Processo CAF - Terza giornata, segnata da Zaccone

Zaccone5 luglio 2006. La giornata inizia con un'intervista, su Repubblica a pagina 4, del pm Narducci: "Narducci, il pm che lanciò l'inchiesta: Non basta solo il processo sportivo". Il pm non fa mancare il suo appoggio "mediatico" a chi porta avanti l'accusa nel processo sportivo: "... Sposo fino in fondo la sintesi del procuratore Palazzi, "Nessuno scherzava". Aggiungerei che le cose erano terribilmente serie, purtroppo". Poi il pm napoletano aggiunge: "E se e quando sarà possibile ascoltare quelle parole, non attraverso l'interpretazione mediata dai rispettivi attori, ma dalla loro viva voce ferma a quel momento, ci sarà da restarne raggelati". Conchita Sannino chiede: "Raggelati, dottor Narducci? Ci sarebbe ancora di che stupirsi?", Narducci mette il carico: "Ritengo di sì. Perché sarebbe chiaro oltre ogni ragionevole dubbio a quale punto di degenerazione era giunto il sistema. E a quale tracotante mancanza di pudore". Rileggetela tutta l'intervista! Con la macchina del tempo facciamo un balzo nel 2010 e restiamo "raggelati" scoprendo ed ascoltando, dalla viva voce dei protagonisti, telefonate che aveva garantito non esserci, "Piaccia o non piaccia...".
Per il processo sportivo è una giornata fondamentale, segnata dal duetto tra Ruperto e l'avvocato Zaccone, che conclude l'intervento in favore della società Juventus dichiarando accettabile la stessa pena richiesta per le altre: "pena congrua la B con penalizzazione". Di rilievo, nell'udienza, l'interruzione della stessa da parte di Ruperto durante l'arringa difensiva dell'avvocato Chiappero, che stava sostenendo la differenza tra il contatto con i designatori e un intervento diretto e illecito su un arbitro. A margine le dichiarazioni di Della Valle: rivela che anche l'Inter andava a cena da Bergamo ed orienta i suoi sospetti sulla fuga dell'indagine.

Ore 9.40 - INIZIA CARRARO. Lunga la deposizione dell'ex presidente Figc Franco Carraro per il quale Palazzi ha chiesto 5 anni di inibizione con richiesta di radiazione, si è difeso punto per punto. Carraro si difende su tutto, iniziando dal punto sugli arbitri: "Questo è il giudizio più importante a cui sia stato sottoposto, non per conseguenze pratiche, io ho già terminato l'attività, ma per la mia dignità sportiva. Agli arbitri ho sempre chiesto che commettessero il minor numero di errori e si comportassero in modo uguale con tutte le squadre, ai dirigenti ho detto di non eccitare gli animi. Ai dirigenti dicevo che se c'erano lamentele dovevano segnalarle a me, potevano segnalarmi errori che ritenevano che la loro squadra avesse subito. In particolari momenti della stagione, a seguito di particolari casi o lamentele, mi rivolgevo ai designatori. Da parte mia era un diritto-dovere derivante dalla mia carica, non immaginavo che si potessero leggere comportamenti illeciti".
Carraro parla delle telefonate in cui avrebbe chiesto un trattamento di favore per la Lazio: "In migliaia di intercettazioni non c'è traccia di comportamenti sleali, non concedevo nulla, pretendevo rispetto delle regole e trasparenza dei comportamenti. Devo constatare che se i fatti saranno accertati, nella stagione 2004-05 è evidente che sono accaduti fatti gravi. Quando ho avuto piena conoscenza degli atti della procura di Torino e delle indagini di Roma e Napoli, l'8 maggio, mi sono dimesso, non ho coperto nulla affinché la Federazione potesse affrontare una vicenda così grave e dolorosa in totale trasparenza e libertà".
Carraro fa una richiesta: "Chiedo che si ascoltino tre mie telefonate, sarebbe importante in un procedimento che si basa su intercettazioni. Il tono fa la musica, in quelle telefonate l'intonazione non è certo quella di chi organizza accordi truffaldini".
Quindi l'ex presidente Federale parla del caso specifico relativo a Lazio-Brescia dell'1 febbraio 2005: "In quella telefonata ho pronunciato 232 parole, esclusi i convenevoli 183 parole. Ho parlato del fatto che i dirigenti laziali e i media romani erano particolarmente agitati dal fatto che nell'intervallo di Reggina-Lazio il presidente Foti si sarebbe recato nello spogliatoio dell'arbitro. A Lazio-Brescia ho dedicato 34 parole, dico solo che è importantissima. Parlando con Bergamo volevo soltanto garantire trasparenza e correttezza, perché c'era nervosismo da parte della società Lazio, dei tifosi e dei rappresentanti dei media. Ho commesso errori, ma sempre ho agito in buona fede".

