Il punto sul mercato /1 - L'Italia

calciomercatoE’ ufficialmente iniziata la nuova stagione calcistica.
E’ il momento in cui le squadre si radunano, dove le pretendenti ai massimi obiettivi riprendono a lavorare tra speranze, illusioni e i primi verdetti dei tifosi in relazione al mercato, mai come quest’anno votato al risparmio (salvo eccezioni arcinote), ma che non ha mancato di far discutere, tra chi si dichiara soddisfatto e chi invece contesta l’operato della propria società.
Va detto che la sessione estiva durerà fino al 31 agosto, addirittura quando tutti i maggiori campionati continentali avranno già preso il via, tuttavia quello che è successo fino ad oggi consente di tracciare un primo bilancio sulle operazioni ufficializzate, considerato che, a meno di stravolgimenti ad oggi poco probabili (ma comunque circoscrivibili a 2/3 realtà, e ne parleremo), le rose attuali delle grandi d’Europa dovrebbero rimanere sostanzialmente invariate.
Iniziamo a valutare le mosse delle squadre italiane che si presentano con il ruolo di favorite per le posizioni di maggior prestigio in classifica.

Il Milan ha perso Kakà, ha puntato (invano) Edin Dzeko e ora starebbe per chiudere con Luis Fabiano, capocannoniere dell’ultima Confederations Cup.
Parrebbe una seconda scelta, visto che il bosniaco era considerato prioritario, e va detto che il brasiliano (29 anni a novembre), pur essendo un giocatore di ottimo livello, non solletica l’appetito dei tifosi milanisti, puntualmente scesi in piazza a contestare la società, nonostante i 22 anni di soddisfazioni regalate da questa dirigenza al popolo rossonero.
Popolo rossonero che dovrebbe ricordarsi dove stava prima dell’avvento di Berlusconi, impelagato tra i Buticchi, i Colombo e i Farina
E’ indiscutibile che se i tifosi del Milan potessero scegliere tra ingaggiare “’O Fabuloso”, oppure ringiovanire con qualche stregoneria di almeno 3 o 4 anni l’eterno Inzaghi, lascerebbero sicuramente il centravanti del Siviglia in Andalusia.
Tra gli affari conclusi, da gennaio Thiago Silva e da pochi giorni l’americano Onyewu (ventisettenne
difensore ex Standard Liegi) e una serie di giovanotti di belle speranze (Zigoni, Beretta, ecc.) che andranno a rimpolpare quello che un tempo era uno dei vivai più prolifici d’Italia, ma che negli ultimi anni è stato depauperato in modo preoccupante.
Un vivaio dal quale uscirono molti alfieri del Milan dai tempi di Liedholm e che attraversarono le ere di Sacchi, Capello e Ancelotti.
Leonardo sembra puntare su un 4-3-3 più veloce e dinamico e la probabile permanenza di Pirlo (inizialmente dato per partente, ma ora meno certo di raggiungere il suo ex tecnico a Londra) non è detto che sia completamente funzionale ai piani del neo tecnico rossonero.
Sfumato, per questioni ancora poco chiare, il laterale del Porto Cissokho, il Milan punterà molto, se non tutto, sull’ulteriore crescita di Pato e sulle speranze di rigenerare Ronaldinho: se l’ex Barça dovesse tornare appena al 70% del rendimento tenuto in Catalunya, i rossoneri potrebbero divertirsi e non rimpiangere “Riccardino”.
Difficile, ma non impossibile.

