Moggi: Ora tocca alla Corte Europea! Crisi RCS: tempi grigi per la rosea.

News, 11 agosto 2013.
 
 
Festa bianconera a Villar Perosa per la sfida in famiglia tra la Prima Squadra e la 'Primavera'. Zanchetta, nuovo tecnico della Primavera, convoca 25 ragazzi. La Cassazione respinge il ricorso (avverso la radiazione) di Moggi che ora può finalmente rivolgersi alla Corte Europea dei diritti dell'uomo. La Gazzetta tace su Moggi; prevalgono le preoccupazioni per lo stato patrimoniale del gruppo e la conseguente vendita della sede di via Solferino. Lotito sulla Supercoppa: Mi auguro sia una partita vinta sul campo; l'incasso a noi? Per la Juve son quisquilie e, se si è discusso, non è responsabilità della Lazio. Lotito su Mauri: Non mi basta sapere che Zamperini e Mauri si sono fatti 80 telefonate per condannare una persona se non so cosa si sono detti.
 
 
E' il giorno di Villar Perosa - Dopo il giorno di riposo concesso da Conte al ritorno dall'America, tutti convocati oggi i bianconeri per la tradizionale sfida in famiglia di Villar Perosa: Juventus A contro Juventus B, ovvero la Prima Squadra contro la formazione Primavera, quest'anno allenata da Andrea Zanchetta. 
Non saranno presenti, come informa l'Ansa, i nazionali straniere in partenza per le rispettive destinazioni con le loro rappresentative: dovrebbero essere Asamoah (Ghana-Turchia), Caceres (Giappone-Uruguay), Lichtsteiner (Svizzera-Brasile), Llorente (Ecuador-Spagna), Vucinic (Bielorussia-Montenegro), Isla e Vidal (Cile-Iraq).
 
I convocati di Zanchetta - Sono 25 i ragazzi disponibili per Zanchetta: assenti tre selezionali per le Nazionali giovanili (i portieri Citti e Audero e l’attaccante Ceria) e due infortunati (il difensore Tavanti e il centrocampista Mattiello), sono stati convocati i portieri Entonjo Elezaj (1996) e Gianmarco Vannucchi (1995); i difensori Francesco Bertinetti (1995), Nicholas Canizares (1996), Rodolfo Cifarelli (1996), Nicolò Curti (1995), Alessandro Degrassi (1996), Pol Garcia Tena (1995), Filippo Penna (1995), Filippo Romagna (1997) e Atila Varga (1996); i centrocampisti José Cevallos (1995), Simone Emmanuello (1994), Matteo Gerbaudo (1995), Jakob Hromada (1996), Almpertos Roussos (1996), Vajebah Sakor (1996) e Vykintas Slivka (1995); gli attaccanti Younes Bnou-Marzouk (1996), Marco Di Benedetto (1995), Anastasios Donis (1996), Zoran Josipovic (1995), Eric Lanini (1994), Hector Otin (1996)  e Alhassane Soumah (1996).
 