Ore 10.00 - PARLA DIEGO DELLA VALLE. Il presidente onorario della società viola, Diego Della Valle, dichiara che la sua squadra è vittima: "Ci troviamo nostro malgrado coinvolti in questa situazione un po' kafkiana, cui siamo estranei. Ho l'impressione che si sia creato un teorema. Io sono stato ascoltato dalla Procura di Napoli e dall'Ufficio Indagini della Figc, ma mi sembra che si sia creata un'idea basata sulle intercettazioni. Nelle carte non trovo traccia di un'intercettazione in cui i nostri presunti referenti si auguravano la retrocessione in serie B della Fiorentina anche per una sorta di regolamento di conti con la Fiorentina. Quando siamo entrati in questo mondo, non pensavamo che qualcuno tenesse sotto schiaffo il pallone. Abbiamo chinato la testa? È un'espressione bruttissima. Mi è stato segnalato di curare le pubbliche relazioni, ho incontrato il designatore Paolo Bergamo. Ho fissato l'incontro nell'albergo dove vivo a Firenze, uno dei luoghi più conosciuti. C'erano 50 o 60 tavoli. Il riscontro fotografico che ho visto io è questo: un'immagine della strada sterrata che porta al parcheggio, ottenuta con una macchina fotografica nascosta in un cespuglio. Perché non hanno prodotto una bella foto nel ristorante? È una situazione preoccupante e anche umiliante".
Della Valle prosegue: "Sembriamo un gruppo di persone che agiscono in maniera truffaldina dopo essersi piegati ad un sistema. È offensivo per noi e per la Fiorentina. In realtà è stata una colazione tra due persone civili, abbiamo discusso del calcio e, a grandi linee, della Fiorentina. Bergamo mi ha detto che gli errori arbitrali sono giustificabili e vanno accettati. Mi disse solo che avrebbe potuto inserirci nella fascia relativa agli arbitri migliori. Da quell'incontro, per noi sono scaturiti solo problemi: se quell'incontro doveva produrre benefici, siamo stati due dementi".
Diego Della Valle prosegue criticando la fretta nel procedimento a scapito delle difese: "Questo è un processo fatto in fretta. Chi ha deciso che il processo debba essere legato alla data di iscrizione alle Coppe ha commesso un errore incredibile. Non si può legare la giustizia al calendario".
Ruperto non gradisce e replica in modo secco: "Qui il processo non è legato a niente. Mi sono stancato di ripeterlo". Controreplica di Della Valle: "Sono lieto di sentire queste parole, signor Presidente. Dobbiamo smetterla di dire che in 20 giorni si chiude tutto. Chi dice queste cose, vada a spiegare agli italiani qual è la situazione. No ad un processo veloce, sì ad un processo giusto".
Sul salvataggio della Fiorentina a carico della presunta "cupola" Della Valle dice: "L'operazione per la salvezza della Fiorentina non è mai esistita. Mio nonno diceva: "Male non fare, paura non avere". Ci siamo salvati all'ultimo secondo attraverso una serie di coincidenze che non possono essere teleguidate. Io esco tranquillo perché so di non aver commesso nulla di male, so che noi non c'entriamo assolutamente nulla. Dicono che abbiamo chinato la testa davanti al sistema. In quel periodo, in realtà, abbiamo restituito due giocatori alla Juventus (Maresca e Miccoli, ndr) creando tensioni e problemi alla società bianconera. Se Moggi era uno dei nostri santi protettori, da noi ha avuto questo tipo di risposta".
Della Valle tocca anche l'argomento dei diritti televisivi: "Abbiamo denunciato Milan, Juventus e Inter davanti all'Antitrust. Mi sono attivato per il ritorno alla vendita collettiva dei diritti tv, prima che una forza politica affossasse il provvedimento in Parlamento. La Fiorentina ha fatto opposizione in una Lega, governata sempre dagli stessi soggetti. Tutto questo significa chinare la testa? Noi non abbiamo chinato la testa davanti a chicchessia. È umiliante, siamo raffigurati come due persone senza spina dorsale. Bisogna portare rispetto alla gente, io capisco che l'accusa gioca a fare la sua partita. È offensivo, perché stando a quelle carte ci si vergogna anche a guardare i propri figli".
Sulla "proposta da bandito" Della Valle dichiara: "Abbiamo chiesto un confronto con Lotito, sarebbe indispensabile per chiarire e per acclarare la verità".

