Audizione di Borrelli al Senato

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Questa è una pagina da conoscere e ricordare. Una pagina di calciopoli che è una "chiave" per capire meglio quanto è successo e farsi un'idea del perchè. Perchè tre Procure della Repubblica (Torino, Roma e Napoli) hanno adottato comportamenti tanto diversi? Torino ha trasmesso gli atti a indagine chiusa, Roma ha rifiutato di trasmetterli e Napoli li ha concessi a Borrelli che, in quel momento, era un semplice cittadino, non avendo ancora ricevuto alcun incarico. Inoltre è interessante la considerazione del Senatore Manzione: "ribadisco che per fortuna, come ho detto in premessa, tutto questo non ha dato la stura ad una serie di ricorsi in via amministrativa, altrimenti sarei stato curioso di conoscere come il giudice amministrativo avrebbe valutato una serie di violazioni che obiettivamente esistono e una serie di forzature che obiettivamente sono state consumate".
Dell'audizione riportiamo gli stralci più interessanti.

Senato della Repubblica XV LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

2ª COMMISSIONE PERMANENTE (Giustizia)
INDAGINE CONOSCITIVA SUL FENOMENO DELLE
INTERCETTAZIONI TELEFONICHE
25ª seduta: giovedì 14 settembre 2006
Presidenza del presidente SALVI

MANZIONE (Ulivo). Dottor Borrelli, lei ha svolto una relazione realmente esaustiva. A volte dobbiamo rivolgere dei complimenti a tutti gli auditi, perché ciò fa parte di una ritualità parlamentare; in questo caso, invece, devo veramente compiacermi del fatto che lei non ha omesso nessuno degli elementi di perplessità che, rispetto a quanto è successo, in qualche modo venivano evidenziati.
Per fortuna, la piega che ormai le vicende hanno preso – mi riferisco alla rinuncia da parte di quasi tutti i soggetti al ricorso alla giustizia amministrativa e quindi al riconoscimento implicito della validità dell’ordinamento sportivo quale unico riferimento per la soluzione di controversie di questo tipo – ci evita che alcune domande possano essere interpretate come volte a creare determinate condizioni. Possiamo dire di svolgere un ragionamento meramente accademico, che comunque è finalizzato alla nuova legge, in quanto ci serve a comprendere meglio in che modo possa essere creata questa interconnessione.
Lei, dottor Borrelli, ha svolto una relazione apparentemente scarna, ma in realtà corposissima, perché ha parlato di tutti i problemi fondamentali. Il primo problema fu introdotto dal decreto-legge poi convertito nella legge n. 280 del 2003 che, per risolvere un problema specifico (i ricorsi ai vari TAR pendenti in Italia, che avevano determinato il blocco del campionato e l’ammissione o la sospensione di una serie di provvedimenti nei confronti di molte squadre), decise di concedere una deroga alla Federazione italiana gioco calcio rispetto ai regolamenti, per poter ammettere in più tantissime altre squadre, e cercò di regolamentare i rapporti fra ordinamento statale e ordinamento sportivo. Ciò non dovrebbe mai avvenire per decreto-legge, perché parliamo di situazioni giuridicamente così complesse che meriterebbero un approfondimento maggiore; molto spesso, tuttavia, il legislatore utilizza l’occasione specifica per cercare di risolvere una serie di problemi. D’altra parte, questo riconoscimento espresso alla giustizia sportiva circa l’autonomia dell’ordinamento sportivo era la richiesta più forte che veniva fatta. È strano che il riconoscimento dell’autonomia dell’ordinamento sportivo avvenga attraverso il riconoscimento di una deroga alle norme che regolano l’ordinamento sportivo stesso. Questo sarebbe tutto da spiegare: mi chiedo come mai, se c’è l’autonomia, dal soggetto che in qualche modo incarna quell’ordinamento sportivo che pretende l’autonomia si chieda all’ordinamento statale una deroga per violare quelle regole. Ma ciò fa parte della storia di questa nostra Repubblica e ci interessa poco.
Quello che ci interessa invece – e veramente mi affido alla sua competenza, che lei ha di nuovo in maniera concreta rappresentato in quest’Aula nel corso della presente audizione – è affrontare e comprendere una serie di questioni. Non ci sono riverberi né sviluppi; stiamo svolgendo un ragionamento e abbiamo bisogno di comprendere a tutto tondo – come diceva il presidente Salvi – quali siano, nella prospettiva della nuova legge, le situazioni che effettivamente si vanno a determinare.
Da quello che mi risulta siamo in presenza di un atto di archiviazione della procura della Repubblica di Torino del procedimento per frode sportiva nei confronti della Juventus. Dopo tale archiviazione la suddetta procura ha trasmesso alla Federazione italiana gioco calcio una serie di atti, ritenendo che benché non vi fossero elementi per una valutazione dal punto di vista della giustizia sostanziale, dell’illecito penale e quant’altro, potessero esservi comunque delle circostanze da prendere in considerazione. Questo è il primo dato di cui vorrei avere conferma da parte del dottor Borrelli tenuto conto che a volte le notizie che apprendiamo provengono dagli organi di stampa e quindi può darsi che le cose non siano andate proprio in questi termini.
