimi che sperperano il patrimonio messo loro a disposizione e poi si nascondono. Quando fu proprio quella stessa società, per esempio, ad avere la forza di imporre a Mourinho le scelte di Lucio e Sneijder al posto di Deco e Carvalho, maggiormente graditi all'allenatore portoghese. Una società che adesso si ritrova con gli stessi problemi che hanno sempre caratterizzato l'Inter di Moratti, salvo che nei quattro anni post Calciopoli. Problemi non di oggi ma vecchi di vent'anni.
Niente da fare, Fabio Monti ha sposato definitivamente questa immagine, un po' poetica e un po' grottesca in questa situazione:"Dopo Moratti, il deserto. E, nel deserto, la lotta per sopravvivere".
Chiude come aveva iniziato, e d'altra parte l'obiettivo di questo articolo era chiaro fin da subito. A buon intenditor poche parole, quelle di Piero Ostellino.