Ore 10.30 - MENCUCCI NEGA PATTI. Sandro Mencucci, amministratore esecutivo della Fiorentina e, secondo Palazzi, tramite tra la Fiorentina e la Federazione, dichiara: "Non c'è stato nessun patto di ferro con l'ex vicepresidente federale Innocenzo Mazzini per favorire la Fiorentina. Cercava di farci abbassare i toni della polemica sugli arbitri, soprattutto con la stampa, per non esasperare la situazione. Ci disse di riferirci direttamente alle istituzioni in caso di problemi. Certamente, se fosse andata in B la Fiorentina, non avrei potuto garantire che la piazza sarebbe restata tranquilla. Io non gli ho mai chiesto un arbitro, gli ho sempre detto io gli arbitri designati".
Mencucci parla anche delle cinque partite contestate alla Fiorentina con particolare attenzione su Bologna-Fiorentina: "Che era da vincere ma è stata pareggiata. Mazzini, parlando dell'arbitro designato, Bertini, lo definì 'amico mio', ma era veramente amico suo, questo cosa vuol dire?". Mencucci parla anche di Fiorentina-Chievo, e dell'espressione "un bel lavoro" con cui definì la designazione di Dondarini: "Era in senso ironico, 'bel lavoro' significa 'schifezza' in fiorentino, perché in passato ci aveva danneggiato diverse volte".

Ore 10.40 - PARLA L'ARBITRO MESSINA. Queste le parole di difesa pronunciate dall'arbitro Domenico Messina: "Ho portato in alto il nome dell'Italia all'estero, non so da cosa dovrei discolparmi. Sono direttore di gara da 27 anni, sono un arbitro internazionale dal 1998. Credo di essere stato un esempio per tanti giovani. Non ho mai fatto parte di una cupola o di un sistema: per 5 anni, dal 2000 al 2005, non ho diretto una gara della Juventus. Sono tornato a farlo nel febbraio 2005 e la Juve ha perso in casa contro la Sampdoria: sarebbe stato un modo strano, nonché sbagliato, per entrare a far parte di un sistema. All'inizio del 2004, quando ero arbitro 'top class', sono stato retrocesso in 'first class'. Alla fine dell'anno mi sono ritrovato in seconda classe. Se avessi fatto parte del sistema, le cose non sarebbero andate così. Io non ho arbitrato la Juventus per cinque anni e mi si dice che faccio parte del sistema. È una situazione paradossale".
L'arbitro conclude facendo notare: "Io non ho mai avuto colloqui con il presidente della Lazio Lotito né con il vicepresidente Mazzini. Dovrei far parte di un sistema perché ho arbitrato una partita di cui parlano due persone che non conosco, se non per incontri istituzionali".

Ore 10.50 - BERGAMO RINUNCIA A DIFENDERSI. L'avvocato Scalise: "Non abbiamo intenzione di difenderci. Paolo Bergamo ha presentato le dimissioni dall'Aia. L'atto è stato trasmesso a Luigi Agnolin, commissario dell'Aia al quale abbiamo inviato una diffida affinché accolga le dimissioni. Da parte dell'Aia c'è un atteggiamento quasi di ignavia. Paolo Bergamo mi ha pregato di non andare oltre in questo procedimento. Chiediamo alla Commissione di estromettere Bergamo da questo procedimento. Non vedo come potremmo portare argomentazioni che non siano di parte. Non possiamo produrre prove, non c'è possibilità di difendersi".

Ore 11.00 - BERTINI SI DIFENDE. L'arbitro Paolo Bertini, accusato per la "presunta" direzione di gara pro-Fiorentina nella partita contro il Bologna (24 aprile 2005), dice: "Le due squadre in campo mostrarono di non giocare la partita e nel secondo tempo accettarono il risultato, pertanto l'operato dell'arbitro era ininfluente. Indicazioni dal designatore Bergamo? Con i miei designatori parlavo tre o quattro volte alla settimana. L'amicizia con Mazzini si riferiva al legame di Mazzini con il mio babbo, che per anni è stato assistente di A e B. Non ho mai avuto contatti con il signor Mazzini se non di questo tipo, e non ho mai telefonato al signor Mazzini se non negli incontri di Coverciano in cui ci trovavamo nello stesso luogo. Faccio notare che negli atti ci sono le telefonate tra Mencucci e Mazzini ma non c'è la prova delle indicazioni che mi avrebbero dato Bergamo, o Pairetto".

