Aiutiamo la memoria di Paolillo

paolilloPaolillo dice che loro credono nella verità ed allora, fossimo stati lì presenti come lo erano dei giornalisti, avremmo posto la domanda: "Scusi, Paolillo, conferma la nuova verità di Nucini, riportata da Tuttosport del 12 gennaio, secondo la quale Facchetti gli procurò "un giro di colloqui di lavoro presso alcune banche", ed anche con con Lei e la Sua banca?".
Quando sentirete un giornalista fare questa domanda a Paolillo avvisateci. Ma Nucini stimola meno di un De Santis e Paolillo meno di un Moggi, o Giraudo. Questa, purtroppo, è la stampa "professionista" che abbiamo oggi.

I fatti di ieri dicono che una risposta di Andrea Agnelli ad una domanda di un giornalista ha provocato la pronta risposta di Paolillo, che abbiamo potuto vedere su Youtube.
Paolillo dice più volte "Ricordo che..." ma sembra che ognuno ricordi quello che vuole e che ad iniziare sia stato l'altro. Allora rinfrescheremo la memoria.
Partiamo dai fatti di ieri, quando ad una domanda di un giornalista Andrea Agnelli risponde: "Moratti su questo tema mi annoia, quello che mi aspetto è veramente avere una risposta sull'esposto".

A stretto giro di posta Paolillo risponde: "Ma, io dico che ogni volta a parlare per primi non siamo stati noi, ricordo che a parlare per primi sono altri, ricordo che per aver risposto prima della partita di Torino, della Juve, sono stato tacciato di voler fomentare la tifoseria, noi non fomentiamo niente, vedo che altri stanno iniziando a fomentarla prima della partita Juve-Inter. L'Inter ha sempre dimostrato di aver meritato tutto ciò che si è meritata e ha sempre dimostrato di... ed è sempre stato chiaro a tutti che è stata in alcuni anni penalizzata e penalizzata fortemente. Quindi, siccome crediamo nella verità e nella giustizia, anche in quella sportiva, siamo convinti che i fatti che sono davanti a tutti vengano presi in giusta considerazione".

Ricorda bene Paolillo? Non ricorda che già ad agosto Moratti tirò fuori la polemica "meglio essere multietnici che comprare le partite" senza motivo e senza neppure che gli fosse stata posta una domanda diretta?
Aiutiamo la memoria di Paolillo leggendogli quanto scrive il Corriere della Sera del 24 agosto: "Il presidente dell'Inter, Massimo Moratti, in un'intervista al Tg1 riapre con una battuta polemiche che parevano ormai passate dopo Calciopoli... Una sorpresa, visto il tempo passato e visto che il patron della squadra nerazzurra, viene intervistato per celebrare l'ennesimo successo (Supercoppa italiana) nerazzurro. E la domanda che innesca la battuta non riguarda vicende legate a Calciopoli".

Sul fatto che l'Inter sia stata penalizzata "in alcuni anni" rispettiamo il parere di Paolillo, ma gli chiederemmo di parlarci anche degli anni in cui è stata avvantaggiata, come hanno sostenuto Totti e De Rossi quando hanno parlato di aiutini e aiutoni. Se crede nella verità Paolillo dovrebbe dire anche che senza i rigori regalati contro l'Empoli, per fallo di orecchio di Vannucchi, e contro il Parma, colpo di testa di Couto, per citare solo gli episodi più eclatanti di una stagione segnata da incredibili episodi a favore, quello scudetto avrebbe meritato di vincerlo la Roma.

Paolillo dice: "Crediamo nella verità"; ma allora nel 2006 non avrebbero dovuto dire che quella che diceva Bergamo era la verità? Non avrebbero dovuto dire allora che anche l'Inter grigliava, preparava i regalini da andare a ritirare, voleva incontrare Bergamo a Milano o a Forte?
Non avrebbero dovuto dire allora che c'era chi telefonava a De Santis?
Una parte di verità, che conosciamo solo ora, è che l'Inter telefonava e grigliava, e non la sappiamo certo perché uscita da bocche nerazzurre.

Credere nella giustizia è cosa buona e giusta e viene molto più facile quando agli investigatori "l'Inter non interessa", come si rispose all'ex assistente Coppola.
A proposito del credere nella giustizia sportiva, invece, dobbiamo rinfrescare la memoria a Paolillo, e per farlo scegliamo un altro giornale del gruppo che ha un accordo commerciale con l'Inter:

Gazzetta del 23 febbraio 2010, articolo "Moratti «Sentenza ridicola. E ringrazio Abete per la coerenza»" di Nicola Cecere, cui Moratti dichiara: "Non posso certo dire che mi aspettavo una cosa così. Mi chiede un commento... Ci sarebbero di cose da dire, e molte, dopo questa cosa qua... Adesso mi limito a ringraziare sentitamente il presidente federale per la coerenza subito manifestata dopo la telefonata che abbiamo avuto domenica. Riscontro davvero tanta sensibilità nei confronti di una squadra che deve rappresentare l'Italia in Champions League: lui ha fatto in modo che la nostra vigilia fosse il più tranquilla e serena possibile. Sinceramente non immaginavo che fosse così attento e conseguente alla chiacchierata, come la definisce lui, di domenica".
Sullo stesso tema ha fatto le sue considerazioni anche Roberto Beccantini.

Altra dimostrazione di fiducia nella giustizia sportiva, dopo la carezza per il caso Motta-Milito, la troviamo sulla Gazzetta del 10 luglio 2010, articolo "Moratti condannato: «Non mi fido della Figc»", nel quale leggiamo: "...decisione che è il coronamento di un atteggiamento, di una volontà e di una realtà ben precisi - spiega il presidente dell' Inter -. No, non mi sento colpevole di niente. [...] Ho rispetto dei giudici, molto meno della Federazione. [...] Aveva ragione Mourinho quando diceva che quest'anno sarebbe stata dura se fosse rimasto con noi. Diceva che ce l'avrebbero fatta pagare... Lui se ne è andato, io non ho la sua libertà e sono rimasto".

Non male per chi crede nella giustizia sportiva, vero?
E la giustizia sportiva di Palazzi, versione post 2006, ci aveva messo solo un anno per deferirlo, e non aveva chiesto neppure la nullità dei contratti. Guanti di velluto.
Quella giustizia sportiva che nel 2006 non ha letto bene le informative che avevano tracce di telefonate Bergamo-Moratti e di Facchetti a cena dal designatore, che nel 2007 ha dimenticato di chiedere tutte le intercettazioni, che nel 2010 dopo otto mesi ha sentito solo Bergamo e Pairetto sulle telefonate dell'Inter.

La giusta considerazione di qualcosa che si chiama giustizia, sia pur sportiva, è che "i fatti davanti a tutti" avrebbero già dovuto portare da mesi all'ammissione che l'Inter quello scudetto regalato da Guido Rossi non lo meritava per mancanza dei requisiti minimi richiesti.
La verità, piaccia o non piaccia a Palazzi, ad Abete e a Paolillo, oggi è "davanti a tutti", ed il giudizio di chi non è di parte è cambiato dopo aver scoperto la verità che quelle intercettazioni "scartate" raccontano.
Palombo scrisse nel 2006 "Quei furbetti del palloncino". Ma i veri furbetti non sono quelli che l'hanno fatta franca nel 2006 tacendo sui propri comportamenti e raccogliendo il frutto delle punizioni inflitte agli altri?