Sentenza processo GEA. La giornata

Moggi Luciano ed AlessandroRESOCONTO COMPLETO DELLE ARRINGHE. La redazione del Team ha seguito il processo GEA sin dalle prime udienze e ha sempre informato i suoi lettori con un corposo dossier. Non potevamo mancare in aula il giorno della sentenza. Quello che riportiamo è il resoconto dell'udienza finale del processo Gea, tenutasi nella giornata odierna.

L'udienza è iniziata alle ore 09.30 circa. Il Presidente Fiasconaro si accerta della presenza delle parti in causa e chiede loro se è possibile autorizzare le TV presenti in aula ad effettuare le ripresa della lettura del dispositivo. Le parti accettano ed il Presidente ribadisce che nella stessa giornata ci sarà la lettura del dispositivo.
Inizia l'arringa difensiva dell'Avv. Coppi, difensore di Davide Lippi.
L'esordio dell'avvocato è già eloquente: "Mi trovo a battere un calcio di rigore per una squadra già ampiamente in vantaggio!"
Il primo punto che l'Avv. Coppi tratta è l'imputazione del reato ai sensi dell'art. 513 bis cp ("Illecita concorrenza con minaccia o violenza"). L'avvocato fa notare che tutta la dottrina sorvola detto articolo e che nessuno lo commenta, poiché è stato svuotato dal legislatore, che ha ben altri mezzi per poter punire questa fattispecie di reato. La cosa importante che l'Avv. Coppi solleva nella sua arringa è che nel 513 bis l'illecita concorrenza è riferibile soltanto all'imprenditore e che, quindi, nel caso specifico non può essere contestato questo reato al suo assistito, in quanto l'attività di Davide Lippi è una vera e propria consulenza legale: la procura è affidata a persone fisiche e non a persone giuridiche. Quindi, cade l'associazione per delinquere perché non è stato commesso alcun reato.
L'avvocato Coppi, per seconda cosa, descrive la figura di Davide Lippi nella Gea: "Non aveva una stanza, nè un pc, nè una scrivania nè niente.... Era tenuto fuori da tutte le scelte decisionali tant'è vero che a lui venivano comunicate solo le decisioni già prese... La sua posizione era quella di un collaboratore e basta."
Capo F (Chiellini).
Per questo capo di imputazione l'Avv. Coppi ha chiesto che la sentenza di assoluzione sia disposta in base all'art. 530 cpp comma 1 e non in base al comma 2, perché deve essere chiara a tutti l'innocenza del suo assistito e non si dica che è stato assolto per insufficienza di prove, in quanto è lo stesso Baldini a confermare nelle sue dichiarazioni che la Gea agiva nell'ambito di quello che era consentito, ovvero nella legalità. Baldini non è riuscito a portare Chiellini alla Roma soltanto perché la Roma non aveva la capacità economica di competere con la Juventus e, quindi, il Presidente del Livorno Spinelli ha venduto il giocatore a chi gli ha offerto di più. L'avvocato, inoltre, si è soffermato a ricordare la gaffe dell'accusa che imputava a Davide Lippi di "sfruttare" la posizione del padre Marcello, considerato dal PM CT della Nazionale quando in realtà sulla panchina degli azzurri sedeva Trapattoni.
La vicenda Blasi.
L'avvocato inizia subito a parlare di Blasi e della sua stagione fallimentare al Parma, non solo dal punto di vista sportivo ma anche perché era stato trovato positivo al doping.
Accertato questo scenario, l'avv. Coppi chiarisce, con fatti ed intercettazioni circostanziate, cosa succede al giocatore: nonostante la sua pessima stagione chiede al suo procuratore Antonelli  di ottenere un aumento di ingaggio ma appena chiama Moggi questi fa cadere la richiesta nel vuoto. Moggi chiama Blasi e gli dice che con il suo procuratore non ha nulla da dirsi. Inoltre, Moggi invita a Blasi ad impegnarsi e a dimostrare il proprio valore. Quindi, Luciano Moggi si comporta da persona che vuole tutelare gli interessi della società per cui lavora e non cede alle richieste quanto mai inopportune del giocatore avanzate per bocca del suo procuratore Antonelli, che l'avv. Coppi definisce "un volgare estortore" e poi leggeremo perchè. I Blasi, padre e figlio, si rendono conto della levatura di Antonelli e iniziano a tartassare di telefonate Alessandro Moggi per far si che Manuele lo nomini suo procuratore ma Alessandro Moggi sfugge.
Il padre di Blasi contatta,allora,  Zavaglia perché interceda presso Alessandro ma questi è chiarissimo nel merito affermando in una telefonata (intercettata) che prima Blasi deve risolvere la sua situazione con il suo procuratore e poi si vedrà.
L'avv. Coppi riferisce anche di una affermazione di Manuele Blasi che confermerebbe il corretto operato di Luciano Moggi: "Come giocatore della Juventus avevo un ingaggio modesto, ma effettivamente non meritavo un ingaggio più alto". Quindi, è lo stesso giocatore ad ammettere la sua posizione.
Intanto passa un anno ed il consiglio di Luciano Moggi a Blasi dà i suoi frutti ("Dimostra il tuo valore"). Il giocatore diventa titolare della Juve e gioca quasi tutte le partite di Campionato e Coppe varie; il ragazzo ha dimostrato di essere un giocatore molto forte e, quindi, ottiene l'aumento di ingaggio da parte della Juve.
Ora viene il bello: il procuratore Antonelli pretenderebbe una percentuale sul nuovo contratto, millantando di essere stato il principale artefice del rinnovo contrattuale al rialzo per Blasi.
Sulla base di quanto esposto ed ampiamente trattato in fatto ed in diritto, l'avv. Coppi chiede l'assoluzione per Davide Lippi ai sensi dell'art. 530 cpp comma 1.