Ore 11.10 - LOTITO, FIUME IN PIENA. Il presidente laziale è incontenibile anche per Ruperto: "Sono entrato in Lega calcio per la prima volta l'8 ottobre del 2004. Ho inaugurato una linea di rottura rispetto al sistema e per questo mi hanno dato del 'matto' e del 'suonato', come emerge dalle intercettazioni. Ho cercato di dare una scossa anche dal punto di vista linguistico. Ho parlato di moralizzazione, di calcio didascalico, di nuova genesi di questo sport. Non ho nessun legame con Capitalia. Il presidente del Bologna Gazzoni ha detto che l'intervento di Carraro nei nostri confronti era motivato dai miei legami con Capitalia. Questo non è vero perché Capitalia era, invece, legata a chi ha tentato di portare avanti un'altra linea all'interno della Lazio. Sin dal mio approccio in Lega ho portato avanti una linea di rottura col sistema. Ho fatto campagna elettorale per Galliani non per ottenere favori ma per una condivisione del programma. Non ho mai contattato arbitri e designatori, ma soprattutto non ho mai chiesto favori arbitrali".
Lotito precisa di essersi solo lamentato: "Non ho mai chiesto favori, non ho mai saputo in anticipo quale fosse l'arbitro. Volevo solo che cessassero gli errori sfociati nel celeberrimo Reggina-Lazio. Ho sentito pochissime volte Franco Carraro e solo per lamentarmi dei torti subiti. Mazzini era per me una sorta di psichiatra, aveva sempre una battuta pronta. Sapevo che non contava, ma mi tranquillizzava il fatto che parlava di persone per bene. Lui è un personaggio di reminescenza boccaccesca, non avevo affinità elettive con lui e usare un linguaggio aulico sarebbe stato fuori posto. Poi ho visto in seguito che diceva che ero un pazzo, ma se pazzo significa essere scevro da qualsiasi condizionamento, allora lo sono".
E la "proposta da bandito"? Ecco la spiegazione di Lotito: "Tre me e Della Valle non c'é stata nessuna richiesta di combine della partita Lazio-Fiorentina. La proposta di Della Valle, che io ho definito 'oscena', era legata alla mia presenza nella commissione di Lega sui diritti tv. Io non sono mai stato subalterno a nessuno. Ho cacciato via Moggi e Giraudo rifiutando la vendita di Cesar, perché la Lazio non doveva più essere preda di nessuno. E con me la Lazio non dipende più da nessuno". Claudio Lotito chiude con una professione di passione e amore per il calcio: "Credo ancora a questo mondo, tanto che ho investito altri 20 milioni nel mercato".

Ore 12.00 - MEANI E BABINI ASSENTI. Il presidente Cesare Ruperto chiama a parlare Leonardo Meani e il guardalinee Fabrizio Babini, ma sono entrambi assenti. Meani, che voleva intervenire nel pomeriggio, porterà le proprie dichiarazioni in forma scritta. Ruperto quindi ha deciso una pausa nei lavori, "al massimo di una mezz'ora".

Ore 13.00 - PALAZZI RINUNCIA ALLA REQUISITORIA. È ripresa l'udienza del processo per lo scandalo del calcio. Il presidente della Caf dà la parola al procuratore federale per la requisitoria, ma Palazzi rinuncia alla controreplica: "Le argomentazioni fornite dai deferiti non hanno assunto valenza tale da modificare gli elementi della Procura. Pertanto, questa Procura ritiene di non dover effettuare alcuna replica e di non aggiungere nulla rispetto al deferimento, alla relazione e alle conclusioni". La parola passa ai club terzi interessati.

