La confusa idea di giustizia del presidente Petrucci

Petrucci(Libero 14-12-2012)

Un’immagine più emblematica di quell’unico spettatore friulano presente a Marassi per Samp-Udinese (partita di Serie A, ndt) non poteva esserci: è la dimostrazione di quanto poco si sia fatto per rendere meno povera l’attenzione alla Coppa Italia, attraente solo per semifinali e finale; gli orari notturni in questi giorni di gelo condizionano infatti i partecipanti, è grande la paura di infortuni muscolari (vedi Juve-Cagliari) al punto che le squadre fanno scendere in campo riserve e giovani all’esordio (esempio Siena-Torino). La conseguenza ovvia è la mancanza di pubblico e spettacolo. Non fa testo il pubblico dello Juventus Stadium, un tributo personale a Conte.

Ebbene, sino ad ora, sembra che nessuno abbia pensato ad eliminare almeno gran parte di questi problemi: cambiare ad esempio gli orari soprattutto nel periodo invernale, magari anche contro il volere delle tv, far giocare le grandi (o presunte) nel campo delle presunte piccole: pensate alla differenza di un Milan-Reggina giocata a Reggio Calabria.

E non sarebbe certamente male concedere alla vincitrice della Coppa Italia le prerogative della terza squadra classificata (accesso ai preliminari di Champions) considerando anche che le prime tre sono quasi sempre le squadre più forti. L’Uefa potrebbe non essere d’accordo (anzi, non lo sarà affatto) ma, considerando che non viene incrementato il numero delle partecipanti, sempre 2 più 1, una piccola diatriba con l’Uefa, non guasterebbe, fermo restando che ne guadagnerebbe in immagine la Coppa Italia.

Parla e straparla Petrucci, come se volesse lasciare un testamento, all’atto del suo addio all’incarico. Commenti severi sono già giunti alle sue ultime esternazioni, il cui contenuto appare in bilico tra contraddittorietà da una parte e una sostanziale vacuità dall’altra, ridicolaggini secondo Xavier Jacobelli, conclusioni ad uso e consumo proprio, in contrasto con verità processuali acclarate, sullo sfondo la visione miope di sempre - il calcio fermo al 2006 - ma anche, udite udite, il dispregio dell’istituzione giudiziaria.

Non altrimenti si può definire la visione di Petrucci di una giustizia sportiva che ha fatto meglio della magistratura, perché quella ne sanzionò tanti e questa li ha assolti; non sembra venire alla mente del capo del Coni la verità più elementare, che la giustizia sportiva sbagliò non concedendo la possibilità alla difesa di portare le prove che sono emerse nel dibattimento ordinario e che ora finalmente i giudici stanno restituendo i fatti alla loro verità.

Ed è veramente risibile che, dopo aver esaltato la giustizia sportiva, Petrucci le dia subito dopo un colpo da ko: deve essere infatti riformata, soprattutto per lo spazio che debbono avere le difese. Cosa significa? Che nell’affastellarsi di dichiarazioni il presidente del Coni non sa più quello che dice. O, riconoscendogli le attenuanti, ha perso un’occasione per stare zitto.

Ne ha dette grosse anche sullo scudetto 2006 (secondo lui sarebbe ormai vicenda chiusa, ed invece è del tutto aperta) e sul “tavolo della pace”, colossale fallimento, che però nella visione onirica di Petrucci sarebbe stato un successo, e avrebbe messo pace tra Juve e Inter. Niente di tutto questo. C’è da chiedersi in quale mondo viva adesso Petrucci, il presidente del Coni finalmente uscente.