Vendita diritti TV: di tutto, di più

diritti tvApparentemente la storia della vendita dei diritti tv per le società di serie A da qui al 2010 è già scritta e a lieto fine: per le prossime due stagioni si procede con le vendite individuali e poi, dal 2010-11, prenderà il via la vendita collettiva; nell'ultima assemblea di Lega del 17 luglio è stato scelto anche l'operatore che farà da advisor e così Matarrese ha potuto annunciare che tutto è a posto e che, appunto, il lieto fine è già scritto.

Si dà il caso, però, che nel frattempo il sottosegretario Crimi è pubblicamente intervenuto sulla necessità di rivisitare la questione dei diritti tv per tutti gli sport, tenuto conto della normativa europea in tema di libera concorrenza e con l'avvertenza che in nome di quella normativa Sky ha fatto ricorso; si dà il caso, cioè, che il nuovo governo possa avere in merito idee molto diverse dal precedente. Forse, allora, è meglio essere un po' cauti e così, fedeli al detto del caro vecchio Trap del "non dire gatto se non ce l'hai nel sacco", cerchiamo con questo articolo di offrire spunti di ragionamento su quanto autorevolmente detto (o non detto) negli ultimi tempi per capire che tipo di storia è stata scritta, da chi e perchè; di capire, insomma, se il gatto è nel sacco oppure no; si tratta di spunti a più mani e all'apparenza non collegati uno all'altro ma forse, ragionandoci sopra, il collegamento ognuno, a modo suo, potrebbe trovarlo.

L'ODORE DEI SOLDI - Presentata come una grande "battaglia ideologica" quella della vendita dei diritti tv è, prima ancora, una "guerra per soldi", quei soldi che consentono al baraccone del calcio di continuare con i suoi spettacoli e recite. Prendiamo ad esempio la situazione attuale di Juve e Toro per accennare qualche cifra: nel bilancio dell'anno solare 2007 il Torino ha realizzato ricavi complessivi per 47,5 milioni, di questi ben 25,2 milioni sono relativi ai diritti tv che contano, quindi, per il 53% del totale; quanto alla Juve, secondo una recente dichiarazione del responsabile marketing, Fassone, nell'ultimo anno della gestione Giraudo-Moggi su un fatturato totale di 256 milioni ben 140 provenivano dalla vendita dei diritti tv; complessivamente per la serie A può stimarsi che 700-800 milioni di ricavi provengono dagli acquisti degli operatori televisivi. Di fronte a queste cifre è evidente che l'annuncio e la futura messa in atto della vendita collettiva ha generato miraggi e incubi: per Cairo e il Torino, per esempio, il miraggio di incassare una ventina di milioni in più e poter azzerare i debiti (o comprare un grande centravanti?); per Cobolli Gigli l'incubo di un ammanco capace di far sballare, non sia mai, la quadratura finanziaria del piano strategico; in sintesi per tutte le società, di fronte al prennuncio di una legge che vuole riequilibrare la ripartizione dei ricavi totali, il richiamo dei soldi o la puzza di bruciato, a seconda dei casi.