Ore 13.10 - I TERZI BRESCIA E BOLOGNA. I legali di Brescia e Bologna chiedono che le società responsabili di illecito vengano "escluse dal campionato" e non "retrocesse". L'avvocato del Brescia Bruno Catalanotti ha chiesto alla Commissione di modificare la richiesta della Procura, che per Lazio e Fiorentina ha chiesto la retrocessione, in favore di una scelta che consenta il ritorno in A delle rondinelle: "Il campionato di competenza per la Disciplinare è il campionato in cui è stato commesso l'illecito. Pertanto si chiede che si passi per l'esclusione anziché per la retrocessione perché si parla di un campionato defunto, con partite taroccate che hanno inciso sulla classifica. Se la sentenza accetterà le richieste della Procura invaliderà dunque un'intera classifica".
L'avvocato Mattia Grassani, difensore del Bologna, segue a ruota citando una giurisprudenza di settore e sottolineando che "nella presenza di comportamenti illeciti che comportano diverse responsabilità, non sono mai state fatte richieste nel termine della retrocessione all'ultimo posto".
Ed il Lecce? I salentini chiedono sì l'esclusione, ma ritengono il campionato di competenza quello 2005/2006, circostanza che consentirebbe ai salentini di restare in serie A.

Ore 15.00 - RIPRENDE L'UDIENZA Dopo la sospensione iniziata alle 13.00 si torna in aula. Ruperto dà la parola alla difesa dell'Arezzo, una delle società terze ammesse al dibattimento.

Ore 15.10 - TERZI INTERESSATI, L'AREZZO. Michele Cozzone, legale dell'Arezzo, dichiara: "I fatti contestati sono provati, comprovati e acclarati. È inutile addentrarsi in questioni che la Procura Federale ha già scevrato. Tutto si può auspicare, tranne che l'applicazione delle pene minime. In questa vicenda, tutti gli atti sono finalizzati al conseguimento di un vantaggio in classifica. Alle società coinvolte, accusate di responsabilità diretta, va comminata la pena dell'esclusione dal campionato di competenza, e il campionato è quello appena concluso, secondo il principio dell'afflittività".

Ore 16.00 - LA DIFESA DI PAPARESTA. L'avvocato Aurelio Gironda chiede per il suo assistito "solo la censura, perché non c'è stato comportamento sleale, semmai solo mancata osservanza di correttezza", ribadendo che "il sequestro non c'è mai stato" relativamente all'accusa di omessa refertazione. Ancora il legale: "Vanno viste le attenuanti, perché c'è un solo criterio valido in questo giudizio: l'esigenza di conservare Paparesta in questo settore. Io chiedo che venga solo censurato. La sua presenza tra gli arbitri va conservata, anche per il ruolo che lui ha a livello internazionale. Paparesta è un esempio per gli altri giovani, e lo dimostra il fatto che nonostante la sua autorevolezza non è stato mai raggiunto da chicchessia, non c'è una pagina del processo che riveli il tentativo di qualcuno di avvicinare Paparesta: questo basta per dire quali sono le sue credenziali". L'avvocato Gironda punta il dito contro la vaghezza del procuratore Palazzi: "Io non ho l'oggetto della contestazione, e non l'ho appreso nemmeno dal Procuratore Federale nella sua requisitoria. Il sequestro di persona non c'è stato, lo si apprende da numerose dichiarazioni, non c'è stata nemmeno la percezione e, dunque, nemmeno l'obbligo di refertare".