Dopo una breve pausa prende la parola l'Avv. Giulia Bongiorno, difensore di Alessandro Moggi.
L'avvocato inquadra in maniera molto chiara le posizioni delle parti in causa ed afferma che "gli accusatori in realtà sono i carnefici mentre gli imputati sono le vittime".
L'avvocato Bongiorno continua la sua arringa parlando del caso Amoruso, che scagiona Moggi, e del caso Blasi. Lo stesso Blasi ha cercato Alessandro Moggi tantissime volte, perché sperava che affidando la procura ad Alessandro questi avrebbe sicuramente fatto da cuscinetto con il Padre per ottenere un ingaggio più alto. "Volevano privilegi e raccomandazioni: erano degli aspiranti raccomandati". Attraverso Alessandro pensavano di poter sfruttare Luciano.
Il caso Trezeguet. Ha una certa rilevanza per l'accusa, ma si rivela un'ottima carta per la difesa. L'avv. Bongiorno ricorda alla corte delle domande precise che ha rivolto al francese e la serenità delle risposte: "E' stato minacciato per passare alla Gea? Io vittima di minacce? No, grazie!". E così, caduta questa accusa, continua l'avv. Bongiorno, il PM passa ad un'altra accusa fondata su illusioni ed allusioni. L'avv. Bongiorno riferisce dell'incontro avvenuto tra Trezeguet ed Alessandro Moggi presso la sede della Juve, cosa ritenuta rilevante dal PM ai fini dell'accusa, ma l'avvocato spiega in maniera chiara e circostanziata che quell'incontro era avvenuto in maniera casuale portando come prova sia le dichiarazioni della stesso giocatore, sia un'intercettazione telefonica di Alessandro Moggi. L'avvocato Bongiorno ricorda le domande fatte in aula a Trezeguet e le sue risposte: "Ero stupito del luogo dell'incontro, ma non intimorito perché a me non cambiava assolutamente niente". L'avvocato continua dicendo che Alessandro Moggi, in precedenza, aveva sempre frequentato la sede della Juve e che in quel caso era andato, semplicemente ed umanamente, a trovare il padre.
Riva del Fiume.
L'avvocato Bongiorno chiama così questa sua parte di arringa e non per caso: si riferisce ai procuratori rancorosi chiamati dal PM quando si è reso conto anch'egli che le presunte vittime, che nei fatti scagionavano Moggi, non avevano portato nulla di concreto alla causa dell'accusa. Il PM ha puntato, quindi, sui procuratori. "Inventandosi i sostituti dell'accusa. Ma è ammissibile?"
Caliendo.
L'avvocato ricorda che Caliendo voleva partecipare alla fondazione della Gea con Alessandro Moggi che invece lo escluse e gli preferì altri. Poi ricorda alla corte le dichiarazioni e le risposte rese in aula da Caliendo riguardo alla sua attività, alla sua "boutique di calciatori"; ricorda alla corte che Caliendo tergiversava alla domanda: "Di quanti calciatori aveva la procura?"; l'avvocato pensava che Caliendo fosse reticente ed è dovuto intervenire il giudice perché ottenesse la risposta: "Nessuno!".
L'avvocato Bongiorno cita poi Baiocco ed il procuratore Antonelli, già ampiamente inquadrato dall'avv. Coppi  e da Baldini, il quale, di fronte alla richiesta della difesa di raccontare episodi concreti di violenza, dice di non avere episodi concreti da raccontare ma di aver parlato di sensazioni. Quindi, Baldini ed Antonelli hanno lanciato fango e ritirato la mano senza assumersi alcuna responsabilità e senza portare alcun elemento concreto.
"Se ci atteniamo agli atti, Moggi, non solo deve essere assolto, ma deve essere ritenuto vittima di un ingiusto processo".
"Se do un calcio ad un passante commetto un reato, se lo do ad un avverssario sul campo di gioco commento un fallo. Una condanna per Moggi in questo processo sarebbe come sanzionare un fallo di gioco con il carcere!".
L'avvocato Bongiorno prosegue affermando che non è stato commesso alcun reato, perché la Gea non ha violato alcuna legge ed alcun regolamento: si muoveva in piena legalità. Nulla vietava ad Alessandro Moggi di svolgere il proprio lavoro nonostante avesse il padre DG alla Juventus: "Volenti o nolenti, che vi piaccia o no, che vi sia simpatico o antipatico".
Conclusione: "Chiedo l'assoluzione perché il fatto non sussiste o, in subordine, per non aver commesso il fatto".


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