Il seme del sentimento popolare

Campagna mediatica antijuventinaC’è tra i tifosi italiani di calcio un unico credo, trasversale come una religione e profondamente radicato, che ha sempre messo d’accordo tutti, a tutte le latitudini (esclusi 14 ipotetici milioni di tifosi) ed è l’odio nei confronti della Juventus.
Questo è il seme da cui è germogliato il sentimento popolare, relegato per anni ed anni nei Bar Sport e nei sogni degli antijuventini, talmente cieco e privo di obiettività da non potersi mai immaginare che arrivasse a inquinare il sistema calcio in maniera così profonda da poter sfociare nella triste farsa del 2006.
Ha sempre dato fastidio, la Juventus, come capita a tutti i primi della classe, perché ha sempre risolto i problemi del calcio italiano e ne ha sempre incarnato l’immagine vincente, meritandosi l’invidia di tutti quelli che la odiavano per vocazione, fino a maggio 2006. La Juventus ha sempre impersonato uno stile ammirato nel mondo, anche quando sul campo dominavano altre squadre, ha sempre fornito alla Nazionale il blocco di giocatori che ha vinto i titoli Mondiali con la maglia azzurra; e quando i bianconeri in campo erano pochi la Nazionale è sempre andata incontro a cocenti delusioni a tinte nerazzurre o rossonere. La Juve in tempi di spese folli (iniziate per merito di qualche ex munifico mecenateche adesso fa finta di essere parsimonioso) ha sempre rappresentato l’esempio economicamente virtuoso che distingueva il calcio italiano dalla palude di debiti inglesi e spagnoli.
Nell’Italietta campanilistica degli italioti piagnoni questa colpa prima o poi andava espiata, così nel 2006 si è voluto eliminare il modello Juve, non sappiamo ancora per ordine di chi, e adesso stiamo raccogliendo i frutti di quello che abbiamo seminato.
I complimenti vanno fatti a tutti quelli che hanno contribuito allo scempio del calcio, inclusi quelli che poi hanno versato qualche timida lacrimuccia di coccodrillo, e ci si chiede se non bastasse, a certa gente, fare finta di essere la faccia pulita del pallone contro la Juve sporca e cattiva, se fosse proprio necessario eliminare fisicamente la Juventus.
Oggi si parla molto dei fallimenti sportivi di una Nazionale senza giovani già pronti per un nuovo ciclo, e pazienza se tutti sappiamo che, senza il terribile colpo di Calciopoli, la Juventus avrebbe di certo continuato a fornire l’eccellenza alla rappresentativa azzurra, come ha sempre fatto grazie a una politica lungimirante e distante anni luce da certe sue rivali votate alla confusione gestionale e a buchi di bilancio pazzeschi. Si discute invece troppo poco dei fallimenti politici che il calcio italiano colleziona ultimamente in serie, e nessuno ha il coraggio di dire come stanno le cose, di ammettere che, pur di poter finalmente riversare come un macigno sulla Juventus tutta la rabbia frutto decenni di odio, i media italiani si sono resi protagonisti quattro anni fa di un imbarazzante attacco autolesionista, un granitico accanimento mediatico senza precedenti non solo in Italia, ma anche in qualsiasi altro stato europeo. Chiunque avrebbe difeso la competitività del proprio torneo, tranne le beautiful minds che hanno combinato quel pasticcio.
Non è il caso di farsi sfiorare dall’idea che la perdita dell’Europeo 2012 fosse in preventivo o addirittura auspicabile (è stato anche quello un notevolissimo danno alla Juve, in ottica stadio in primis), quindi non resta che rilevare che le due sconfitte contro potenti federazioni quali Polonia, Ucraina e perfino Turchia definiscono con chiarezza la posizione che l’Italia del pallone occupa nel 2010, dopo essersi autoscreditata a dovere per eliminare l’insopportabile Juventus e parte delle sue vittorie ottenute dall’alto di un dominio tecnico e gestionale assoluto.
Oggi lo scenario è desolante. La Federazione vara normative sugli extracomunitari (adesso che chi vince ne schiera dieci, non quando poteva servire) vaneggiando di vantaggi per i giovani italiani, ma è la stessa Federazione che quattro anni fa cacciò un allenatore vincente come Gentile perché legato ad un’immagine di juventinità, per dare poi in mano l’Under 21 a chi non ha ottenuto uno straccio di risultato con giocatori teoricamente molto forti. Anche questo significa ritardare l’inserimento dei giovani. Carta canta, e i risultati, che prima erano ottimi, sono pessimi da quando si è fatto il ribaltone.
Come al solito l’unica squadra che sta facendo qualcosa (tra le enormi difficoltà economiche causatele proprio dal sistema calcio con la follia del 2006) è la Juve. Che sarà l’unica a proporre il modello inglese per la lotta alla violenza, con uno stadio di proprietà gestito in maniera innovativa. Che punta sugli italiani giovani nei fatti, e non a parole.
Mentre il calcio Italiano sprofonda nelle classifiche e fatica a riprendersi nell’immagine, i media esaltano una squadra composta solo di sudamericani che vive in perenne dissesto economico coperto per anni dalla munificenza di un magnate petrolifero ricco e incapace di vincere sul campo senza aiuti “giudiziari” e da acrobazie finanziarie mai chiarite del tutto. Perfino per quadrare un po’ i conti c’è voluto il regalo Ibra da Farsopoli (senza contare gli sponsor sempre munifici quando si vince).
Così noi juventini viviamo da quattro anni nel paradosso di doverci perfino vergognare, come fossimo l’esempio negativo da non seguire mai. Ci dobbiamo vergognare di essere stati incastrati e umiliati e magari dovremmo anche chiedere scusa, dimenticando che l’Italia del pallone dovrebbe invece ringraziare per decenni la Juventus per quello che ha dato e che prova a continuare a dare, nonostante tutto.
Questo è il messaggio che i giornalisti professionisti che affollano le televisioni danno ai bambini che si avvicinano al calcio, si chiama sentimento popolare e Calciopoli ne è stata solo un effetto.