Ore 16.20 - LA DIFESA DI GIRAUDO. L'ex amministratore bianconero è difeso dall'avvocato Luigi Chiappero che parte determinato: "L'intervento sulle griglie non costituisce una designazione ad personam, perché seguita dal momento aleatorio del sorteggio. Il designatore non è un arbitro: l'illecito sportivo, che si consuma sul campo, va misurato anche dalla distanza rispetto al campo dei fatti messi in atto dalle persone. La designazione è un fatto asettico, perché diventi un fatto che possa comportare un illecito deve essere preceduta accompagnata o seguita da successiva attività. L'intervento nella griglia non costituisce una designazione ad personam: si chiedono gli arbitri migliori, finché si tiene questa condotta, e c'è poi l'alea del sorteggio, non si viola l'articolo 6".
Chiappero si rifà al Codice di Giustizia Sportiva in vigore e ricorda alla Corte: "Il Codice di giustizia sportiva cita la possibilità di provare l'alterazione di una o più gare ma mai e poi mai si parla di sistema. Il codice dice che l'illecito deve essere volto ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, questo per coprire casi in cui l'alterazione è finalizzata al vantaggio di un terzo. Non c'è, invece, la fattispecie di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva". Fin troppo logica questa parte d'arringa dell'avvocato Chiappero, tanto che la fattispecie sarà specificata solo dopo il processo nelle modifiche al CGS.
Chiappero aggiunge: "La Procura Federale commette un altro errore quando prova a trasferire l'accusa di associazione a delinquere nell'ordinamento sportivo. Non si può però affermare, come si legge negli atti, che si possa assicurare un vantaggio in classifica senza alterare il risultato delle partite".
Chiappero passa poi al contenuto delle intercettazioni: "Non tutto quello che viene detto può essere preso come oro colato. La Procura federale ha considerato tutto come discorso diretto. Bisogna invece distinguere le chiacchiere introduttive e i discorsi 'de relato', che abbondano. Luciano Moggi e Antonio Giraudo frequentano più di altri i designatori. Posso dire da subito che è sconveniente, soprattutto in un mondo come quello del calcio, pieno di invidie e di sospetti. Siamo sempre, però, nell'ambito dell'articolo 1 del codice di giustizia sportiva. Per passare all'articolo 6 e, quindi, all'accusa di illecito sportivo, dobbiamo connotare gli incontri. Il primo risale al 21 settembre 2004: dalle carte emerge con estrema chiarezza che non si è parlato nemmeno delle griglie. In base agli atti che la Procura di Torino ha prodotto in relazione ad una telefonata del 20 settembre, Moggi e Pairetto hanno parlato alle 10.11, 45 minuti prima del sorteggio relativo alle partite del 22 settembre. Moggi chiede informazioni sulla tempistica del sorteggio. Alle 11.41, a sorteggio avvenuto, Moggi viene informato da Pairetto che l'arbitro di Sampdoria-Juventus sarà Dondarini".
Chiappero analizza l'incontro della sera del 21 settembre: "C'è una telefonata delle 15.14, tra l'ex designatore Pairetto e l'arbitro Dondarini: al direttore di gara viene chiesto di impegnarsi per fare bella figura. Fino a dopo la partita Sampdoria-Juventus, non ci sarà nessuna telefonata tra Pairetto e Dondarini. C'è la prova provata: l'unico intervento sull'arbitro c'è stato prima dell'incontro serale ed è stato effettuato dal designatore".
Chiappero si è soffermato anche sulle telefonate del 1° dicembre 2004, ventiquattro ore prima di un nuovo incontro, e in particolare su quella, dopo la cena, tra Bergamo e la moglie: "Si comprende che l'oggetto dell'incontro erano i possibili assetti dei vertici arbitrali, si faceva anche riferimento all'ipotesi che il ruolo di designatore venisse assegnato a Pierluigi Collina".

Ore 16.45 - RUPERTO CONTRO CHIAPPERO. Il presidente della Caf Cesare Ruperto interrompe l'argomentata arringa dell'avvocato Chiappero, legale di Antonio Giraudo, e gli chiede: "Avvocato, Lei quanti anni ha?", Chiappero: "51", Ruperto: "E legge libri gialli? Quanti ne ha letti?", Chiappero sembra sorpreso da quelle domande ma risponde: "Alcuni...". al che Ruperto chiosa: "Peccato, se Le dicessi quanti ne ho letti io", e sospende l'udienza.

Ore 17.20 - SI RIPRENDE. Dopo circa venti minuti Ruperto riapre l'udienza e, riferendosi al dettagliato intervento di Chiappero, dice: "Mi affido a queste bellissime intelligenze che mi stanno davanti, perché io sono un vostro ammiratore, della Procura e degli avvocati. Ho fiducia nella vostra intelligenza a capire quello che possiamo contenere nella nostra mente attraverso le orecchie. Da bocca tracima... ci siamo intesi".