Subito dopo vi è stata la pubblicazione su due allegati del settimanale «L’espresso» di una serie devastante di intercettazioni facenti parte di una indagine in corso presso la procura della Repubblica di Napoli. Aggiungo che quest’ultima non aveva ancora emesso neanche un avviso di garanzia, si era quindi ancora nella fase preliminare delle indagini nell’ambito della quale il magistrato aveva quindi bisogno di valutare gli elementi che erano stati acquisiti dalla polizia giudiziaria per decidere contro chi procedere e che cosa contestare. Tuttavia la pubblicazione sul suddetto settimanale di questi due corposi volumetti ha determinato una accelerazione anche di quel procedimento, tanto è vero che hanno avuto luogo le conferenze stampa della procura di Napoli e quant’altro. Questo era il secondo versante della questione.
Il terzo versante riguarda la procura della Repubblica di Roma dove sappiamo che era in corso un’altra indagine, non ricordo bene se legata soltanto alla società del figlio di Moggi o ad altro, mi sembra comunque che questi fossero i limiti, perlomeno quelli trapelati all’esterno. Allora dottor Borrelli, la prima domanda che desidero rivolgere è la seguente: si è in presenza di tre fattispecie diverse, e nello specifico mi riferisco ad una archiviazione, ad un’istruttoria in corso, nell’ambito della quale la procura interessata ha messo a disposizione gli atti, e ad un’ulteriore istruttoria rispetto alla quale a quanto ci risulta la procura competente ha invece deciso di non mettere a disposizione i relativi atti. Ebbene, dottor Borrelli, lei può confermare queste circostanze e ci può aiutare a comprendere per quale ragione siamo di fronte a meccanismi complessivamente diversi. Infatti, se è vero che la legge sulla frode sportiva (la citata legge n. 401 del 1989) al comma 3 dell’articolo 2 prevede la possibilità di richiedere copia degli atti del procedimento penale ma siamo in un ambito discrezionale, quindi è possibile richiedere ed è altrettanto possibile concedere, ma in tal senso non è previsto alcun obbligo. A fronte di ciò come si spiega allora il fatto che rispetto a situazioni parzialmente diverse ed in parte coincidenti, mi riferisco a quelle di competenza rispettivamente delle procure di Roma e Napoli, e del tutto diverse, quelle trattate dalla procura di Torino, si siano avute risposte completamente diverse, per lo meno da quanto ci risulta. Questo serve anche a far comprendere che ci stiamo riferendo ad una normativa obiettivamente non chiara. La norma prevista all’articolo 2 della legge n. 401 sostanzialmente non era stata mai utilizzata, perlomeno non in maniera così vistosa posto che a mio avviso essa nasceva in collegamento diretto alla materia della frode sportiva; ripeto, tale norma scaturisce da quella esigenza proprio perché quando il legislatore la valuta si rende conto che è necessario un interscambio onde consentire in qualche modo la valutazione delle prove raccolte per altre finalità. Quindi sulla correttezza della vicenda a mio avviso c’è molto da discutere.
Le pongo però un’ulteriore questione. Lei, dottor Borrelli, ha affermato che nei vari gradi della giustizia sportiva nessuno ha contestato l’autenticità delle intercettazioni, tant’è che alcuni invitavano ad ascoltare bene e a considerare le pause sottolineando come si fosse in presenza di un atteggiamento guascone, ossia quello di chi vuole esibire cose che non ha e di chi vuole «millantare», e quindi non di chi gestisce e domina. Ora il problema secondo me non è quello di comprendere bene quello che si dice, ma di sapere rispetto a quale gamma e in quale panorama di intercettazioni viene estrapolato solo un determinato contesto. Nella disciplina ordinaria abbiamo dei problemi a ragionare della tutela della riservatezza perché rispetto a tutto il materiale fatto oggetto di intercettazioni non è possibile immaginare una selezione terza; questo proprio perché c’è il diritto delle parti che – laddove non lo faccia il pubblico ministero – potrebbero rinvenire un interesse magari per la difesa ad utilizzare quelle intercettazioni che per il pubblico ministero sono del tutto neutre. La grande difficoltà che riscontriamo è appunto questa. Tant’è che la possibilità di filtro prevista dall’articolo 268 del codice di procedura penale è assegnata al GIP, il quale in contraddittorio, sulla base della richiesta delle parti che quindi hanno contezza di tutto il «magma intercettativo» – mi si passi l’espressione – può al riguardo valutare. Ciò significa che una corretta difesa nasce laddove tutta la gamma degli elementi viene messa a disposizione e quindi come il pubblico ministero può decidere quale elemento serva a rafforzare l’ipotesi accusatoria, così il difensore può stabilire quale elemento sia utile a confutarla.