BALDASSARRE, MURDOCH E COBOLLI GIGLI - L’odore dei soldi, tradotto in azioni, ha portato ad uno scenario in cui ognuno sembra aver occupato una posizione, più o meno pubblicamente, ed in attesa di ulteriori sviluppi.
Sky ha presentato ricorso alla UE contro la legge Melandri, forse non troppo convinto dalla vendita collettiva dei diritti tv, sostenendo che la legge lede il diritto alla concorrenza, delle emittenti ma anche dei club di calcio. Reazione immediata quella di Galliani che subito tiene a precisare che il ricorso “è il primo in ordine cronologico e altri ne seguiranno davanti ad altri organi giurisdizionali”. Il cambio dello scenario politico e il timore che Infront non sia così indipendente ha forse spinto Rupert Murdoch a compiere un passo ufficiale. Stesso timore forse anche della Juventus che, con Cobolli Gigli, ha presentanto una lettera inviata a 42 presidenti di A e B e a Matarrese per bloccare le procedure considerate contrarie alla legge. Nella stessa Cobolli specifica che "Qualora la Lega proseguisse nel non aderire alla legge e alle procedure da essa dettate mi vedrei costretto ad agire in ogni contesto e nelle forme più opportune anche al fine di evitare rischi patrimoniali e personali". Già in precedenza il professor Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale, su richiesta della stessa Juventus, aveva aperto un nuovo scenario ed in un parere professionale evidenzia così il suo pensiero “Il provvedimento parte dal principio opposto a quello della nostra Costituzione e dei trattati dell'Unione europea: tutto è soggetto a regolazione pubblica. Lo Stato interviene sulla libertà di concorrenza tra le società di calcio e indebolisce le società più forti economicamente della serie A, a vantaggio dei piccoli club”.
Da cosa nasce questo timore? Forse dal fatto che Bogarelli, socio fondatore di Media Partners e ora presidente di Infront Italia, siede nel consiglio di amministrazione di Milan Channel srl, la società che gestisce l'omonimo canale satellitare dedicato alla squadra. Il gruppo Media Partners collaborò al lancio della tv milanista che adesso va in onda su Sky. Andrea Locatelli, il vice di Bogarelli, ha invece cominciato la sua carriera da manager lavorando per otto anni alla Fininvest, proprio nel campo degli eventi sportivi. Forse, dietro la riserva sulla legge da parte di Crimi (tesoriere di Forza Italia e intimo di Berlusconi ) - “Va approfondito l'argomento, valuteremo e vedremo come intervenire a beneficio di tutti gli sport" - potrebbe nascondersi Adriano Galliani (anche Fulvio Bianchi nella sua rubrica Spy calcio evidenziava il sospetto) che, nell’interesse del Milan, vorrebbe mantenere lo status quo.
La stessa Ue vuole vederci chiaro: dalla direzione per la concorrenza di Bruxelles è arrivato un questionario per i club italiani. Che sono obbligati a rispondere sul mercato dei diritti tv, se pensano che sia sufficientemente aperto e se Sky debba avere meno vincoli. In molti hanno risposto che non accettano che sia lo Stato italiano ad imporre loro le regole del gioco e come devono dividersi la "torta". "Siamo società private".

LA LEGGE E L'INGANNO - Per arrivare ad una più equa ripartizione dei diritti tv il Parlamento, con la Legge Delega 106/2007 e il Decreto Legislativo 9/2008, ha sostanzialmente fissato tre paletti:
1) una parte prevalente del ricavato doveva essere divisa in parti uguali tra tutte le società;
2) la parte rimanente doveva tener conto dei risultati sportivi e del numero di tifosi, cioè del bacino d'utenza;
3) la quota relativa ai risultati sportivi non poteva essere inferiore a quella del bacino d'utenza, demandando alla Lega di individuare i criteri analitici di calcolo per i punti 2) e 3).

Facendo lo slalom tra questi paletti le società di serie A si sono divise in tre "partiti": le grandi a cercare di "limitare i danni", le piccole per le quali si trattava comunque di "grazia ricevuta", le medie, quelle cioè che grazie ai nuovi soldi (soldi veri e non finte plusvalenze) speravano e sperano tuttora, se non di diventare grandi, quantomeno di aggiustare per davvero il bilancio. Il partito più battagliero è stato proprio quello delle medie (con Zamparini capo-popolo) che proponeva il seguente criterio: 45-50% per la quota da suddividere in parti uguali tra tutte, 25-30% in base ai tifosi e 25-30% in base alla classifica dell'ultimo campionato. Ne ha dato conto la stampa (Corriere dello Sport del 25/10/07) aggiungendo che la proposta era formulata congiuntamente da Cagliari, Torino, Parma, Udinese, Genoa, Palermo, Livorno e Sampdoria e specificando che, fatti i dovuti calcoli, si otteneva che Milan e Inter ci avrebbero rimesso circa 20 milioni e la Juve circa 7 .

Poteva essere una conclusione alla Robin Hood, nel senso che per dare ai più "poveri" si prendevano i soldi dai più "ricchi" e segnatamente dalle due milanesi che, per quello che scrivono i giornali, hanno due presidenti col portafoglio gonfio e che, per amore del calcio, alla fine dell'anno chiedono "quanto ci devo mettere di mio?" e lo mettono (così, almeno, ce la raccontano); ma è andata diversamente. C'è stato, dopo quella riunione capitanata da Cellino e Zamparini, un Consiglio straordinario di Lega (30 ottobre) poco reclamizzato (c'è traccia solo nelle polemiche di Zamparini) ma che ha comunque approvato dei metodi di calcolo diversi, che sono quelli ripresi dall'art. 26 del decreto legislativo e cioè:
1) il 40% sara' suddiviso in parti uguali
2) il 30% sara' assegnato per i risultati sportivi e però il 10% per quelli conseguiti dal 1946-47, il 15% per quelli conseguiti negli ultimi cinque anni e il 5% per quelli dell'ultimo anno
3) il 30% in base al bacino d'utenza ma anche qui con un distinguo: il 25% in base a indagini campionarie che la Lega stabilirà come fare e il 5% in base al numero di abitanti della città dove ha sede la squadra.