Ore 17.30 - CHIAPPERO RIPARTE. Chiappero riparte ad esporre la tesi difensiva che la Juventus, in testa al campionato, non aveva motivo di chiedere favori ai vertici arbitrali: "Nell'atto di deferimento si parla di una cena del 21 dicembre 2004, a cui Giraudo partecipava insieme a Lanese, Moggi e Pairetto. La Juventus era in testa con 4 punti sul Milan, 12 sull'Udinese e 15 sull'Inter, dunque non aveva nessun motivo sportivo di incontrare Lanese e Pairetto. Perché ci sia illecito sportivo serve la necessità, soprattutto la necessità di essere aiutati. Se chi invita non ha nessun problema, non può essere lui a cercare il contatto. La ragione vera di quella cena è quella che Lanese, Giraudo e Pairetto hanno riportato, cioè parlare di politica sportiva. Non erano solo Luciano Moggi e Giraudo ad avere familiarità con i designatori arbitrali. È un comportamento considerato normale. Non credo che ci sia niente di più di una violazione deontologica".
Chiappero ribatte, punto per punto, alle accuse formulate da Palazzi e fa costante riferimento ai testi delle intercettazioni telefoniche effettuate per conto dei pm napoletani: "L'interesse di quelle telefonate era fare la miglior griglia possibile nell'interesse di tutti. Moggi, riferendosi a Tombolini, diceva che quando uno sbaglia va fermato. È importante, perché è un segnale che chi sbaglia viene pulito. Questo - ha spiegato Chiappero - consente di criticare Bergamo e Moggi per il fatto di aver parlato di una materia così delicata, ma non c'è nessun discorso che riguarda la Juventus o Giraudo. Non riguarda una richiesta, un vantaggio o una posizione migliore rispetto agli altri. I rapporti tra i dirigenti bianconeri e i vertici arbitrali erano rapporti criticabili ma essenzialmente normali".
La chiusura dell'avvocato ritorna a Reggio Calabria: "Giraudo ha ammesso di avere ecceduto nei toni dopo Reggina-Juventus e di aver commesso degli errori sul piano della forma, ma non ha mai posto in essere attività idonee ad alterare il risultato sportivo".

Ore 18.30 - ZACCONE PER LA JUVENTUS. E' un'arringa che i tifosi juventini non dimenticheranno mai. Zaccone parte bene: "La Cupola del calcio? Non si può fare un'organizzazione tra persone che non hanno i medesimi interessi. Nel calcio ognuno si fa i fatti i suoi, in contrapposizione con gli altri. Il cosiddetto sistema Moggi coesisteva con altri quattro o cinque sistemi: uno nato a Genova, uno che vigeva a Firenze, uno a Roma, e che vedeva coinvolti i vertici della Federazione, e un sistema che funzionava a Milano. Tutti i sistemi erano tra loro contrapposti e confliggenti. Questo basta per dire che chiunque voglia pensare a un fatto associativo, a una cupola che comprende tutti, non può". Bene sulla "presunta cupola", avanti avvocato: "Un indizio deve essere preciso. Possiamo dire che le telefonate siano precise? Una persona normale non può dire che lo siano. Si tratta di elementi imprecisi. Ci possono essere comportamenti che costituiscono violazioni dell'articolo 1. Un pranzo o un incontro, insomma non possono essere considerati una violazione dell'articolo 6. Le telefonate tra Moggi, che non aveva potere di firma, e Giraudo dimostrano che la Juventus si sentiva accerchiata da altri soggetti e altri sistemi. Come si fa a creare una cupola tra soggetti che non hanno i medesimi interessi?". Fin qui l'arringa del legale torinese non fa una grinza.
Cesare Zaccone prosegue trattando l'illecito sportivo: "L'illecito sportivo non sussiste, accettiamo invece la contestazione per l'articolo 1. L'illecito sportivo è una forma tipica di illecito di pericolo astratto, in cui non è necessario dare la prova del risultato della condotta. Ma bisogna dimostrare la condotta, che deve essere idonea a ottenere un risultato, altrimenti si arriva alla semplice intenzione e si è puniti per un semplice movimento intellettuale".
Responsabilità diretta o oggettiva? Zaccone dichiara: "Non si può parlare di responsabilità diretta della Juventus, ma eventualmente di responsabilità oggettiva, visto che Moggi non è mai stato legale rappresentante della società. Credo anche che per Giraudo vada considerata solo la responsabilità oggettiva. La sanzione richiesta dalla Procura, come scrivevano questa mattina i giornali provocherebbe la svalutazione del parco giocatori dell'80%. Sono in pericolo il 79% dei proventi del club. La Juventus non ha un mecenate alle spalle disponibile ad investire del denaro. L'azionista di maggioranza è una finanziaria che amministra i beni senza dilapidarli in operazioni di risanamento e salvataggio che non rientrano nel suo statuto. Aggiungo che la Juventus è una società quotata che ha un 30% di azionisti privati (ovvero, che potrebbero chiedere i danni, ndr). E concludo ricordando che non si tratta di fatti gravi e che questa è una nuova società. L'unico parametro di valutazione, quindi, è la gravità dei fatti, che a mio avviso va largamente ridimensionata".

