Metodo Auricchio - Come aveva deciso Torino

Metodo Auricchio. Torino, invece.Prima di iniziare a trattare di griglie, sorteggi truccati e frodi sportive, è utile affinare un minimo di conoscenza giuridica del caso e, per rimanere nello stesso ambito di reati, andarsi a rileggere la richiesta di chiusura indagini del Procuratore di Torino Marcello Maddalena, che contiene anche i giudizi di merito del GIP.
La Procura di Torino, nell'ambito del procedimento sul doping, nell'estate 2004 procede, per il reato di ricettazione, nei confronti del dottor Agricola, con intercettazioni, poi estese ad altri soggetti ed utenze telefoniche con l'ipotesi di differenti reati, con l'iscrizione nel registro degli indagati di Moggi, Giraudo e Pairetto.

In data 9 agosto 2004 vengono chieste e autorizzate le prime intercettazioni su un'utenza fissa e due utenze cellulari in uso a Luciano Moggi. Altre utenze cellulari in uso a Moggi vengono intercettate a partire dal 12 agosto e fino all'8 settembre, data nella quale viene richiesta dal PM l'intercettazione di utenze utilizzate da Moggi, Giraudo e Pairetto. Il reato per cui le intercettazioni vengono richieste è l'associazione a delinquere, finalizzata alla commissione di più reati di frode sportiva.

La richiesta di intercettazione si fonda su alcune conversazioni intercettate in precedenza sulle utenze di Moggi e, come episodi indicativi della sussistenza dei gravi indizi in ordine all'esistenza di un'associazione per delinquere, vengono portati dal PM un episodio in cui Moggi indica a Pairetto i nominativi di alcuni arbitri graditi per tre partite amichevoli della Juventus (cosa risultata legale), alcune telefonate a commento del preliminare di Champions League, ed altre conversazioni di "vario genere e natura" tra Moggi e Pairetto.
Il Procuratore Maddalena, a questo punto della sua ricostruzione, nella richiesta di archiviazione, scrive:

"Con provvedimento in data 9.9.04, il GIP respingeva la richiesta di intercettazione per insufficienza indiziaria in ordine alla sussistenza dell'ipotizzato reato di associazione per delinquere. Invero, nella motivazione il GIP si soffermava anche sulla mancanza di gravi indizi in ordine ai reati di frode sportiva, non riconoscendo - nel merito - una particolare ed univoca valenza probatoria alle telefonate intercettate, così testualmente esprimendosi: "gli elementi che si evincono da tali conversazioni non sono peraltro sufficienti a ravvisare i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato indicato in epigrafe. Vi è a monte un problema di individuazione dei gravi indizi in ordine al reato-fine (art.1 L.401\89) posto che il tenore delle conversazioni tra Moggi e Pairetto e le manifestazioni di speranza nella "bontà" degli arbitri lasciano aperti dubbi circa il fatto che gli arbitri richiesti da Moggi siano con sicurezza determinati - in base a previo accordo collusivo - a favorire la squadra diretta dall'indagato, e pertanto a realizzare una fraudolenta ed illecita interferenza nel leale andamento della competizione agonistica".
Ma soprattutto nelle motivazioni il GIP si sofferma sulla reale valenza indiziaria degli indizi del reato di cui all'art.416 c.p. (l'associazione a delinquere, ndr), ritenuti privi non solo del carattere della gravità ma anche di quello della sufficienza ("... ma soprattutto non possono ritenersi sussistenti sufficienti indizi in ordine al reato di associazione per delinquere.."), e ciò per mancanza di pressoché tutti gli elementi costitutivi della fattispecie: "... difettano in particolare gli elementi dell'organizzazione di mezzi (non essendovi elementi in tal senso) e della stessa sussistenza, stabilità e continuità di un vincolo e di una struttura associativa autonoma, la quale... deve essere caratterizzata dall'indeterminatezza del programma criminoso, cosa che nel caso di specie non è affatto evincibile; difetta altresì dal punto di vista soggettivo l'elemento della continuativa colleganza tra gli indagati in relazione alla realizzazione di plurimi ed indeterminati reati-fine...".

Il 10.9.2004, il PM rinnova la richiesta di intercettazioni ma con una diversa qualificazione giuridica, ossia ipotizzando la qualifica di pubblico ufficiale del Pairetto e, quindi, ritenendo sussistente la corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio.
L'autorizzazione all'intercettazione per corruzione viene concessa e riguarda cinque utenze di Pairetto, dieci utenze di Moggi e sei utenze di Giraudo.