Sull’altra sponda del Naviglio, le turbe di Ibrahimovic e Maicon hanno infastidito non poco i vertici nerazzurri, e ancora non è scritta la parola fine sul tormentone relativo allo svedese, partito per Los Angeles (sede del ritiro interista) non prima di aver dispensato frasi poco rassicuranti sulla sua effettiva volontà di rimanere a Milano
Una voce riportata anche dalla Gazzetta dello Sport (quindi non sappiamo quanto attendibile…) riferisce di un contatto tra il Chelsea ed Ibrahimovic (prigioniero della società ma, soprattutto, del proprio ingaggio), mentre aspettiamo che Maicon rientri dalle vacanze per ripartire con la “telenovela” che lo riguarda.
Alla “Pinetina” è scoppiata immediatamente l’ennesima polemica innescata da Mourinho, il quale ha dichiarato di "non aver a disposizione la squadra dei suoi sogni e di non poter puntare alla Champions League", stuzzicando l’orgoglio interista quando, a proposito di una domanda riguardante il Real Madrid, rispondeva “non parlo di Real Madrid perché quest’anno penso che non giocheremo contro di loro”.
Questo significa che lo Specialissimo nella prossima Champions League pensa di non arrivare nemmeno agli ottavi?
E ancora: “avevamo quattro obiettivi precisi e ne sono arrivati solo 2 (Motta e Milito; Arnautovic e Alibec, ennesimo affare con i Becali, non li considera nemmeno, ndr), dovevamo cedere almeno 8 elementi ma nessuno vuole andare via dall’Inter”; per finire, con tono serio e perentorio; “se questi giocatori sono rimasti con la speranza di poter giocare, io dico loro che se lo possono scordare”.
Bell’ambientino, non c’è che dire!
In risposta a Mourinho, forse incapricciato per non aver ricevuto in regalo Deco e Carvalho (ma forse più di lui è arrabbiato il suo procuratore, l’onnipotente Jorge Mendes), le frasi di Marco Branca, responsabile operativo del mercato interista, che giudica allo stato attuale come “cattivi affari” gli ingaggi dei due portoghesi.
Ma, come sempre, il Massimo viene toccato dal presidente Onestissimo, il quale reagisce stizzito nei confronti del suo allenatore (al quale ha appena rinnovato ed aumentato l’ingaggio, ricordiamocelo), sgomberando il campo da possibili scuse (“La squadra è competitiva per la Champions League, questa volta non voglio alibi”) e rivelando quanto le voci di questi giorni circa l’ingaggio di Nedved da parte della sua squadra fossero un’idea dovuta “al carattere del professionista e dell’uomo, che avrebbe fatto comodo a qualunque squadra l’avesse ingaggiato”.
Ma Pavel Nedved per fortuna ha preferito rinunciare a vestire la maglia di chi, dopo uno Juve-Inter di meno di due anni orsono, lo coprì di offese addossandogli la responsabilità in merito all’infortunio patito da Figo, il prediletto dell’Onestissimo.
Un altro schiaffo all’Onestissimo arriva dalle dichiarazioni del suo ex allenatore Mancini, il quale da qualche tempo a questa parte sembra volersi togliere parecchi sassolini dalle scarpe relativamente al suo periodo interista, e in particolare sulle “interferenze tecniche” che il patron nerazzurro tentava di imporre al tecnico jesino (leggasi: Moratti voleva fare la formazione).
Non ne esce bene Moratti, non ne esce bene l’Inter, e un mercato immobilizzato da atleti dalla pancia piena e dall’ingaggio improponibile per altre realtà peggiora ulteriormente la situazione. Nelle ultime ore pare che Obinna si sia avvicinato al Napoli, con somma gioia di Mourinho che vede ridursi di un elemento la lista degli indesiderati. Campa cavallo...

