Telefonate sfuggite prescritte. E ora Palazzi se ne vada

palazziL’atto di archiviazione dell’indagine sulle telefonate sfuggite è un clamoroso atto di autoaccusa della Figc, e in particolare del procuratore Palazzi, che ora non può non rassegnare le sue dimissioni. Notate la litote, che fa il verso alla figura retorica prediletta dal procuratore federale, il quale pilatescamente, nel suo documento scrive "non ci sono fatti di rilievo disciplinare che non siano improcedibili per prescrizione". Ossia descrive e mette in luce quello che non c'è e che sarebbe necessario per procedere, sfumando su quel che c'è.
La prescrizione è da considerare una manna per i soggetti incolpati ed allo stesso tempo una chiara colpa degli organi federali inquirenti che negli ultimi 15 mesi hanno letteralmente dormito, con l'aggravante che queste intercettazioni avrebbero potuto essere richieste a Napoli nel 2006, come ai tempi sollecitò lo stesso Borrelli.
Entrando nel merito del documento pubblicato ieri, e che sui media ha alimentato un dibattito incentrato sulla quérelle dello scudetto di cartone, c’è da evidenziare che in realtà non riassume solo le posizioni di Moratti e di Facchetti, ma anche quelle di altri 12 dirigenti di società (ben 8 uscite pulite nel 2006: Palermo, Atalanta, Cagliari, Chievo, Udinese, Vicenza, Empoli, Livorno; più Reggina e Milan che erano già state punite), dell’arbitro De Santis e dei designatori Bergamo, Pairetto e Mazzei. 18 tesserati in tutto, tra i quali gli unici prosciolti con “formula piena”, e cioè “perché non sussistono fatti di rilevanza disciplinare”, risultano Zamparini, Zanzi (Atalanta) e De Santis. Dal gergo palazzese si capisce che tutti gli altri avevano elementi di reato sportivo non perseguibili solo per sopraggiunta prescrizione. Su Foti e Meani, già giudicati nel 2006, si specifica che riguardo al primo sono emersi fatti su cui in realtà è già stato giudicato, mentre riguardo al secondo sono emersi fatti nuovi che avrebbero aggravato la sua posizione.
Tutto il procedimento viene così archiviato perché tutti gli indagati non sono procedibili, chi per prescrizione e chi perché è innocente. Ma che bisogno c’era di attendere un anno e tre mesi per arrivare a questa conclusione? Dalla Figc abbiamo appreso che questa indagine era partita prima dell’esposto Juve e che si è voluto aspettare le trascrizioni ufficiali del tribunale. A parte che i files audio, più eloquenti di qualunque trascrizione, erano in circolazione fin da subito. Comunque. Proviamo fare un’elementare comparazione.
Caso A: 2006. Poche settimane per disintegrare la Juve sulla base di informative di indagine diffuse illegalmente e contenenti trascrizioni non certificate.
Caso B: 2010-11. 15 mesi per non decidere nulla su altri soggetti (rappresentanti di ben 9 società di calcio) sulla base di atti legittimi e certificati.
Ne risultano almeno quattro importanti conseguenze:
1. Nel 2006 si è svolto un processo monco e se la procura di Napoli avesse passato certe telefonate un altro lungo elenco di società e dirigenti sarebbero andate a processo. In pratica, quasi tutta la serie A.
2. L'Inter ha commesso atti da deferimento e questo rafforza la tesi che quello scudetto va tolto, dato che lo stesso Abete ha detto che l'etica non va in prescrizione.
3. L'unico vero campionato falsato in questa vicenda è il 2006-2007 perché, usando il metro del 2006, altre società avrebbero dovuto essere giudicate, punite, partire con penalizzazioni. La classifica finale 2006/07 sarebbe stata diversa.
4. Oltre alle responsabilità della Figc, ci sono quelle di Auricchio e dalla Procura di Napoli, che hanno fatto la selezione delle telefonate. Tutto ciò ha procurato danni a diversi soggetti, pensiamo ai danni economici patiti dalle società di calcio penalizzate dalle sentenze sportive 2006. E se al termine dell'iter processuale gli imputati venissero assolti?
Particolarmente comiche le minacce interiste di azioni legali in caso di revoca di uno scudetto che non hanno mai vinto, né meritato. Doveroso il comunicato della Juve, che prosegue sulla linea della rivendicazione della nostra storia, intrapresa recentemente.
Sottoscriviamo: il palmarès, quello vero, non cartonato, conquistato sul campo, come da legge dello sport, non si prescrive.
Si rivendica con tutti i mezzi che la ragione e la civiltà ci forniscono.