Per la precisione

“Credo che a Moratti vada riconosciuto un grandissimo amore per la sua Inter e il grandissimo amore può portare a compiere alcune follie come accettare uno scudetto che non ha vinto”.

La frase di Andrea Agnelli ha fatto giustamente inorgoglire molti tifosi, altri come il sottoscritto hanno invece storto legittimamente il naso per quel verbo: accettare. Il Presidente avrà sicuramente sbagliato in buona fede, ma è scivolato su un’espressione che sono sicuro anche lui giudicherà, a mente fredda, poco coerente col modo nel quale sono realmente andati i fatti inerenti l’assegnazione a tavolino dello scudetto 2005-06.

E’ un dato di fatto storico, infatti, che Moratti non si limitò ad “accettare” lo scudetto 2006 come se all’improvviso qualcuno (l’ex consigliere di amministrazione dell’Inter e “casualmente” Commissario Straordinario della FIGC, Guido Rossi) glielo avesse gentilmente offerto. Lui quello scudetto lo reclamò ben prima della sentenza di secondo grado, attribuendogli un valore di risarcimento morale e “pubblico riconoscimento di una gestione improntata solo ai valori dello sport” per la sua società. Quella dei passaporti falsi, delle plusvalenze fittizie, dei pedinamenti illegali, dei rapporti promiscui con l’intelligence Telecom e delle telefonate di Facchetti da illecito sportivo, come vergato a babbo morto nella relazione di Palazzi.

Ad alcuni può sembrare una precisazione di lana caprina, ma così non è. Si tratta, invece, di preservare la memoria storica sui fatti di quel tempo, tenendola al riparo dai revisionismi e dalle distorsioni del tempo che passa. Un giorno, infatti, potrà rimanere nell’immaginario collettivo (se già non è così) che il solito gentiluomo meneghino si trovò quasi di fronte al fatto compiuto ed accettò per troppo amore una decisione altrui. Quando invece, come abbiamo visto, quella decisione lui la sollecitò con forza, la ottenne senza dover faticare grazie a chi in quel momento era deus ex machina nella Federazione e ostentò negli anni successivi quel titolo come “il più bello” della sua gestione, anche dopo l’emergere delle intercettazioni a carico dell’Inter e dopo la relazione di Palazzi. Accettò di buon grado la prescrizione e non gli passò mai per l’anticamera del cervello di rinunciarvi per sottoporsi alla Giustizia Sportiva e sgombrare così il campo dalle accuse sopraggiunte, anzi si battè per ottenere dal Consiglio Federale nel 2011 la dichiarazione di incompetenza che salvaguardava nuovamente quello scudetto mai vinto e progressivamente svuotato di ogni significato sportivo e storico.

Non è una questione di poco conto, perché già altre distorsioni revisioniste sono sopraggiunte nel corso di questi otto anni. Vi sfido, infatti, a trovare qualche giornalista disposto a sostenere oggi che quello scudetto dovesse essere assegnato all’Inter. Anzi, molti vi diranno che mai erano stati d’accordo con quella decisione, sebbene negli archivi dell’epoca non si trovi alcuna presa di posizione in tal senso. Per questo oggi bisogna sottolineare con forza come quella frase del Presidente Agnelli non si possa accettare così com’è, in quanto dipinge una versione dei fatti poco aderente alla realtà e si potrà prestare in futuro ad essere strumentalizzata dai numerosi agiografi dell’ex presidente nerazzurro, oggi in lutto per la sua uscita di scena definitiva dalla gestione societaria. Sarà stata pronunciata sicuramente in buonafede, ma conoscendo bene i nostri polli meglio che certi concetti non passino in cavalleria, seppur per errore. Come diceva quello: “per la precisione”.