Una situazione che è simile, per certi versi, a quella della Juventus, dove pedine strapagate e rivelatesi fallimentari non trovano collocazione a causa del loro ingaggio smisurato.
I Poulsen, i Tiago (che Ferrara vorrebbe, almeno a parole, recuperare), gli Almiròn, lo stesso Trezeguet (che la società con tanta leggerezza ha messo sul mercato, e non si capisce il perché) sono ostaggi dei loro salari, ed impediscono alla società di monetizzare preziose risorse da reinvestire in ruoli che ne avrebbero bisogno (due esterni difensivi, si parla di Grosso e Rafinha; inutile dire che servirebbero come il pane).
E’ certo che la Juventus finora è stata, tra le grandi tradizionali, la più attiva sul mercato.
A Torino sono arrivati Diego, Cannavaro e Felipe Melo, per una cifra che si aggira sulla cinquantina di milioni per i due brasiliani, con il fantasista approdato sotto la Mole dopo una lunghissima trattativa (“iniziata a gennaio 2008”, parole di Alessio Secco) che ha rischiato di saltare per l’inserimento in extremis del Bayern Monaco, mentre il centrocampista ex viola è stato ingaggiato vincendo la concorrenza dell’Arsenal e inserendo come parziale contropartita Marchionni, una plusvalenza risicata che in tre anni non ha fruttato nemmeno quanto è costato d’ingaggio (4 milioni per il totale del cartellino): fortuna che il piccolo centrocampista arrivò a parametro zero, uno degli ultimi “regali” della precedente dirigenza.
Certo che in fatto di plusvalenze quella realizzata dalla Fiorentina con Melo è straordinaria; dopo averlo pagato 8 milioni 12 mesi fa, ora Corvino lo ha rivenduto a più del triplo.
Resta la sensazione che le cifre siano esagerate, ma apprezziamo una cosa di questa campagna acquisti juventina: si è andati decisi su certi obiettivi e li si è raggiunti, una volta tanto non lesinando investimenti.
Esemplare in tal senso la trattativa per D’Agostino, sponsorizzata ovunque e considerata da tutti come prioritaria: ebbene, la valutazione di 10/12 milioni data dalla Juventus al giocatore, cifra in stridente contrasto con quella inizialmente richiesta da Pozzo (circa il doppio, cifra che poi la Juve ha investito per Melo), risulta sostanzialmente corretta, visto che anche il Real Madrid “spendaccione” ha “salutato” i friulani non appena venuto a conoscenza delle richieste udinesi.
Tornando alla Juventus, la doppia diga a centrocampo (Sissoko- Felipe Melo) consentirà di attaccare con diverse soluzioni, col 4-2-3-1 che sembra il modulo più adatto, ma facilmente modificabile in 4-3-2-1 o 4-3-1-2, anche a partita in corso.
Questa squadra sembra più “camaleontica” rispetto alla precedente, che l’allenatore della scorsa stagione accostò al simpatico animale dalle proprietà mimetiche.
Sarà il campo a parlare, chi vivrà vedrà…

Saranno queste, presumibilmente, le tre squadre che si giocheranno il prossimo scudetto, e nelle posizioni di rincalzo da valutare la posizione della Fiorentina, che al momento si è indebolita senza il centrocampista brasiliano ceduto alla Juventus e con i soli ingressi di Marchionni e Natali.
E’ ovvio che a Firenze qualcuno arriverà; assisteremo all’ennesimo colpo a sorpresa di Corvino?
Ad incalzare i viola ci saranno il Genoa, che ha perso i suoi due giocatori più rappresentativi ma ha lavorato bene per il presente (Floccari, Crespo, Kharja, Tomovic, e non pare finita) e benissimo per il futuro (Acquafresca e Meggiorini, dirottati altrove ma rimasti in orbita rossoblu); l’ambizioso Napoli (De Sanctis, Zuniga, Campagnaro, Cigarini e Quagliarella, gli azzurri hanno speso quanto la Juventus); e l‘intrigante Palermo (Pastore, Bertolo, trattativa avviata per Dzemaili) di Walter Zenga, un tecnico che ha idee e personalità.
La Lazio conferma Zarate e per bocca del suo fumantino presidente “inchioda” gli scontenti (De Silvestri, Pandev, Ledesma) alla poltroncina in tribuna, mentre la Roma, contestata dagli ultras, supportata dalla politica e al centro di interminabili (quanto fumose) trattative per la cessione della società, limita al momento i suoi movimenti al riscatto di Motta (già in rosa, riscattata la seconda metà dall’Udinese) e all’ingaggio (a parametro zero) dell’ex barese Guberti.
I giallorossi dovranno cedere qualcuno per poter girare il ricavato su un eventuale rinforzo.
Sempre che Unicredit, tra un ultimatum alla famiglia Sensi e l’altro, dia l’avallo all’operazione…


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