PATTEGGIAMO? Dopo queste parole dell'avvocato della Juventus si verifica un fatto clamoroso, che sarà calvalcato e distorto negli anni futuri. E' lo scambio tra Ruperto e Zaccone. Cesare Ruperto chiede a Cesare Zaccone quale sarebbe secondo lui una pena "congrua". Zaccone risponde: "La sanzione accettata, anzi subita ma accettabile, è quella proposta per le altre società a cui vengono fatte le stesse contestazioni, anche se in numero superiore a noi. Dunque la serie B con punti di penalizzazione". Accettabile sa di patteggiamento e Ruperto corregge Zaccone: "Non dica accettabile, sa di contrattazione".
La scelta di Zaccone è incomprensibile, ma le sue parole sono chiare e più articolate del "Dateci la B con penalizzazione" che per anni, non solo nei Bar dello Sport, persino giornalisti professionisti diranno e scriveranno per tacitare i tifosi juventini.

COMMENTI: I protagonisti dello scambio non accettano che si parli di patteggiamento, ma così viene interpretato dalla stampa. Luca Curino sulla Gazzetta scrive: "Clamoroso all'Olimpico: la Juventus accetta la B, anche con punti di penalizzazione. Al termine di una dotta arringa, in cui ha sostenuto che gli elementi configurano al massimo la violazione dell' articolo 1, Cesare Zaccone si è smentito e si è messo praticamente in ginocchio davanti alla corte, lasciando di stucco persino Chiappero, il legale di Giraudo che gli sedeva accanto. Ha tradito addirittura un'intenzione patteggiatoria per la quale è stato ripreso dal presidente. Fino all'altroieri l'avvocato della Juve puntava dichiaratamente a ottenere una penalizzazione in serie A".
Sempre sulla Gazzetta Ruggiero Palombo: "In quel suggerirgli che la parola «congrua» è più adatta di quella usata in un primo tempo dall'avvocato («accettabile»), c'è non solo un modo elegante di eludere una sorta di patteggiamento, ma anche la maniera di cercare una via d'uscita".
Sulla Gazzetta del 7 luglio 2006 leggiamo: "Anche a Torino sono rimasti sorpresi dal coup de théâtre davanti alla Caf e gliene hanno chiesto conto. [...] Perché con la sua richiesta di «pena congrua» di fatto l'avvocato della Juventus ha riconosciuto la legittimità del tribunale. Non a caso Ruperto ha chiesto immediatamente di mettere a verbale la dichiarazione di Zaccone. E poi, a microfoni spenti, si è complimentato con lui e con Luigi Chiappero, legale di Giraudo, per le arringhe: «Fa piacere vedere che il foro torinese continua a esprimere grandi avvocati». Dall'alto della sua autorevolezza ha assegnato loro pure un voto: «Meritate nove e mezzo». [...] Fin dall'inizio del processo si è posto un problema di legittimità della Caf. Ruperto, che è un giurista di altissimo livello, questo lo sa, tanto è vero che dalla prima udienza ha cercato di dare legittimità al tribunale, soprattutto con la concessione di tempo alla difesa. Ma non bastava, aveva bisogno di un riconoscimento, e Zaccone glielo ha dato. Chiedendogli quale sarebbe stata secondo lui la sanzione più congrua per la Juventus, procedura che ha sorpreso tutti, il presidente ha servito un assist e l'altro l'ha segnato".


Della Valle accusa: "Anche l'Inter andava a cena da Bergamo". Il lungo articolo è di Mensurati su Repubblica e riporta le parole di Della Valle: "Nel deferimento ci sono un sacco di errori, Palazzi mi ha confuso più volte con un'altra persona. Poi scrive che sono stato a mangiare con Bergamo a Coverciano mentre ero altrove. Quando ero a Bagno a Ripoli, Palazzi scrive Bagno a Rivoli. Fa pure gli stessi refusi dei carabinieri. Chiedono la mia testa sulla base di un teorema, il teorema Palazzi, costruito attorno al disegno di tre carabinieri che hanno cucito le intercettazioni così come hanno voluto. [...] Le cene da Bergamo le faceva anche l'Inter!".
La cosa più interessante detta da Della Valle, che ripeterà nello Speciale Rai la sera della sentenza, e mai abbastanza analizzata, però è questa: "Bisognerebbe capire chi ha venduto quelle intercettazioni quando sono finite sui giornali la prima volta. I magistrati di Napoli sono convinti che si sia trattato di una fuga di notizie fatta ad arte per evitare l'arresto di alcuni indagati. Io sono convinto, invece, che ci sia un filo conduttore con l'uscita della Roma dalla corsa alla Champions League. E non è un caso che le intercettazioni siano uscite sul Romanista proprio quando noi siamo entrati in Champions".