Visti dalla Est - Champions edition

Anni di delusioni ma anche tante serate epiche hanno portato alla conclusione che la Champions League, almeno nel girone, non sia altro che un mini-torneo da vincere assolutamente, difficilmente caratterizzato da gioco spumeggiante ma tremendamente legato alla forza dei tre punti della posta piena.
Quante partite giocate splendidamente e poi compensate da pareggi immeritati, punti che poi a fine girone sarebbero pesati come macigni sulle possibilità di un lungo cammino. Tanti fattori come stato di forma, tiri sbagliati di poco, pali interni che entrano in rete oppure no, e non ultimo il mitico e irrinunciabile fattore C, possono decretare non solo successi da tramandare ai posteri, ma anche (molto più prosaicamente) incassi da market pool, sold out allo stadio e passaggi di turno che cambiano radicalmente il corso non solo di un'annata ma anche di alcune a seguire.
Ieri sera classica partita da vincere, contro un avversario magari non di nome ma ben messo in campo, conscio delle proprie poche armi atte a offendere, ma che sapeva come e quando usarle, nonché con uno stato di forma molto più avanzato (non dimentichiamo che la Allsvenskan è alla 23esima giornata).
Noi con il canonico 3-5-2, con gravi assenze (anche se difficilmente una volta in campo ci pensiamo: ottimo segnale di qualità media della squadra) e con qualche cambio rispetto alla vittoria con l'Udinese: Asa finalmente schierato nel suo ruolo naturale e il rientro di Giorgione centrale sinistro.
Primo tempo di molta confusione, con il nostro gioco a metà del guado, esterni posizionati alti e spesso fuori posizione in fase di non possesso palla, Marchisio molto in difficoltà e quasi nascosto dietro il loro centrale di centrocampo, una mediana che spesso si è dovuta rifugiare in imprecisi cambi di fronte per cercare di fare breccia nelle linee molto schiacciate degli svedesi.
Una gara comunque preparata bene da Allegri, che puntava molto sugli inserimenti alle spalle dei difensori di fascia avversari sia di Evra che soprattutto di Lichtsteiner, vero moto perpetuo ma al momento dell'ultimo passaggio molto impreciso, e in qualche frangente sullo sfruttamento della capacità di difendere palla spalle alla porta di Llorente, poco assistito però da compagni che avevano difficoltà a trovare linee di corsa libere nell'area avversaria.
Partita comunque sempre in controllo, ogni tanto con qualche ripartenza avversaria. Ripartenza che però ha spesso trovato Caceres, Chiellini e Bonucci attenti, anche se un poco arruffoni quando deputati alla costruzione da dietro del gioco.
In questi minuti si vedeva anche il polpo in una guerra personale con la ricerca della giocata a effetto che potesse risolvere lo sfondamento della linea avversaria, e Tevez alla ricerca della posizione migliore per sfruttare il suo immenso potenziale tecnico.
Nel secondo tempo da subito una Juve più concentrata sulla precisione e sulle triangolazioni rasoterra, vero marchio di fabbrica di questo primo periodo di Allegri, ha permesso le prime verticalizzazioni fluide. Il tutto unito all'aggressività dei nostri interni negli spazi finalmente creati da un Tevez più distante in partenza d'azione dalla porta, ma più portato a mettere il proprio bagaglio tecnico al servizio della manovra. Non è stato un caso che il goal, liberatorio per tutto lo Stadium e per lo stesso fenomeno argentino, sia venuto in una triangolazione con Asamoah inseritosi in mezzo all'area di rigore che, con tocco magistrale, ha liberato la corsa di Tevez verso la propria tifoseria dopo un tiro che lo stesso aspettava in CL a gonfiare la rete da cinque lunghi anni.
Dopo il goal la manovra si è dipanata fluida, come se la zavorra di un pareggio scomodo fosse sparita. Llorente come nel primo tempo anche nel secondo ha continuato a sportellare coi difensori scandinavi fin quanto ne ha avuto, forse anche oltre.
Un Malmoe disunito si è offerto poi agli inserimenti dei nostri esterni, finalmente con più spazio a disposizione, situazione che ha portato qualche nitida occasione da goal.
Dicevamo della classe del 10 argentino, cristallina e accoppiata a una voglia di lottare su ogni pallone non frequente nei campioni che circolano sui vari campi. Ma è impossibile non notare gli sprazzi di classe di un ragazzo spagnolo che, arrivato nello scetticismo di chi non lo conosceva, ad ogni minuto in più sul campo dimostra colpi e approccio al match da fuoriclasse. Alvaro Morata ha confermato la propria capacità a verticalizzare, difendere palla con il corpo e ha mostrato di possedere una velocità di base sopra la media, per un atleta della sua conformazione fisica, in una azione travolgente sfociata nella punizione che ha portato al raddoppio di Carlitos, che, nel delirio di uno Stadium ai suoi piedi, ha scacciato ataviche paure e ha traghettato l'euroJuve nella sua prima vittoria nel girone.
Il tutto aspettando i rientri di Pirlo e Vidal, nonché del muro Barzagli, anche se i sostituti si stanno comportando nell'insieme egregiamente. La squadra ha quindi molto da lavorare, ma dimostra di avere lo spirito giusto, e quella voglia di imparare, lottare e stupire che potrà portarci lontano.
E, con un capo Apache così, nessun assalto potrà essere precluso!