Il sentimento popolare

L'ascesa di Carlo Tavecchio al "Soglio federalizio" ha lasciato in sospeso una questione che, a mio giudizio, merita di essere approfondita. La feroce campagna di stampa che ne chiedeva il ritiro della candidatura dopo l'uscita razzista ha miseramente fallito e nemmeno la scoperta e il riemergere di vecchie dichiarazioni persino peggiori sono servite a dissuadere la cordata che lo ha voluto a capo della “nuova” Federazione (in realtà sono praticamente gli stessi consiglieri di 3 mesi fa). Se si esclude Mediaset, per motivi che persino Auricchio avrebbe vergogna a negare questa volta, tutti gli altri principali organi di stampa, pur tardivamente, si erano accorti che l'ex Presidente della Lega Dilettanti non era la persona più indicata a guidare l'intero calcio italiano, soprattutto ora che si avrebbe bisogno di ben altre carature. E che Tavecchio non sia adeguato a questo compito lo sa benissimo anche chi sul trono ce lo ha messo o ne ha appoggiato l'elezione, anzi sono portato a pensare, con una certa malignità, che sia stato scelto apposta proprio lui.

Da SkySport a Repubblica, dalla Gazzetta al Corriere della Sera, persino la RAI si era unita al coro di proteste affinché i grandi elettori della FIGC non affidassero la principale poltrona federale al ragioniere di Ponte Lambro, eppure un attacco del genere non è riuscito a far recedere dall'intento le varie componenti dell'Assemblea elettiva dell'11 agosto scorso.
Il sentimento popolare, questa volta, non è bastato. Non credo serva dare ulteriori indizi, oltre quest'ultima frase, per far capire quale sia la ragione di questo parallelismo. Lungi da me l'idea di paragonare il battage mediatico del 2006 alle pur caparbie critiche verso Tavecchio di questa estate; è altrettanto giusto ammettere, però, che il prestigio dei giornalisti e degli opinion makers ha subìto un discreto declassamento. A corollario di quanto accaduto mi sento di dire che non sono certo i giornalisti e l'orientata opinione pubblica a stabilire quando e quanto uno scandalo debba influire sulla carriera e sulla vita di un personaggio pubblico. Carlo Tavecchio, molto probabilmente, sarebbe diventato Presidente FIGC anche se avesse insultato il Presidente Napolitano o il Papa, perché così avevano deciso coloro che, ad oggi, detengono la maggioranza all'interno del Consiglio Federale. La domanda logicamente conseguente è chiedere chi, invece, ha deciso nel 2006 che un finto scandalo, basato su nulla, fosse sufficiente a spazzare via Moggi e Giraudo. E, per non fare la parte di quello che ha capito tutto, chiamerò le persone che hanno deciso in questo senso "l'Entità".

Nel 2006 (e anni precedenti) l'Entità ha paura, questi Moggi e Giraudo stanno costruendo una fortezza inespugnabile che rischia di accentrare troppo potere ed ottenere troppi successi, bisogna eliminarli dal calcio, il loro modello di sostenibilità finanziaria abbinato alla vincente competenza va azzerato e la Juventus affidata a dirigenti più vicini alle esigenze dell'Entità. Moggi e Giraudo, con il loro atteggiamento arrogante e strafottente nei confronti della concorrenza, aiutano inconsapevolmente l'Entità a trovare  terreno fertilissimo nel mondo del giornalismo. Gli opinion makers, quella volta, ebbero un successo sproporzionato se commisurato alla reale portata delle accuse (dopo 8 anni siamo ancora in attesa di scorgere del fumo dalla rivoltella), mentre il mondo del calcio, tramite la giustizia sportiva, non potè ignorare la campagna di stampa e lo ammise chiaramente: "Non abbiamo trovato nessun illecito, ma vi condanniamo perché ce lo chiede la gente". Il sentimento popolare, 8 anni fa, trionfò.

L'esperienza di questi ultimi anni in cui la Juventus è tornata a vincere ci ha fatto capire che non era questione di Moggi o Giraudo o della Fiat o degli Agnelli. La Juventus quando vince, ruba. Muntari è rimasto in Italia solo per dare l'opportunità di mostrare il suo non-gol ad ogni vigilia di Milan-Juventus, abbiamo recentemente scoperto che Pandev sa benissimo come si insulta uno juventino, Zeman ha praticamente smesso di fare l'allenatore, cosa che peraltro non gli riusciva granché bene, tanto guadagna di più a parlar male della Juve e con gli esempi potremmo riscrivere “Le mille e una notte”. Dagli anni prima di Calciopoli non è cambiato nulla, il sentimento popolare continua ad essere orientato nella medesima direzione, eppure la Juventus è tornata a vincere.