Il 27.9.2004 viene chiesta la proroga dell'intercettazione sul consistente gruppo di utenze, essendo emerso che i tre indagati "si frequentavano anche di persona", essendo emerse "alcune telefonate relative all'incontro di campionato del 22.9.2004 Sampdoria-Juventus diretta dall'arbitro Dondarini, intercorse prima tra Moggi e Pairetto (in cui quest'ultimo informa Moggi della designazione di Dondarini) e tra Pairetto e Dondarini". Nelle intercettazioni c'è anche la richiesta di Pairetto a Moggi perché venga velocizzata la consegna di una Maserati ad un amico del designatore.

La richiesta viene respinta dal GIP sotto il profilo della mancanza dei gravi indizi di sussistenza del reato di corruzione, sottolineandosi nel provvedimento in data 27.9.04 che "alla luce degli esiti delle intercettazioni telefoniche sin qui disposte e svoltesi su un considerevole numero di utenze telefoniche in uso agli indagati, il quadro indiziario sulla cui base era stato emesso il provvedimento autorizzativo pare essersi indebolito", non ravvisando il Giudice alcuna significativa rilevanza probatoria agli episodi emersi nei primi 15 giorni di intercettazione per corruzione. Il Procuratore Maddalena scrive che "anzi, si potrebbe dire assumendo gli stessi (episodi emersi, ndr) una valenza in senso contrario alla ipotesi di reato per cui procedeva, tale cioè da indebolire il quadro indiziario emerso sino a quel momento".

Da pagina 12 della richiesta di archiviazione, il Procuratore Marcello Maddalena esamina il reato di frode sportiva sottoposto alla valutazione del GIP unitamente a quello di associazione a delinquere:

E.1): la struttura del reato e le condotte in esso rientranti.
L'art.1 L.13.12.89 n. 401 punisce "chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal CONI.. o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad esso aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti al medesimo scopo. [...] Senza alcun dubbio, quindi, si tratta di reato formulato secondo lo schema dei delitti di attentato, nei quali cioè la condotta tipica integratrice del reato si sostanzia in atti diretti a conseguire il risultato vietato dalla legge penale, e che assumono rilevanza anche se il risultato antigiuridico non è stato conseguito. Quanto alla condotta, l'art. 1 è formulato secondo la tecnica della condotta a forma libera: cioè, non vi è una descrizione puntuale dei comportamenti che integrano il reato, poiché il legislatore ha dato valenza a qualunque attività diretta al conseguimento dello scopo illecito.

Subito dopo, però, Maddalena aggiunge:

Proprio in considerazione della particolare ampiezza di queste formulazioni, da sempre sia la dottrina sia la giurisprudenza si sono interrogate sui requisiti minimi che una condotta di attentato deve possedere, per rispettare il principio di tipicità consacrato dall'art. 25 secondo comma Costituzione.
La risposta data è stata nel senso che gli atti diretti ad un certo risultato devono possedere, quanto meno, i requisiti della idoneità e della univocità: solo a queste condizioni la condotta è penalmente rilevante, anche se non abbia effettivamente conseguito il risultato antigiuridico vietato della norma incriminatrice".

Marcello Maddalena scrive, esaminando il caso in questione, che non era quindi necessario che Pairetto avesse agito in cambio di denaro o altra utilità, che non era "nemmeno necessario che attraverso le designazioni, di intesa con i vertici della Juventus, si sia effettivamente verificato in concreto un'alterazione a favore della Juventus dello svolgimento della partita, essendo sufficiente - ma necessario - che dette designazioni siano state effettuate dal Pairetto allo scopo - condiviso dai vertici della Juventus - di alterare il risultato della gara".
Ma non essendo il Pairetto un arbitro in attività, avrebbe potuto porre in essere una condotta fraudolenta solo scegliendo arbitri compiacenti ad alterare il risultato a favore della Juve. E Maddalena precisa:

