Intercettazioni inedite: la buonafede di Pieri e dei designatori

arbitro PieriE poi ci sarebbero anche queste due... il Processo di Napoli continua con l'ennesima puntata dell'invero divertentissimo esperimento di archeologia dell'intercettazione da parte dei periti delle difese, roba che neanche Schliemann a Troia.
Intercettazioni dimenticate, bollate come "non rilevanti", accantonate perché inutili. Inutili a sostenere il primigenio teorema investigativo. Utili, invece, secondo noi, a raccontare una storia un po' più complessa di quella che si desume dalle informative dei Carabinieri.
E' il turno di Tiziano Pieri, e del famoso Bologna-Juventus del 12 dicembre 2004, terminato 0-1, con uno spettacolare goal su punizione allo scadere di Pavel Nedved. Una punizione dai 20 metri che, a sentire gli inquirenti, parrebbe equivalere ad un rigore, con un coefficiente di realizzazione vicino al 100%.
Tiziano Pieri è già stato condannato dalla giustizia ordinaria con rito abbreviato davanti al GIP Di Gregorio: quella stessa sentenza incredibilmente diventata libro, o forse meglio pamphlet, a firma "Tribunale di Napoli". Perché evidentemente tutti devono sapere la verità.
Nell'analizzare le due intercettazioni che seguono, datate 12 dicembre, al termine della partita, non possiamo fare altro che confrontarle con i dati che emergono dalla sentenza di Di Gregorio per quanto attiene a Pieri; come al solito ci riferiremo alla costruzione accusatoria desunta dalle informative, nel considerare l'assoluto valore scagionante delle telefonate per quanto concerne invece i designatori.



PAIRETTO-BERGAMO
12 dicembre ore 22.29 (5’ dopo il fischio finale)

BERGAMO: Una bolgia è stata nel se­condo. Undici leoni, anche nel primo tempo. Questi (quelli del Bologna, ndr) sono andati di già col nervosismo.
PAIRETTO: Su quella punizione...
BERGAMO: Lui (Pieri, ndr) era molto lontano, uff.
PAIRETTO: Dice che ha tirato, è an­che vero. Però lui (Ibra, ndr) allarga il braccio.
BERGAMO: Il primo fallo lo fa Ibrahi­movic.
PAIRETTO: Avevo detto: speriamo non segnino su questa punizione, te lo giuro.
BERGAMO: Io lo pensavo: sono quel­le fischiate che poi... E’ a trenta metri, che ti metti a fischiare. (...) Aspettiamo­ci una valanga di polemiche.



PIERI-PAIRETTO
13 dicembre 2004 ore 22.50

PIERI: Ho provato a chiamarti da ieri. Ho rivisto.
PAIRETTO: Minchia questo episodio...
PIERI: Ho fatto questo fischio perché ho visto questo fallo.
PAIRETTO: Tu hai mimato la tratte­nuta.
PIERI: Io ho visto... C’è Ibra... La since­ra verità: per quello che è successo non lo rifischierei. (...) Ho mimato quello che ho visto. Se non riesce a saltare uno di una stazza così, però tornassi indietro non lo rifischierei. Il discorso che ti ho detto io: non lo ripeterei quel fischio. Quel fischio e quella rete hanno offusca­to una buona gara.
PAIRETTO: Se facevi un ammonito di qua e uno di là, non avresti fatto male.
PIERI: Luci (l’osservatore, ndr) ha det­to: fino al 40’ avevi ragione te.
PAIRETTO: T’ha trattato male, forse era un eccesso.
PIERI: Pareva contento, quanto m’ha dato?
PAIRETTO: 8.20 (un voto molto bas­so, ndr).
PIERI: Mi dispiace per questo fischio che magari mettono in difficoltà voi.
PAIRETTO: Io non ho problemi: io non brigo, mai rotture di cazzo, non mi chia­ma Carraro. Me ne batto, non so altri (...).
PIERI: Figurati se gli davo un rigore al­la Juve... Mi fucilavano.

