Dove non riescono i cannoni, sono più utili le diplomazie

AgnelliImportante settimana questa per coloro che seguono le vicende di politica sportiva. E' infatti la settimana dominata dalla rielezione di Giancarlo Abete a Presidente della FIGC. Agli osservatori più attenti non è sfuggita la circostanza dell'unanimità con la quale la Lega di Serie A ha votato per la conferma di Abete. Alcuni club, infatti, in particolare la Juventus, si erano dichiarati apertamente sfavorevoli al rinnovo del mandato, giudicando fallimentare il primo appena trascorso e iniziato subito dopo il terremoto di Calciopoli, nonché i brevi interregni di Guido Rossi e Pancalli.

Molti addetti ai lavori, ma anche molti tifosi della Juventus, si aspettavano ad esempio una chiara presa di posizione di Andrea Agnelli contro la rielezione di Abete. In effetti il presidente juventino ne aveva spesso stigmatizzato l'operato, l'ultima volta proprio in alcune interviste rilasciate prima di Natale, in particolare, ovviamente, con riferimento alle questioni della giustizia sportiva. Cosa è successo dunque nelle ultime settimane per determinare questo repentino cambio di rotta di Andrea Agnelli? La rielezione di Abete può costituire un sotterramento dell'ascia di guerra nei confronti di una Federazione verso la quale, non dimentichiamolo, la Juventus ha in ballo diverse iniziative giudiziarie con riferimento ancora alle vicende di Calciopoli?

Su questo punto bisognerebbe ovviamente ascoltare il Presidente. Nel mio piccolo, io mi limito invece a fare alcune riflessioni a ruota libera, premettendo a beneficio del lettore che nell'ambito della politica sportiva non sempre ciò che accade appare lineare, e non sempre le strategie perseguite dai club possono essere apprezzate negli effetti di breve termine. In particolare, per quanto riguarda la votazione del presidente federale, la situazione è più complessa di quanto possa sembrare osservando i fatti dall'esterno. Infatti nell'esaminare i voti delle singole componenti (Lega A, Lega B, Dilettanti, AIA, etc.) normalmente il voto della Lega di Serie A viene considerato una specie di voto di Gruppo, inteso come posizione condivisa di tutta la Lega e non delle singole squadre che la compongono. Il problema si è posto perché in teoria si sarebbe dovuti andare a questa votazione con i problemi in Lega già risolti, con un unico portavoce e con una discussione in merito fatta in via anticipata. Il caos vigente attualmente in Lega ha di fatto impedito che ciò potesse avvenire naturalmente e si è giunti alla votazione di Abete con quest'ultimo unico candidato e con timidi tentativi, ad opera soprattutto di Lotito, di proporre un candidato alternativo, nella persona di Tavecchio, di cui invitiamo i lettori ad approfondire la biografia.

A quel punto effettivamente la Juventus avrebbe potuto votare contro oppure astenersi, ma in realtà, al di là della velleitarietà del gesto, la mia impressione è che la società abbia deciso di uniformarsi a quella che era stata la decisione presa all'unanimità dagli altri Club proprio per permettere alla Lega di A di apparire compatta, in vista soprattutto delle importanti decisioni che tra pochi giorni si dovranno affrontare proprio in merito alla "governance" della Lega stessa. E' su quel terreno infatti che la Juventus sta giocando molte delle sue carte per recuperare posizioni nell'ambito del "Palazzo", in una battaglia che la vede contrapposta in particolare al presidente della Lazio, Lotito e all'amministratore delegato del Milan, Galliani.

La Juventus, uscita distrutta politicamente dalle ceneri di Calciopoli, dopo aver perso quattro anni con Cobolli e Blanc, ha iniziato nel 2010 un lento processo di rinnovamento che ha impattato finora la parte manageriale e amministrativa, nonché quella tecnico-sportiva. E i risultati sembrano dare ragione ad Andrea Agnelli. La seconda fase, a mio parere, prevede ora un salto di qualità con riferimento alle politiche federali e di Lega, anche in vista dei prossimi anni che saranno caratterizzati da importanti eventi, in particolare la nuova gara per la negoziazione dei diritti televisivi collettivi e il relativo criterio di ripartizione. Ecco che quindi, ragionevolmente, la società potrebbe aver scelto di dedicarsi principalmente alle battaglie da condurre in Lega, dove nelle prossime settimane, in mancanza di un accordo, potrebbe accadere che la FIGC sia costretta a inviare un Commissario Straordinario.

Secondo quanto riportato da fonti autorevoli, nella riunione di lunedì pare che Andrea Agnelli abbia confermato le critiche ad Abete per il mandato precedente, ma che tra le righe gli abbia chiesto appoggio per portare a termine le necessarie riforme in Lega, dove Lotito e Galliani in particolare vorrebbero una proroga di Beretta, mentre Juventus e altri sarebbero per un "governo tecnico" (si è fatto il nome di Brunelli, il Direttore Generale) che possa procedere innanzitutto alla stesura del Nuovo Statuto e successivamente fare da guida verso l'auspicato rinnovamento. Una Juventus quindi interessata soprattutto a riposizionarsi politicamente in Lega, per avere più peso nelle questioni economiche, ma anche per poter incidere più efficacemente, negli anni futuri, sulla Federcalcio.

E' una scelta manageriale che si può condividere o meno e i cui effetti non possiamo giudicare oggi. Andrea Agnelli ha evitato di salire sugli scudi con una velleitaria scheda bianca o un voto contrario, ma contestualmente avrebbe comunque confermato alle istituzioni federali che i ricorsi aperti rimangono tali. E che le orecchie e gli occhi sono sempre puntati su quello che accade a Napoli, in Tribunale. E' ovvio che le riforme auspicate dalla Juventus sono indispensabili per il calcio italiano. Ed è evidente che la Juventus, che in questi anni è tornata ad essere il "benchmark" da seguire in Italia, non può permettersi di vederle realizzate stando all'opposizione. Oppure limitandosi ad un ruolo da comprimaria. Peraltro il concetto di opposizione è prettamente "politico" e non si addice certamente allo sport in generale, e al calcio in particolare. L'obiettivo della Juventus, quindi, è quello di cambiare il calcio dall'interno, agendo da protagonista. Ed è evidente che questa ambizione non può essere barattata con la sterile soddisfazione di aver fatto una pernacchia al rieletto presidente federale. A volte dove non riescono i cannoni sono più utili le diplomazie.