Farsopoli: le riforme poco sagge dei saggi del Coni

petrucci

Lo scorso 17 novembre Petrucci, presidente del CONI, ha dichiarato che il fatto che la Juventus avesse proseguito la battaglia legale contro la FIGC non era altro che “doping legale”.
“Non ha senso andare avanti dopo l' ultima sentenza (il Tnas ndr). A volte fare un passo indietro significa farne due in avanti.” Agnelli aveva risposto a Petrucci dicendosi disposto ad incontrarsi ad un tavolo per discutere e trovare una soluzione. Come sappiamo il tavolo della pace si tenne, ma si chiuse con un nulla di fatto. Di pari passo Petrucci, proprio per tamponare il possibile proliferare di doping legale, conferiva ad una Commissione di Saggi l'incarico di studiare le possibili riforme della giustizia sportiva. Ed è proprio di oggi la notizia che il Consiglio Nazionale del CONI doveva approvare le nuove linee guida stilate da quella Commissione di Saggi.
Riportano le agenzie che la commissione ha proposto l'abolizione di un grado di giudizio, da tre a due, e che i processi sportivi non potranno durare più di 15 giorni. L'appello potrà essere proposto o presso l'organo di Appello federale o direttamente all'Alta Corte di Giustizia Sportiva (o al TNAS solo quando vi sono danni materiali). Il tempo per proporre ricorso sarà di soli dieci giorni per le società e di trenta per i tesserati. La Procura federale dovrà indagare e chiudere il fascicolo entro novanta giorni e potrà indagare su fatti avvenuti non oltre i 12 mesi precedenti. Solo se la giustizia ordinaria segnalasse ipotesi di reato sportivo la prescrizione rimarrebbe quella attuale. La Commissione di Saggi ha stabilito poi che il Consiglio federale non potrà dichiararsi incompetente per l'attribuzione o la revoca del titolo di campione d'Italia. Infine la revisione delle sentenze sportive potrà essere richiesta dai tesserati entro 30 giorni dai fatti nuovi o dalla pubblicazione della sentenza della giustizia ordinaria. Le società non potranno richiedere la revisione dei processi sportivi, ma ricorrere al Consiglio federale e solo in caso di provvedimenti illegittimi. Queste, a grandi linee, le decisioni della Commissione dei Saggi. Pur non avendo letto il testo consegnato al CONI dalla Commissione, già solo in base a queste prime notizie se ne possono trarre alcune considerazioni.
L'abolizione di un grado di giudizio non è altro che la riproposizione di quanto fatto illegittimamente nel processo sportivo dell'estate del 2006, così come la pretesa di accorciare i tempi del processo. Ma aver visto quello schifo di processo con la prevaricazione dei diritti delle difese non ha insegnato niente? E' possibile che si voglia legittimare e condurre nel solco della legalità una procedura che legale non è? Quale tutela costituzionale ha l'incolpato della giustizia sportiva se si vede privato di un grado di giudizio e, soprattutto, se vengono così compressi i tempi del giudizio? La Commissione dei Saggi (detto fuori dai denti qui francamente la saggezza non si vede) avrebbe dovuto piuttosto prestare attenzione a quanto detto dall'ex capo ufficio indagini Borrelli alla Commissione Giustizia del Senato nel settembre 2006. Borrelli ammise con difficoltà, ma con estrema onestà intellettuale, che un processo sportivo di tal fatta non tutela minimamente il diritto delle difese. Era necessario introdurre, a dire di Borrelli, un meccanismo che permettesse alle difese di sindacare sulle prove da portare in giudizio, e di portare esse stesse prove a discolpa. In buona sostanza Borrelli suggeriva di prevedere una fase istruttoria del processo sportivo con la partecipazione delle parti, e di non limitarsi a celebrare processi con le sole prove portate dalle accuse. Ma niente di tutto ciò è stato accolto dalla Commissione dei Saggi; e allora dov'è la novità, qual è il notevole passo in avanti verso un giusto processo sportivo?
Ma i saggi hanno altresì previsto che il Consiglio Federale non potrà più dichiararsi incompetente e dovrà pronunciarsi sull'assegnazione o la revoca di un titolo. Ed anche qui dov'è la novità? I famosi tre saggi di Guido Rossi erano arrivati alla medesima conclusione già nel 2006 interpretando le norme vigenti all'epoca. In buona sostanza la riforma proposta dai saggi non rappresenta niente di nuovo rispetto a quanto già visto. Un'operazione gattopardesca: cambiare tutto per non cambiare niente. L'intento ultimo è palesemente quello di obbligare le società ed i tesserati a rimanere nell'ambito della giustizia sportiva, escludendo il ricorso alla giustizia ordinaria. Ci sembra che questa “esclusività forzata” sia contraria al dettato costituzionale che garantisce (art. 24) che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi". Forse il punto nodale è semplicemente questo: è ancora tollerabile una giustizia sportiva domestica con tutte le sue storture e tutte le sue prevaricazioni? Non è giunto il tempo di smantellare la "speciale giustizia sportiva" e demandare tutto a sezioni specializzate dei tribunali ordinari?