Questa sarebbe roba irrilevante. Grazie alla selezione degli inquirenti, che ha messo da parte queste intercettazioni, Pieri è già stato condannato dal giudice Di Gregorio. L'occasione è ghiotta per andare a riprendere le fantasiose motivazioni di quella sentenza, riguardo a Bologna-Juventus.
Le motivazioni secondo il giudice si presenterebbero come un "quadro indiziario grave, preciso e concordante". Effettivamente, a eliminare gli elementi discordanti, tutto si presenta come concordante: parola di Catalano.
Invece qui Pieri sembra garantire sulla sua buona fede, e anche qualora non ci fosse, si desume in modo chiaro che Pairetto non è partecipe di un'eventuale frode, come invece l'impianto accusatorio narra.
Le motivazioni si concentrano sulle schede svizzere (in sede dibattimentale il metodo non è sembrato affatto infallibile nel determinare eventuali associazioni), le deposizioni dei testimoni Pagliuca e Mazzone, la valutazione dell'osservatore arbitrale, la protezione mediatica garantita da Moggi.

Quanto a Pagliuca e Mazzone, che si lamentano dell'operato dell'arbitro, il giudice ricama sull'assoluta affidabilità delle loro dichiarazioni, rese un anno e mezzo dopo, e per questo sicuramente serene.
Entrambi, dopo lunghe carriere in serie A, avevano sperimentato per la prima volta, proprio sul viale del tramonto, la retrocessione in serie B, a macchiarne le rispettive carriere. Questo per disputare sulla serenità.
Altro argomento in favore dell'utilizzo delle loro dichiarazioni come prova certa contro gli imputati è il fatto che non si riferiscano a singoli fatti, ma all'intera conduzione della partita da parte di Pieri, secondo Di Gregorio. Come se un'impressione generale contasse più di riferimenti precisi a incontrovertibili fatti. Decisamente comico.
Infine Pagliuca e Mazzone desumono un'impressione di parzialità in virtù delle decisioni arbitrali, senza avere alcun altra prova. Le loro dichiarazioni sono comunque risultate talmente importanti che i Pm Narducci e Capuano non li hanno chiamati come testimoni in aula.

Per quanto concerne il voto dell'osservatore arbitrale, nell'occasione basso, è interessante notare come durante il dibattimento si sia dimostrato che gli inquirenti hanno bellamente ignorato i voti alti degli osservatori arbitrali in occasione di presunte frodi sportive: questo perché supposto, un po' così, il controllo del settore arbitrale, non si poteva poi pensare che gli osservatori fossero indipendenti. E invece, qui torna buono come prova.

Infine la difesa mediatica dell'arbitro. Nelle telefonate con Biscardi, Baldas e il presidente del Messina Franza, emerge incontrovertibilmente che Moggi voleva difendere la Juventus, in un periodo peraltro decisamente intenso, che precedeva il big match con il Milan. Moggi si lamenta con tutti e tre che all'episodio grave, contrario alla Juve, di Reggio Calabria sia stato dato meno peso di quello, a favore, con il Bologna che reputa essere un errore meno grave (ed effettivamente gli errori di Pieri sono poi la concessione di una punizione da 20 metri alla Juve e la mancata concessione di un rigore su Cipriani, che probabilmente ci poteva stare, ma non era affatto netto). Questa è la ratio dell'intervento.

Passiamo però ai designatori, per cui queste telefonate sono ancora più importanti. La telefonata dimostra tutto il loro disappunto per una decisione che ha favorito la Juventus, seppur non così determinante (ripetiamo: si parla di una punizione, non un rigore), e per la conduzione in generale di Pieri, cui viene rimproverata anche la gestione delle ammonizioni.
Sia per il capo d'imputazione relativo alla partita, sia più in generale per la loro integrità a una presunta associazione a delinquere, questo cambia le carte in tavola, eccome.
L'imputazione per Bologna-Juventus perde evidentemente di ogni profilo di serietà.
L'imputazione principale viene ancora una volta sgretolata dal comportamento dei designatori, che mostrano di non gradire affatto che la Juve venga favorita dagli errori di un arbitro, in maniera diametralmente opposta a quanto affermato nelle informative.

L'esclusione degli elementi di prova difformi sembra puntare il dito sempre di più verso un'indagine schiava di un teorema preesistente. Come ha giustamente rilevato l'avvocato Prioreschi in aula oggi: "Stanno emergendo sui cd che ci sono stati consegnati solo negli ultimi giorni tutte le telefonate relative alle gare messe sotto inchiesta. Una cosa che, voglio essere buono, definisco inspiegabile: non ce n'è nemmeno una trascritta di queste telefonate che riguardano le gare indagate! Prima o poi si dovrà fare luce su questo modo di condurre le indagini".
E' questo anche il nostro augurio.