Buffon e gli altri: quando la fantasia mediatica vince sulla dignità della persona

rassegna stampa

Già si era su una pessima strada, ma ora con tutto quel che si è sputato addosso a Buffon, a Bonucci e a parecchi altri sembra essersi davvero passato ogni limite.
La vicenda di Buffon ha davvero del paradossale: per tempi, modi e sostanza.

A dicembre, facendo seguito a notizie pubblicate su ‘La Stampa’ (quelle dell’intercettazione Santoni-Ernandes, ove in realtà si citava semplicemente Buffon senza accusarlo di nulla, ma era un nome arrapante da sparare in pasto al pubblico), visto che i quotidiani sono il truogolo cui ormai si pasce chi è/sarebbe deputato a perseguire scopi di giustizia (ordinaria o sportiva, qua non si nota la distinzione), il dott. Cesare Parodi, sostituto procuratore della Repubblica di Torino, chiede lumi alla Procura di Cremona. E’ fine dicembre, Di Martino risponde velocemente, a metà gennaio, ma quel pericoloso soggetto che risponde al nome di Gianluigi Buffon, sul quale peraltro Cremona non ha nulla da dire e sul conto del quale trasmette solo quell’assolutamente irrilevante intercettazione, viene lasciato libero di continuare i suoi altrettanto assolutamente presunti loschi traffici che datano dal 2010; segno che la Procura di Torino, che ricordiamo sempre tanto solerte nell’inseguire farmacie calcistiche e stadi a rischio crollo, tanto pericoloso non lo ritiene. Libero da pubblici sospetti fino a quando? Fino a che (e poi si chiacchiera che sia risibile parlare di giustizia ad orologeria) lo stesso Buffon, riflettendo su certi ultimi accadimenti, lancia, con la sua consueta schiettezza, un grido d’allarme sul fatto che le novità sul fronte giudiziario si vengano a sapere, anche da parte dei diretti interessati, e con largo intrigante anticipo, dai media; e rivendica inoltre il suo sacrosanto diritto ad esprimere i ‘suoi’ pensieri, quelli di Gigi Buffon, senza subire paternali: li si può condividere o meno, naturalmente, ma certo vanno rispettati, come il ‘suo’ personale punto di vista.

E allora i media, punti nel vivo, tirano fuori l’asso nella manica: l’informativa della Guardia di Finanza, trasmessa da Torino a Cremona a ‘meri fini conoscitivi’ e che alle carte della Procura lombarda era rimasta allegata.
Quello che nell’informativa era solo un possibile spunto investigativo diventa certezza: Buffon scommette, e per di più certamente sul calcio, e si cominciano a ipotizzare le pene, sulla falsariga di quanto accaduto qualche giorno prima per Conte. Il che naturalmente ha in qualche modo indotto il legale del portiere a fornire a chi era tanto povero di immaginazione una serie di ipotesi ed esempi di altri utilizzi di quel denaro fatto arrivare da Gigi all’amico Alfieri, che è titolare di una tabaccheria-ricevitoria, facente parte di un circuito assolutamente legale. Per esempio l’acquisto di orologi o beni immobili o altro: a dimostrazione di come, in assenza di un qualsiasi concreto indizio di condotta trasgressiva, uno possa essere indotto a rivelare pubblicamente i fatti suoi. A prescindere dal fatto che Buffon avrebbe anche potuto scommettere tranquillamente quei soldi, su altri sport o qualsiasi altro evento di qualunque genere. Fatti suoi, se permettete.