Si dice spesso "fatta la legge, trovato l'inganno" ma in questo caso bisogna stare attenti che l'inganno potrebbe esserci stato prima della legge, in quel Consiglio straordinario di Lega, in quel cambiare le carte in tavola rispetto alla ipotesi in cui le due milanesi erano le più penalizzate; torneremo sull'argomento più avanti per fornire dati più precisi, per il momento vale la pena sottolinerare col pennarello rosso che nei meriti sportivi gli scudetti vinti negli ultimi cinque anni valgono di più (15%) rispetto a quelli vinti dal 1946-47 (10%). Perchè col pennarello rosso? Perchè, visto che si parla della stagione 2010-11 (quando la legge dovrebbe entrare in vigore), gli ultimi cinque anni cominciano dal campionato 2005-06, cioe' l'anno di calciopoli, quello dello scudetto a tavolino e della juve retrocessa. Se è inganno, è veramente atroce.

INTER E ROMA: IL SILENZIO E' D'ORO - L'approvazione della nuova legge non ha suscitato un gran dibattito. A livello politico è sembrato che la cosa si faceva perchè andava fatta: non per passione, insomma, ma semmai per soldi, nella speranza di trovarne complessivamente di più per una boccata d'ossigeno all'ansimante baraccone del calcio. Anche tra le società calcistiche, come su giornali e trasmissioni tv, non ci sono stati scontri o processi alla Biscardi, semmai schermaglie dialettiche, spesso solo di facciata e, comunque, con il presidente Matarrese sempre pronto a richiamare l'esigenza di restare compatti, di continuare ad essere una "famiglia". Pur in questa atmosfera ovattata, però, finisce per far rumore il prolungato silenzio di Inter e Roma; rileggendo sui forum la documentazione delle discussioni sui diritti tv si rintracciano interventi di Zamparini e di Garrone, di Lotito e di Cellino, si rintraccia persino la protesta (tardiva) di Cobolli Gigli, ci sono le dichiarazioni imbarazzate di Galliani che non si capisce mai se parla come rappresentante del Milan o di Mediaset, ma nessun gionalista è riuscito a "intercettare" sull'argomento nè Moratti nè la Sensi, tantomeno per dichiarazioni sconvenienti oppure non "politicamente corrette".

A metterci della malizia viene in mente calciopoli: nelle intercettazioni di calciopoli, infatti, ci son finiti in tanti: non solo Moggi, anche dirigenti di grandi società, ma non quelli dell'Inter e della Roma; mettiamo comunque da parte la malizia e andiamo ai fatti anche perchè i fatti contano più delle parole e qualche volta spiegano anche i silenzi. Due fatti sembrano parlare chiaro:
1) aver considerato la popolazione delle città per calcolare una quota (5%) da dare alle società per il bacino d'utenza
2) aver stabilito che la classifica dei campionati dal 2005-06 al 2009-010 vale per distribuire il 15% dei ricavi complessivi.

Quanto agli abitanti delle città dove le squadre hanno la sede il conto è presto fatto: quelli di Torino sono circa 860.000, quelli di Milano 1.250.000 e quelli di Roma 2.550.000; è come se nella gara per prendersi i soldi dei diritti tv alla Juve fosse assegnata a tavolino la sconfitta con l'Inter per 3 a 2 e con la Roma per 3 a 1, alla faccia dei tifosi e di chi tifa Juve in particolare. Quanto ai cinque campionati che saranno presi in considerazione per ripartire circa 110 milioni (il 15% di 750 milioni) due sono da svolgere e quindi diciamo che sono nelle mani di Abete e Matarrese, di Collina e di Palazzi ma degli altri tre la storia è già scritta (salvo sorprese clamorose) e indica per Inter e Roma un "grande avvenire dietro le spalle", visto che, prima a tavolino poi con la Juve in B e infine giocando tutte e tre nello stesso campionato, l'Inter è stata classificata sempre prima e la Roma subito dietro.

I fatti allora, senza tema di smentita, dicono che Roma e Inter hanno già messo le mani su una fetta della torta dei diritti tv senza che, almeno pubblicamente, qualcuno abbia fatto alcuna rimostranza; altri milioni, dopo quelli (tanti) che erano arrivati grazie al loro "assordante" silenzio nelle intercettazioni di calciopoli. Niente da dire: un silenzio tutto d'oro.


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