Tre punti per riprendere il passo

Vidal nel primo tempo e Llorente nel secondo permettono alla Juve di riallungare in campionato, approfittando del passo falso della Roma. Settima vittoria in campionato (23esima di fila allo Stadium) per la Juventus, che regola un Palermo mai davvero pericoloso, se non in un'occasione, e decisamente più attento a non subire gol che a siglarne.
Se dovessimo limitarci ai freddi numeri, la prestazione bianconera sarebbe eccellente: due punti guadagnati in classifica sulla diretta inseguitrice (sebbene sia ancora molto presto per intavolare qualunque tipo di discorso) e, soprattutto, il ritorno al gol di Llorente, che interrompe un digiuno che si stava trasformando in maledizione.
Ma ovviamente, da juventino, non posso che guardare anche al bicchiere mezzo vuoto: per i primi quindici minuti la squadra è stata molto imprecisa nei passaggi e negli appoggi elementari. In particolare, continua il periodo nero di Pirlo, che sembra decisamente fuori forma: se è vero che anche negli anni di Conte correva poco, ora i suoi molti errori stanno cominciando a pesare, a volte con conseguenze nefaste (si veda ad esempio il gol di Kasami nella precedente partita di Champions). Possiamo solo sperare che Allegri non si faccia influenzare dal carisma del bresciano, perché un Pirlo a mezzo servizio rischia di trasformare una partita 11 contro 11 in 10 contro 12. Decisamente più saggio invece dosarlo e utilizzarlo nelle partite importanti, perché la sua carta d'identità comincia a farsi ingombrante.
Sulla prestazione globale, invece, appare chiaro che si stia andando verso un cambiamento di modulo e mentalità: se è vero che le prime uscite sono state caratterizzate da un approccio più "contiano" alla partita, ovvero con pressing asfissiante e soventi verticalizzazioni, adesso la Juventus sembra più meditabonda e posata: più ampio respiro alla manovra e pressing più ragionato.
Questo cambiamento dovrebbe permettere alla Juve di gestire le partite senza dover sempre premere sull'acceleratore come negli anni scorsi, amministrando al meglio le energie al fine di evitare periodi di appannamento fisico, come durante la seconda parte della scorsa stagione.
Inculcare però un diverso impianto di gioco in una squadra che per due anni e mezzo ha fatto del 3-5-2 la sua arma preferita è impresa ardua, che Allegri mi sembra abbia deciso di realizzare in due fasi:
1) facilitare la transizione di mentalità mantenendo il modulo di Conte e inserendovi il proprio spirito di gioco;
2) abbandonare la difesa a 3 per una "più europea" difesa a 4.
I recenti passi falsi in casa bianconera sono da ricercare proprio in questo schema di apprendimento, e il momento delicato arriva ora: la squadra sta "uscendo" dagli schemi di Conte per calarsi in quelli del livornese, e questo "vuoto" di mentalità sta un poco complicando i piani in casa Juve. Sebbene la situazione sia decisamente più gestibile con le squadre medio-basse del campionato italiano, dove è sufficiente aumentare un po' il ritmo o sfruttare una disattenzione difensiva per colpire, in Europa il discorso cambia; se poi ci si aggiunge la scarsa fortuna di queste settimane (si pensi al salvataggio sulla linea del 'greco' Elabdellaoui) e le defezioni pesanti in difesa di Caceres e Barzagli, il quadro diventa completo.
Capire cosa succederà durante il prossimo mese non è quindi facile: le difficoltà realizzative potrebbero permanere, ma qualora i giocatori dovessero riuscire a capire i precetti di Allegri appieno, potrebbero superare questa fase di stallo e imparare, col tempo, a giocare a memoria così come hanno fatto nelle passate stagioni. È questa la grande sfida di Allegri, una missione importantissima per cercare di ridare ai bianconeri una dimensione in un'Europa che, eccezione fatta per l'approdo ai quarti di due anni fa, non vede una Juventus protagonista da molto, troppo tempo.