Cosa resta del caso Paparesta

paparestaParliamo del caso Paparesta, ma i lettori più affezionati e non condizionati dalle veloci letture dei titoli dei giornali al bar sport sanno che non di caso si tratta, ma semmai di un casino.
Perché siamo davanti ad un protagonista di Calciopoli, almeno tale per la vulgata del bar sport e la requisitoria di Palazzi dell'estate 2006; tuttavia lui, al contrario di altri arbitri, è stato prosciolto nell'inchiesta di Napoli, ma non doveva più arbitrare: così volevano i suoi capi, però nel frattempo arbitrano e magari decidono le partite con i loro involontari errori altri arbitri, che a Napoli sono sui banchi degli accusati.
Una bella commedia all'italiana, tanto che oggi lastampa.it scrive che Paparesta vuole portare Collina in Tribunale, mentre tra qualche settimana lo stesso Collina potrebbe essere costretto a designarlo per qualche partita se, come probabile, risulterà abile e arruolabile in base ai test autorizzati dal Tar per il suo reintegro.
Per chi volesse ripercorrere i passaggi più importanti della commedia Paparesta suggeriamo gli articoli del nostro sito, in particolare quelli del 7 agosto 2008 e 31 marzo 2009; da parte nostra guardiamo avanti e ci chiediamo cosa resta oggi del caso Paparesta, indipendentemente da come la commedia finirà; cosa può essere utile memorizzare per quanti, insieme a noi, pensano che la parola fine alla storia di calciopoli sia ancora da scrivere.
La prima, e forse la più importante, è che non è vero che nei procedimenti sportivi bisogna fermarsi alle sentenze di ultimo grado alla Sandulli, come nell'agosto 2006 andavano dicendo Petrucci e il sottosegretario Lolli, Guido Rossi e Matarrese (per farsi sentire da Montezemolo), perché altrimenti sarebbe un casino. E' vero esattamente il contrario: può capitare che l'ordinamento sportivo si infili in pasticci assurdi da cui si esce solo andando per Tribunali, che è quello che vuole fare adesso Paparesta per difendere i suoi legittimi interessi (d'immagine e materiali).
Resta la figura davvero imbarazzante fatta dai giornali, da corrieri e gazzette, da palombi e pesci palla, da quanti nell'estate 2006 giuravano ai loro lettori d'aver visto, grazie alle intercettazioni, Moggi chiudere Paparesta negli spogliatoi, oppure hanno scritto ancora recentemente d'aver capito perché Moggi fosse arrabbiato quella sera, era arrabbiato perchè Paparesta doveva favorire la Juve ed era venuto meno agli ordini.
Oggi, sulla serata di Reggio Calabria, lastampa.it è come costretta a riportare la tesi difensiva di Paparesta che è questa: "Contrariamente a quello che dice Moggi, non mi hanno mai chiuso dentro lo stanzone degli spogliatoi, fuori c'erano Ispettori di Lega, della Figc, Forze dell'Ordine, nessuno si è accorto di nulla". Intanto, qualche giorno fa, Libero ha pubblicato il capitolo del libro mai nato di Moncalvo, che riscrive la trama di Calciopoli nel contesto di vicende più grandi e complesse del mondo Fiat. Piccoli segni di ravvedimento che avranno seguito? Pensiamo proprio di no, ci penserà il campionato, ci penseranno Mourinho e Moratti a riportare l'attenzione sul carrozzone che va avanti, mentre noi speriamo che ad andare avanti sia proprio Paparesta con la sua istanza di risarcimento, convinti che sarà molto istruttiva.
Restano anche sul caso Paparesta (scripta manent) alcuni spunti da trarre dalla requisitoria di Palazzi e dalla sentenza Sandulli. Quanto alla requisitoria, va premesso in generale che secondo il dott. Palazzi "molteplici elementi riscontrano, sotto il profilo fattuale e logico, le conversazioni telefoniche acquisite, attribuendo alle stesse una valenza probatoria piena"; ciò premesso, quella sera a Reggio Calabria, secondo Palazzi "si verificò un fatto di straordinaria gravità", da cui emergerebbe il potere di Moggi e Giraudo di "esercitare il condizionamento sul potere arbitrale". La sentenza Sandulli è ancora più esplicita, perché richiama, sull'episodio di quella sera, le indagini del Nucleo Operativo dei CC di Roma, trasfuse "nel rapporto del relativo Comando Provinciale", per sentenziare che la ricostruzione dell'accusa "è precisa e incontestabile ed indiscutibile è la rilevanza in termini di disvalore deontologico delle condotte ascritte agli incolpati" (pagg.72-73).
Rileggendo oggi quelle parole alla luce degli sviluppi del casino Paparesta, si possono ragionevolmente avanzare due ipotesi:
 1) il dott. Palazzi parla in generale di riscontri fattuali, ma di pistole fumanti, come sappiamo tutti e come ha dovuto ammettere il suo capo (il dott. Borrelli), non ce n'erano nel 2006 e non ce ne sono neppure oggi; anzi dal dibattimento del Processo di Napoli, l'interrogatorio ai due assistenti sembra dimostrare proprio il contrario, addirittura adombra l'abbandono della tesi da parte dei Pm
2) resta, e lo scrive il prof. Sandulli, il lavoro investigativo, restano la famose informative secondo le quali Moggi e Giraudo erano dei delinquenti, e l'episodio di Reggio Calabria lo dimostrerebbe, risultando anzi per le carte federali di una gravità inaudita, quasi che gli altri fatti addebitati siano meno gravi.

Resterebbe così confermata l'indicazione che sul nostro sito abbiamo avanzato altre volte: le condanne di Calciopoli danno per scontata la validità del rapporto del Comando Provinciale, assumono cioè come vera l'ipotesi dell'associazione a delinquere che attualmente è dibattuta nel procedimento in corso a Napoli. Con tutto quello che ne può conseguire, se a Napoli da quell'accusa Moggi e/o Giraudo dovessero essere prosciolti.
Il casino Paparesta adesso andrà avanti col Consiglio di Stato dove l'AIA, magari con l'assistenza della Figc, schiererà i suoi avvocati e la sua "forza" di persuasione; ne seguiremo con curiosità gli sviluppi, perché si tratta della difesa della propria immagine e dei propri interessi di fronte al pronunciamento dell'ordinamento sportivo che, così dicevano i titoli dei giornali nell'estate 2006, deve fermarsi alle sentenze alla Sandulli e non andare per Tribunali.