Eh no, troppo comodo. A bacchettarlo è arrivato, su Sky Sport, Mario Sconcerti, nel dopo Italia-Russia, stigmatizzando il fatto che sarebbe riprovevole che il portiere della Nazionale avesse il vizio del gioco (senza naturalmente ancora prova alcuna che quei soldi fossero stati veramente giocati, e in ogni caso erano suoi e non di Mario Sconcerti) e che forse il portierone bianconero, se è posseduto da questo demone, farebbe bene a pensare di farsi curare in proposito. Perché certo moralismo non può perdonare a Gigi che, in tempi di crisi, dove molti fanno fatica a sbarcare il lunario, lui butti oltre un milione e mezzo di euro così. Ora, a prescindere che ‘il così’ sinora è pura fantasia, e che il denaro può essere usato anche a scopi utili, la risposta giusta l’ha data lo stesso Gigi: ‘Coi miei soldi faccio quello che voglio’; in effetti nell’ambito della legalità (niente traffico di armi o droga) e della legislazione sportiva (niente partite ufficiali Figc-Uefa-Fifa) lui, come qualsiasi altro calciatore, è libero di fare dei suoi soldi ciò che gli pare, senza subire paternali (e l’aveva pur detto): giocarseli a Lottomatica, farsi un letto tutto d’oro o anche usarli come carta igienica, quando non sarà più possibile usare qualche quotidiano inghiottito dalla crisi delle vendite. Che poi i guadagni del calciatori siano spropositatamente alti è un altro discorso; che può essere condivisibile e non riguarda solo i calciatori, ma anche politici, alti gradi delle istituzioni, personaggi del mondo dello spettacolo e parecchie altre categorie. Ma questa è un’altra storia: quella di un mondo da sempre (e anche gli illusi come me cominciano a temere ‘per sempre’) dominato dall’ingiustizia sociale: per dirla con quella nota frase, che la vulgata popolare attribuisce a Gabriel Garcia Marquez, ‘el día que la mierda tenga algún valor, los pobres nacerán sin culo’.
Il fatto di essere in ottima forma, ricco, famoso, appagato a livello professionale e familiare, non toglie a Buffon il diritto di fare quel che vuole dei suoi averi senza essere costretto a renderne conto ai media.
A parte la bacchettata sulle dita per aver dato adito a pensare di aver fatto (non ‘per aver fatto’, ad ora) ciò che milioni di italiani fanno, con cifre sopportabili dalle loro entrate, per Buffon c’è dell’altro: allarmata da queste voci che ne fanno un incallito giocatore su chissaché, la Guardia di Finanza di Parma (su delega degli zelanti colleghi di Torino) si è fiondata di botto in via Garibaldi a perquisire la tabaccheria-ricevitoria di Massimo Alfieri; sì, di Massimo Alfieri, anche se ‘La Stampa’ titola ‘Scommesse, i finanzieri nella ricevitoria di Buffon’.

E da Maurizio Galdi, sempre ben informato su vicende di questo tipo, apprendiamo che la Procura federale aprirà un fascicolo su di lui. Anche se non è indagato di nulla e non c’è alcun indizio che abbia scommesso, nemmeno una schedina del Superenalotto. E anche se fosse.
E ad avvisarlo è la Gazzetta, che detta anche i tempi: dopo gli Europei, perché s’è visto anche contro la Russia che senza Gigi l’Italia si gioca anche le minime possibilità che potrebbe avere.
I titoli dei giornali si sprecano e resteranno nell’immaginario popolare, come quelli del 2006. Quando tutto sarà finito, e chissà quando, quando si sarà frugato ben bene nella vita privata di Buffon e si scoprisse che non c’era niente di rilevante a livello di giustizia sportiva o ordinaria, tutto ciò rimarrà nella memoria da elefante dell’immaginario popolare. E Gigi rimarrà chiuso con Paparesta nello stanzino di Reggio Calabria, con ben strette nelle mani le ricevute delle sue giocate: magari anche su quel pareggio di Juve-Lecce determinato dalla sua papera finale.
Fin qui Gigi. Ma è in buona compagnia.