 E ora Moggi può finalmente rivolgersi alla Corte Europea per i diritti dell'uomo - Era l'Europa la meta di Moggi per ottenere giustizia; lo aveva detto oltre un anno fa, subito dopo la conferma della radiazione (sancita in primo grado dalla Commissione Disciplinare Nazionale il 15 giugno 2011, sentenza confermata il 9 luglio 2011 dalla Corte Federale, rigetto del ricorso.da parte dell'Alta Corte di Giustizia del Coni il 4 aprile 2012). "Avevo detto che arrivavo in cima alla questione e in cima arriverò", erano state le sue parole. Ma per adire la Corte Europea doveva prima passare per tutti i gradi di giudizio possibili in Italia. E così Moggi è dovuto passare per l'inutile via crucis del Tar del Lazio (2 agosto 2012), Consiglio di Stato (11 settembre 2012) e infine ora la Cassazione (sentenza n. 18753 depositata il 7 agosto). Il pool difensivo di Luciano Moggi, capeggiato dal professor Federico Tedeschini rimproverava alla giustizia sportiva più di un'incongruenza: dalla violazione del principio 'ne bis in idem' (Moggi era stato già condannato a 5 anni di inibizione nel processo sportivo di Calciopoli del 2006) alla ricusazione (respinta) da parte di Luciano Moggi nei confronti di Sergio Artico, Gianfranco Tobia e Riccardo Andriani che avevano già giudicato (e condannato) lo stesso Moggi per le sim svizzere (veniva meno la terzietà dei giudici).
Come si prevedeva, la via della giustizia italiana non ha sortito alcun effetto: "Una sentenza nella quale ci hanno preso in giro", il commento del prof. Tedeschini riportato da  Guido Vaciago su Tuttosport, l'unico quotidiano ad informare su questa vicenda; infatti in una pagina e mezzo di sentenza la Cassazione ha spiegato che il ricorso deve essere scritto in modo tale da mettere i giudici di legittimità nella condizione di avere una chiara e completa "cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso compresa la stessa sentenza impugnata".  Ma, obietta Tedeschini, "non si sono nemmeno presi la briga di leggere il fascicolo presentato insieme al ricorso, nel quale la vicenda era ampiamente ricostruita. Direi che è stata scelta la soluzione più comoda (che, casualmente, è anche la più gradita ai poteri forti dello Sport): quella di... non decidere sulla questione sollevata: quella della esistenza di una giurisdizione capace di tutelare i malcapitati dagli eccessi delle giurisdizioni domestiche. Per il resto, non voglio apparirle reticente, ma ho l’abitudine di esporre le mie critiche nelle sedi competenti e non attraverso interviste ai giornali: mi pare d’altronde che in questi giorni gli operatori di giustizia abbiano preso l’abitudine di parlar troppo fuori delle sedi istituzionali e io non posso, per un verso, censurare quelle abitudini e per altro verso accodarmi a chi preferisce usare i mezzi di comunicazione di massa, rispetto alle Corti di giustizia".
E adesso il professor Tedeschini prepara il ricorso alla Corte Europea dei diritti dell'uomo: "Nel ricorso scriverò, innanzitutto, che le decisioni adottate nei confronti di Moggi sono viziate da numerose violazioni dell’articolo 6 della Convenzione: quello che riguarda il diritto ad un processo equo. Ma ricorderò pure che l’unica condizione paragonabile a quella in cui Moggi è stato posto rispetto agli appartenenti all’ordinamento sportivo consiste in quella del prete apostata che, secondo il Concordato fra Stato e Chiesa del 1929, non poteva avere contatti con il pubblico. Quella norma fu superata, con l’accordo delle Parti, nel 1984 perché giudicata incostituzionale, oltreché contraria ai principi del Concilio Vaticano II. Moggi è invece tuttora in attesa di attenzione verso i propri diritti di libertà, almeno per poter tornare a parlare con chi pratica sport agonistici. Mi sembra però che quanto ora accaduto in Cassazione faccia bene il paio con la condanna a suo tempo irrogatagli, in sede penale, dal Tribunale di Napoli: lì, non riuscendo a condannare Moggi per una determinata fattispecie di reato, è stata... cambiata la fattispecie in corso di causa! È certo però che, se Strasburgo mi darà ragione, andrà a segnare non solo la sorte della giustizia sportiva, ma anche di un certo modo di fare giustizia".
E conclude: "Già il mio ricorso in Cassazione era essenzialmente imperniato sulla violazione delle disposizioni contenute nella Convenzione. Non potevo d’altronde ricorrere direttamente alla Corte Europea senza prima aver esperito i necessari passaggi di fronte ai giudici nazionali; anche l’ultimo passaggio si è concluso e abbiamo ormai la strada aperta per Strasburgo. Mi lasci gridare: Evviva!".
Sì, perché Luciano Moggi lo scorso agosto, dopo la pronuncia negativa del Tar, aveva parlato di "una vera e propria sentenza politica", ribadendo l'intenzione già espressa ad aprile: "Andrò alla Corte Europea per i diritti dell’uomo e vediamo cosa succede". Ora si può fare.
 
Il silenzio e le ansie della Gazzetta - Un tempo le vicende di Moggi(opoli) interessavano assai la Gazzetta, col duo Galdi-Piccioni sempre all'erta; oggi non più, Moggi non è più il mostro da sbattere in prima pagina, dove ieri, ad esempio, campeggiava l'Inter (d'altronde, si sa, in RCS nascono interisti). Forse per la crisi che l'attanaglia non è più bene informata come un tempo (e quindi non riesce più ad assolvere al suo compito di orientare i lettori, nella giusta direzione stavolta), o forse semplicemente 'non interessa'. Fatto sta che della pronuncia della Cassazione e della conseguente decisione di Moggi di adire la Corte Europea dei diritti dell'uomo non v'è traccia nell'edizione di ieri. 
E' pur vero che le menti dei giornalisti della rosea sono in questi giorni ben assillate da altri pensieri, come traspare dal comunicato sindacale pubblicato ieri sul quotidiano: tratta delle ottime probabilità che vada a buon fine la trattativa di vendita del palazzo di via Solferino a Milano (sede di Gazzetta e Corriere della Sera); vendita che peraltro, si scrive, 'non sarebbe risolutiva a rimettere in sesto lo stato patrimoniale del gruppo', Rcs, che peraltro quattro giorni fa è stato inserito da Consob nella grey list, quella delle sorvegliate speciali, obbligate a un’integrazione dell’informativa nelle rendicontazioni periodiche trimestrali, a causa delle “rilevanti incertezze che possono far sorgere dubbi significativi sulla capacità della società di continuare a operare sulla base del presupposto della continuità aziendale” come rilevato dai revisori dei conti.  E' una vendita, è scritto nel comunicato, che comunicherebbe di fatto al mercato, ai lettori e ai concorrenti che l'azienda è vicina alla rovina. Il cdr di Gazzetta e Corriere è invece convinto che un piano credibile di rilancio e nuove iniziative editoriali potrebbero frenare l'emorragia dei ricavi e la fuga dei lettori verso le piattaforme digitali. Invece si è già arrivati alle misure di emergenza. E forse presto sulla prima pagina, al posto di Moggi, o dell'Inter, troveremo l'addio a Via Solferino, definito parte integrante dell'identità dell'azienda, non solo della storia, ma anche del futuro. Un futuro che probabilmente avrà l'indirizzo di Crescenzago.
 
