La serata perfetta

tifo JuvePronti via la Juve è passata in vantaggio con un gol di Grygera, che si chiama Zdenek come Zeman, è sdentato come Joe Jordan, ma contro il Genoa segna dei gol che quasi quasi ti verrebbe voglia di far vedere le cassette a Molinaro, che da posizione molto più favorevole ha tirato una squaquerella risparmiata all'impatto col settore ospiti solo grazie al rimpallo contro un difensore.

Già, il Genoa. Giusto l'altro ieri sera, mentre prendevo un caffè, avevo incontrato il tipico esemplare da trasferta grifonata col ghigno già settato in modalità Conquistatore, che alla mia domanda sulla sua presenza o meno l'indomani a Torino mi aveva risposto lapidario: "E certaméinte, sempre preséinte. Belìn... se non vado a vedere un Genoa così, quando devo andare?", con la caratteristica cantilena a metà fra il brasiliano e il villico-busallese propria dei discendenti di Cristoforo Colombo.

Al fischio finale di Juve-Genoa, il mio primo pensiero è andato a lui: "Bravo deficiéinte".

Ma proprio come un tempo, e per la prima volta da allora, il pensiero del mesto rientro a casa di un gruppo di antijuventini, disillusi dalla gragnuola di perette incassate al cospetto dei gobbi, non mi bastava.

Finalmente avevo assistito alla serata perfetta. Una partenza sprint, il vantaggio, un paio di episodi risolti in nostro favore dal guardalinee Griselli (su uno dei quali il centravanti rossoblu Milito aveva pure segnato), il raddoppio con un super gol di Amauri salito a colpire di testa talmente in alto da ritrovarsi con la febbre a 38 e le caccole ghiacciate una volta tornato a terra, la puntuale tacchettata alle caviglie di un avversario da parte di Sissoko passata in cavalleria come normale fallo di gioco, un altro paio di reti nella ripresa, di cui una goffamente realizzata da un avversario dal cognome impronunciabile, e il rigorino-digestivo concesso agli avversari a risultato ampiamente acquisito. Una trama sublime, pluriorgasmica, finalmente in sintonia con la storia.

A rendere il tutto ancora più appetitoso, la consapevolezza - anzi, la certezza - che tutto ciò fosse stato solo il frutto di errori in buona fede, perché vivaddio gli arbitri sono uomini e come tali possono sbagliare. Sennò mica sarebbero uomini. Sennò sarebbero Montezemoli.

Certo fare l'abitudine a vincere così, senza nemmeno una polemica dopo un 4-1 tirato tirato che se l'arbitro bla bla bla, non sarà facile. E non so nemmeno se mi piacerà, ma questo è il nuovo mondo; e se tutti l'hanno tanto desiderato, al punto da riuscire ad ottenerlo, devo credere che sia più bello, che ne sia valsa la pena.

E così, mentre torno a casa per cenare in compagnia delle mie nuove sensazioni, accendo la radio. Giusto in tempo per ascoltare Filippo Grassia che, dalle frequenze della Rai, si accinge a presentare la "moviola alla radio". Lì per lì, il primo pensiero che mi coglie è che fare la moviola alla radio abbia tanto senso come regalare un paio di orecchini a un ippopotamo, ma tant'è.

Poi, tutto d'un tratto, la luce. Grassia comincia la sua analisi: "E' la prima volta che la Juventus si trova in testa alla classifica da dopo Moggiopoli". E giù con la serie degli episodi dubbi a nostro favore.

Non so voi, ma quasi quasi mi sento meglio.

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