Ora però la procura di Napoli non ha messo a disposizione tutte le intercettazioni e una delle doglianze che i difensori delle varie società sportive interessate hanno avanzato davanti agli organi di giustizia sportiva riguarda proprio questo aspetto e cioè da chi sia stata operata la selezione degli atti utilizzabili. Questa è anche l’altra domanda che pongo al dottor Borrelli posto che la questione non è la veridicità o meno dell’intercettazione, ma il contesto complessivo all’interno del quale essa viene svolta, tenuto conto che le conversazioni che precedono e seguono una determinata telefonata possono risultare illuminanti al fine di valutare determinati elementi. Ora è chiaro e comprendiamo perfettamente che per la giustizia sportiva il fatto stesso che si intrattenga un determinato rapporto diventi un elemento fondamentale perché magari questo può ledere quel dovere di lealtà che in tale ambito rappresenta un patrimonio irrinunciabile posto che non interessa tanto perché accadano certe cose, ma lo stesso fatto che accadano e quindi che esistano dei tentativi di condizionamento, guasconi o meno che siano. Detto questo, dottor Borrelli, proprio per la funzione che ha svolto per tanti anni immagino comprenda benissimo che comunque una qualche deviazione rispetto a quello che è l’ordine cose al riguardo si è obiettivamente verificata.
C’è poi un altro dato da considerare. Noi ci stiamo riferendo ad intercettazioni che, se pure disvelate dalla pubblicazione nei due numeri de «L’espresso», riguardano comunque una fase preliminare di un procedimento, addirittura precedente all’eventuale avviso di garanzia trasmesso alle parti e che quindi non possono essere disvelate. A meno di non reputare di essere di fronte a un precedente e quindi considerare che la violazione delle regole sul segreto istruttorio e sulla riservatezza ha ragion d’essere nel contesto complessivo delle previsioni del nostro codice fino a quando qualcuno sugli organi di stampa non decide di violarle diventando quello l’elemento che dà la stura ai comportamenti successivi: ne consegue che dato che il segreto istruttorio è stato violato dalla stampa si decide di procedere mettendo a disposizione gli atti. Lei però dottor Borrelli, ritiene che se non ci fosse stata quella pubblicazione la procura di Napoli avrebbe messo quella documentazione a disposizione della Federazione italiana gioco calcio che, benché affiliata al CONI, resta comunque un’associazione di diritto privato come qualunque altro tipo di associazione? Ebbene, a fronte di una comparazione degli interessi complessivi, lei crede che avrebbe approvato la violazione delle regole concedendo ad un’associazione privata la disponibilità di quegli atti? Se lei fosse stato il procuratore della Repubblica di Napoli che cosa avrebbe fatto?
E’ ovvio quindi che si è in presenza di una serie di distorsioni assai evidenti. D’altra parte – il dottor Borrelli lo ha già detto con grande obiettività – è chiaro che vi è il limite previsto dall’articolo 116 del codice di procedura penale sulla pubblicazione, ma sappiamo anche che è inevitabile che nel momento in cui si utilizza il dettato di tale articolo, collegato all’articolo 2 terzo comma della già citata legge n. 401, per tentare di legittimare – si tratta di una mia valutazione – un comportamento discutibile va poi considerato l’ulteriore limite della pubblicazione. Del resto stiamo parlando di un procedimento disciplinare che aveva un’eco obiettivamente così rilevante da non potere essere tenuta sotto il silenziatore e quindi figuriamoci se mentre erano in corso le indagini da parte della procura della Repubblica di Napoli fossero stati pubblicati i dossier! Tale procura dovrebbe comunque essere considerata dal punto di vista della tutela della riservatezza e della sicurezza un ambiente meno violabile, figuriamoci rispetto alla giustizia sportiva; trattandosi infatti di un’associazione privata è chiaro che non può dotarsi delle stesse regole.
Concludendo, ribadisco che per fortuna, come ho detto in premessa, tutto questo non ha dato la stura ad una serie di ricorsi in via amministrativa, altrimenti sarei stato curioso di conoscere come il giudice amministrativo avrebbe valutato una serie di violazioni che obiettivamente esistono e una serie di forzature che obiettivamente sono state consumate.
Per fortuna siamo nella fase in cui è possibile utilizzare quanto accaduto solo per cercare di disegnare una normativa che sia più attenta alle esigenze di tutti, anzitutto ai diritti delle persone che inevitabilmente vengono coinvolte nelle intercettazioni senza entrarci nulla. Questo ulteriore rischio lo abbiamo corso: infatti, se poteva essere astrattamente legittimo che una parte dell’intercettazione, che riguardava un arbitro o un direttore sportivo di una società, avesse trovato accesso nel procedimento sportivo – ma io sostengo che non era possibile – a maggior ragione bisognava tentare di immaginare un sistema che epurasse l’intercettazione da tutti i riferimenti a soggetti estranei alla vicenda. Se la tutela della riservatezza e il diritto alla privacy esistono nell’ordinamento statale, non possono essere cestinati attraverso un rimbalzo anomalo, dal mio punto di vista, nell’ordinamento sportivo, di cui bisogna valutare la valenza. Questa è la panoramica complessiva. So di affidarmi ad una persona dall’esperienza illuminata e che è capace di immaginare una riflessione che non deve essere autocritica, ma che deve servire solo per comprendere effettivamente quali sono i limiti e i confini che devono essere tracciati per evitare il ripetersi di certe situazioni.