Lotito: Supercoppa avvelenata - Protagonista della prima pagina del Corriere dello Sport di oggi uno dei padroni del nuovo calcio pulito, il consigliere federale Claudio Lotito. Uno dei clou dell'intervista è stata l'ormai prossima gara di Supercoppa; Lotito insegue un duplice bottino: l'incasso, su cui ha già messo le mani in virtù di una delibera degli alleati in Lega, e il trofeo sportivo: "Sarà una partita difficilissima. Affrontiamo la squadra più forte del campionato e che è diventata ancora più forte dopo lo scudetto. Ma, come Lazio, siamo convinti di non voler diventare gli agnelli sacrificali. Mi auguro sia una partita vinta sul campo. Se la squadra si presenterà determinata, unita, concentrata come è accaduto nella finale di Coppa Italia con la Roma oppure nel 2009 a Pechino con l'Inter di Mourinho, allora l'impresa diventerà possibile. Mi auguro prevalga, sotto forma di risultato, il merito". E c'è da augurarsi che sia proprio il campo, e non altri, il miglior giudice.
Poi l'intervistatore torna sulla disputa relativa alla sede della gara di Supercoppa, una contesa che ha visto un Lotito abbarbicato alla Cina finché non ha ottenuto di disputarla a casa in casa propria e di intascarsi l'incasso: "Poter giocare la finale di Supercoppa a Pechino avrebbe dato un respiro internazionale all'evento e una possibilità di sviluppo importante per una società come la Lazio. In un momento di contrazione economica come quello che vive il nostro Paese avrei preferito Pechino per sviluppare sinergie, per la valorizzazione del marchio e per altri aspetti importanti nella vita della società. La Lega ha stabilito che d'ora in avanti l'Olimpico, inteso come stadio nazionale del Coni, possa diventare la sede fissa della Supercoppa come già succede per la Coppa Italia. Questo è un orientamento. Resta da risolvere il problema con la Cina e gli adempimenti legati all'ultimo anno di contratto". Poi sull'iniqua ripartizione dell'incasso e sul conseguente ricorso proposto dalla Juve la butta sullo scherno: "Rispetto a un mese fa spero che le tensioni si siano attenuate. Siamo già a 44 mila biglietti venduti, manca più di una settimana alla partita, speriamo che lo stadio Olimpico si riempia e non è poco considerando il 18 agosto a Roma. Se pensiamo che la Juventus fattura 250 milioni di euro l'anno dovrei dire che stiamo discutendo di quisquilie... E poi scusate, se si è discusso non è mica una responsabilità della Lazio". E di chi mai dunque?
 
Lotito: Per Mauri ci vogliono riscontri - Così come stanno ora le cose, Stefano Mauri, il capitano biancoceleste che ha alzato al cielo la coppa Italia, non dovrebbe essere in campo il 18 nella gara di Supercoppa; ma potrebbe anche esserci, tutto dipende dalle decisioni che il giorno 16 agosto assumerà la Corte di Giustizia Federale, incaricata di giudicare sui ricorsi presentati e dal Procuratore Palazzi, che chiede una condanna di tre anni e mezzo per doppio illecito (presunete combines di Lazio-Genoa e Lecce-Lazio), e della stesso Mauri, che contesta la squalifica di sei mesi inflittagli, per un'omessa denuncia (Lecce-Lazio), dalla Commissione Disciplinare. Così Lotito: "Allo stato attuale c'è una sentenza di primo grado di un organo come la Disciplinare che ha inflitto uno stop di sei mesi. Mi auguro che attraverso l'iter giudiziario sportivo Mauri riesca a dimostrare come sono andate realmente le cose. La verità non può essere quella che una persona riferisce di aver ascoltato da un'altra persona senza trovare riscontri nella realtà dei comportamenti. Non mi basta sapere che Zamperini e Mauri si sono fatti 80 telefonate per condannare una persona se non so cosa si sono detti".
Pensi a Calciopoli, dove non solo non si aveva conoscenza del contenuto della telefonata, ma nemmeno vi era la benché minima certezza sugli interlocutori, identificati per supposizione in base ai balbettanti schemini di Di Laroni e ai conseguenti malsicuri agganci a celle dove qualcuno avrebbe potuto trovarsi, ma anche no.
E pensi a Conte, quando si andò ben oltre il relata refero, bastò la remota possibilità che lui avesse potuto sapere qualcosa; lui solo, gli altri allenatori conservarono intatto il loro diritto di ignorare quanto avveniva negli spogliatoi.

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