Prendiamo Bonucci, tanto per rimanere in casa nostra.
Si è dissertato ad abundantiam sul fatto che Criscito sia stato spedito a casa dalla Nazionale e Bonucci no. A prescindere dal fatto che la decisione finale credo l’abbia presa Prandelli, forse timoroso del fatto che la situazione di indagato, per un ragazzo che tutti conoscono moralmente pulito come Mimmo Criscito, potesse essere destabilizzante sul piano psicologico: anche se stare col gruppo avrebbe anche potuto giovargli, il dover sceglierne 23 ha indotto il ct a non rischiare e a convocare chi gli dava più garanzie. A Criscito si può solo augurare di dimostrare la sua assoluta estraneità ai fatti addebitatigli: ha solo 25 anni e una carriera davanti.
Ma, tolto ciò, le due posizioni erano e sono, al momento, diverse: Criscito ha ricevuto un’informazione di garanzia accompagnata da perquisizione (esattamente come Conte), Bonucci no: sinora è solo stato sentito a Bari come persona informata dei fatti, ha dato le sue risposte e il verbale è stato secretato; per cui lo stesso Bonucci, come riferito dal suo legale, evita di riferirne i contenuti.

Ah sì? E allora entrano in campo coloro che tutto sanno prima, coloro per cui le stanze delle Procure non hanno segreti; Ceniti-Perna sulla Gazzetta, Foschini-Mensurati su ‘La Repubblica’ e Chiocci-Malpica su ‘Il Giornale’ ci hanno di buon mattino informato che gli inquirenti volevano perquisire anche Bonucci: “Una nota dello Sco (Servizio Centrale Operativo, un Servizio della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, ndr), depositata il 27 aprile come integrazione dell’ultima informativa, rivela che gli inquirenti volevano perquisire anche Leonardo Bonucci. Un «dettaglio» che aggiunge elementi alla polemica sull’incredibile differente valutazione che la Figc ha fatto per Criscito - indagato, perquisito e cacciato dalla nazionale - e per Bonucci – indagato, rimasto agli Europei perché non perquisito. La richiesta di perquisizione rende ancora più sovrapponibile la posizione dei due. Il nome di Bonucci, indagato a Cremona, è al primo posto nell’elenco di 21 persone per le quali sui chiede «l’emissione di decreti di perquisizione» per «favorire l’acquisizione di elementi utili alle indagini»”. Così ‘Il Giornale’: senza chiedersi se il pm Di Martino non abbia avuto le sue buone ragioni per soprassedere e passare per Leo la palla a Bari, che lo aveva sentito.

Ma allora intervengono la rosea e ‘La Repubblica’ a spiegarci che comunque la posizione di Bonucci è ben più grave di quella di Criscito: e ci viene spiattellato un verbale (chi riuscirà mai a mettere un lucchetto alle Procure-colabrodo?) da cui si evince che Bonucci è sicuramente colpevole, le accuse sono precise e circostanziate e vengono da una fonte che ormai sembra avere più credibilità di qualsiasi bibbia: diamine, lo dice, un pentito, Andrea Masiello. Dopo essersi venduto tante partite, mica avrà potuto vendersi anche un ex compagno di squadra!
E c’è anche la sentenza sportiva anticipata per Bonucci, tanto per agevolare Palazzi: tre anni.

Si potrebbe continuare con esempi relativi ad altri tesserati, lapidati a vario titolo sui media prima ancora che la giustizia, soprattutto quella ordinaria che ha ritmi più cadenzati, dica la sua. L’importante è dare suggerimenti al rapido Palazzi, perché si tratta di calciatori e per rovinar loro vita e carriera è sufficiente una squalifica esemplare, col bollino di mela marcia. Se si rivelerà un errore, pazienza, la fretta era per il bene del calcio italiano; e ai danneggiati non si chiederà mai scusa, come accaduto alla Juve nel 2006. E poi, come la Juve, si potranno chiedere i risarcimenti, ma per certi danni sarà sempre e comunque troppo tardi.

 

Twitter: @carmenvanetti