Va subito posta nel dovuto risalto la seguente considerazione, di particolare importanza: la designazione da parte del commissario competente di un arbitro non può mai essere, di per sé sola, considerata attività oggettivamente idonea ad alterare l'andamento della gara e quindi a commettere il reato previsto dall'art. 1 L.401\89. Infatti la designazione è una decisione del tutto preliminare rispetto allo svolgimento della gara, inidonea di per sé sola ad incidere sul regolare andamento della gara stessa, se non è preceduta, accompagnata o seguita da una successiva attività di induzione da parte del designatore nei confronti dell'arbitro (o degli assistenti) affinché quest'ultimo diriga la gara assumendo decisioni consapevolmente sbagliate in favore o in danno di una delle compagini.
In altre parole, quand'anche si dimostrasse che il designatore, alterando le regole procedurali della designazione, avesse scelto un arbitro allo scopo di favorire una squadra o danneggiare un'altra, non si potrebbe parlare di atto diretto a raggiungere un risultato della partita non corretto, poiché la designazione di per sé non incide in alcun modo sulle modalità di arbitraggio della partita: occorrerebbe sempre comunque avere la prova che l'arbitro (o l'assistente) sia stato indotto, prima durante o dopo la designazione, o quanto meno invitato, a prendere decisioni volutamente sbagliate in danno o a favore di una delle squadre.
E, calando tali considerazioni generali al presente procedimento, la ipotizzata frode sportiva presuppone che il PAIRETTO abbia designato degli arbitri su richiesta o di intesa con i vertici della Juventus, o comunque graditi ai dirigenti della Juventus, ai fini di alterare a favore della Juventus la partita. Questo è il dolo specifico richiesto dalla norma: ma perché tale dolo specifico possa sussistere, e quindi perché una designazione arbitrale possa influire sul regolare svolgimento della partita, necessariamente e logicamente si deve trattare di arbitri o assistenti disponibili volontariamente ad arbitrare alterando il risultato della gara a favore della Juventus .
Perché si possa ritener sussistente il reato, perché si possa parlare di alterazione del corretto svolgimento di una partita di calcio, non è sufficiente la prova che sia stato scelto da Pairetto per una partita della Juventus un arbitro (o un assistente) in modo fraudolento, ossia aggirando le metodologie dei sorteggi, ma va anche provato che quell'arbitro (o quell'assistente) è stato scelto perché era disponibile volutamente ad alterare il risultato [...] In altre parole, non può desumersi quale conseguenza probatoria logica ed indefettibile da una scelta di un arbitro, in ipotesi effettuata dal Pairetto in modo "pilotato" e di intesa con i dirigenti della Juventus, la automatica alterazione del risultato della gara; né può ritenersi per ciò solo, in re ipsa, che l'arbitro proprio in quanto scelto in tal modo fosse necessariamente disponibile a volutamente alterare il risultato della gara a favore della Juventus".

E qual è la valutazione dei contatti dirigente-designatore prima della designazione dell'arbitro? Maddalena scrive:

Tali contatti, se si traducono ad esempio in inviti da parte del dirigente al designatore, affinché faccia in modo di designare "un arbitro buono" o anche a designare un arbitro di cui venga fatto esplicitamente il nome, sarebbero non solo inidonei ma anche non univoci rispetto allo scopo illecito vietato dall'art.1.
Infatti, l'invito a designare un determinato arbitro potrebbe facilmente essere spiegato con il desiderio del dirigente della squadra di avere un arbitro capace, adeguatamente autorevole per dirigere al meglio una gara difficile. E' quindi si verserebbe in una situazione di non rilevanza di simile condotta rispetto alla norma incriminatrice, bensì di comportamenti certamente non corretti deontologicamente, ma non tali da costituire condotta di frode sportiva".

Il Procuratore scrive anche che la linea interpretativa è condivisa dal Giudice che, in data 9.9.2004, dopo aver esaminato alcune intercettazioni, respinge la richiesta di intercettazione per insufficienza indiziaria in ordine alla sussistenza dell'ipotizzato reato di associazione per delinquere, soffermandosi anche sulla mancanza di gravi indizi in ordine ai reati di frode sportiva motivando anche che "... le manifestazioni di speranza nella bontà degli arbitri lasciano aperti dubbi circa il fatto che gli arbitri richiesti da Moggi siano con sicurezza determinati... a favorire la squadra diretta da Moggi e pertanto a realizzare una fraudolenta ed illecita interferenza nel leale andamento della competizione...".
Maddalena aggiunge che dopo aver esaminato "l'imponente massa delle conversazioni intercettate" emerge che "tutte le osservazioni, i commenti, le indicazioni (per le partite amichevoli), i suggerimenti riguardanti gli arbitri sembrano porsi sempre nell'ottica della ricerca dell'arbitro migliore per le partite della Juve, dell'arbitro cioè che meglio garantisca il regolare andamento ed il regolare esito della competizione sportiva".