Il sentimento popolare, però, ha vinto solo 8 anni fa e, con atteggiamento disincantato, liberiamoci dunque dall'idea che un articolo di giornale, un editoriale di un direttore o l'insistente sovraesposizione mediatica di una moviola possa seriamente mettere a repentaglio una vittoria, uno o più scudetti, una dirigenza vincente. La vicenda dell'elezione di Tavecchio ce lo ha ricordato un'altra volta, l'Entità non consulta i giornalisti. Semmai se ne serve...

Giunti a questa consapevolezza non ci restano che due nodi da sciogliere. Il primo, più frivolo. Ed è, curiosamente, proprio il nuovo genio della comunicazione (Crazeology dixit) alias neo Presidente Federale a fornirci lo spunto. Intervistato dal Gr Parlamento, Tavecchio ha dovuto rispondere alle domande sulle imbarazzanti onnipresenze di Lotito: "Ma cosa significa accentrare troppo potere in una sola persona? La gestione non è di Lotito o di Tavecchio, ma collegiale. Lui incide secondo le sue competenze e prerogative. Le decisioni passano per il consiglio federale, c'è una gestione collegiale, le altre considerazioni sono di parte o interessate. E assicuro che negli spogliatoi ci sono soltanto Conte e Oriali, io non sono mai entrato, e in campo non si è visto un dirigente federale: in passato invece c'erano parenti e amici, e perfino le famiglie. Ai tempi di Calciopoli, durante l’Europeo in Portogallo, si portarono tutto ciò che si potevano portare." Vogliamo forse perdere del tempo a ricordare al Presidente che "ai tempi di Calciopoli" lui era già un membro importante del Consiglio Federale e che non ricordiamo affatto una sua levata di scudi contro questi poco chiari modi di fare, tenuti dalla presidenza federale di allora? Cosa vuoi rispondere alla massima carica federale che, per difendere il suo compare Lotito dagli attacchi di Marotta, non trova niente di meglio da dire se non un riferimento imprecisato, e poteva forse essere circostanziato, a Calciopoli? Solo perché Marotta è un dirigente della Juventus, ovviamente.

Ogni cosa riprovevole accaduta nel calcio italiano negli ultimi 20 anni è accaduta "ai tempi di Calciopoli", come se quella indagine abbia dimostrato chissà quali porcherie e scoperchiato chissà quali nefandezze. Agli orecchi del sentimento popolare, Calciopoli è il paradigma di tutti i mali del calcio, dici "Calciopoli" per intendere qualcosa di brutto accaduto negli anni '90-'00 in Italia, e la colpa è sempre di qualcosa di juventino. Questo ha fatto il sentimento popolare, è vero; ma ha fatto solo questo, né il sentimento popolare orientato dai mass media potrà fare di più. Dopo tutti questi anni, zeppi di dichiarazioni come queste, scopro la consapevolezza che non sarà Tavecchio a impedire in futuro alla Juventus di continuare a vincere, così come sono consapevole che non saranno le moviole ed i giudizi ammiccanti all'operato degli arbitri a creare le fondamenta per una nuova farsa. Non sono loro l'Entità.

Eccolo il secondo nodo da sciogliere, quello più importante: se non dobbiamo preoccuparci dei vari Zeman, Pif, Baudo, Travaglio, Gigi Simoni, De Paola ma piuttosto sorridere alle loro farneticazioni, che cosa ci facciamo ancora qui, ora che la strada per la restituzione dei due scudetti è sempre più impervia? E chi è l'Entità?
A che cosa serve stare qui a sbatterci per difendere i successi della nostra squadra del cuore se poi è solo il volere dell'Entità a stabilire l'ordine ed il disordine? Lo so, è triste tutto ciò, tuttavia la lotta intrapresa da Ju29ro.com ha permesso di avere  tifosi consci ed informati,  tifosi a cui è stato dato un megafono lì dove ogni microfono "stonato" era stato silenziato. Ed è proprio questa rinnovata consapevolezza l'obiettivo primario da continuare a perseguire affinché la nostra contro-informazione non sia uno sterile sfogo verso chi il giornalista lo fa di professione, nel senso peggiore del termine. Noi non possiamo combattere l'Entità, ma imparare a conoscerla. Non possiamo impedire ad un Tavecchio di diventare Presidente Federale. Non possiamo costringere nessuno a restituire alla Juventus i due scudetti ingiustamente sottrattigli. Quello che possiamo fare è tenere gli occhi aperti e far viaggiare le informazioni, il bene più prezioso per una comunità così numerosa come quella degli appassionati di calcio. Se siamo fortunati, magari la prossima volta l'Entità avrà bisogno di un sentimento popolare diverso e potrebbe sfruttare il nostro per i suoi scopi. Non sarebbe bello restituire il favore?
A proposito, mi rimane solo da rivelarvi chi sia l'Entità ma, accidenti, mi accorgo solo ora che sto terminando i Gb a disposizione per questo collegamento. Sarà per la prossima volta.

Twitter: @GiuSette7