E' lo scudetto di...

juve 30E' lo scudetto di Conte (voto 10), miglior investimento della gestione Agnelli-Marotta. Juventino, preparato, maniacale. Il vero fuoriclasse del gruppo.
E’ lo scudetto di Buffon (voto 8), non più ridente con gli avversari bensì feroce e concentrato. E’ tornato “il“ numero uno alla faccia di tutti i suoi detrattori e di chi lo credeva finito. Compreso il sottoscritto. Rispetto.
E’ lo scudetto di Lichtsteiner (8), si è ambientato in pochi giorni diventando uno dei grandi trascinatori del gruppo. Suo il primo gol ufficiale allo Juventus Stadium, e il gesto “quattro e a casa” a Lamela fatto da juventino ed ex laziale ha i suoi bei significati...
E’ lo scudetto di De Ceglie (7,5), cresciuto tanto soprattutto in fase difensiva, anche se ancora un pochino perseguitato dalla malasorte. La Jeep con le tre stelle e il tricolore meriterebbe un 10…
E’ lo scudetto di Bonucci (8), cui molti dovrebbero porgere sentite scuse. Vero regista difensivo, forse troppo spregiudicato per la (pigra) mentalità italiana. Dedicato a chi ripeteva: “Al Bari fra lui e Ranocchia quello buono era l’interista”.
E’ lo scudetto di Chiellini (8). Lui c’era prima ed è rimasto durante e dopo il calvario. Sempre su buoni livelli, mancava sempre qualcosa per la consacrazione definitiva. Arrivata quest’anno.
E’ lo scudetto di Barzagli (8), liberato in saldo dal Wolfsburg solo quindici mesi fa, ed oggi miglior difensore italiano. Sempre impeccabile, il pubblico l’ha capito e oggi gli è stato riconoscente invocandolo sul dischetto.
E lo scudetto di Pirlo (9,5), scaricato dal Milan, che lo ha persino accusato sul suo sito di essere diventato un giocatore scorretto. Dopo 10 anni di militanza in rossonero gli hanno preferito Van Bommel. Contenti loro, figuriamoci noi. Il suo trasferimento molto più decisivo del gol di Muntari...
E’ lo scudetto di Vidal (9), la causa della conversione di Conte al centrocampo a tre. Giocatore enorme, qualità, quantità e gol. Rummenigge si incazzò come una iena quando capì di non poterlo ingaggiare, e ora capiamo perché.
E’ lo scudetto di Marchisio (9), da anni pronto per diventare quello che prometteva, ma non era mai sbocciato completamente. Come Chiellini, quest’anno il “salto” l’ha fatto per davvero. Certi paragoni un tempo azzardati non sono più improponibili.
E’ lo scudetto di Pepe (8), determinante per metà stagione, frenato dagli infortuni nella seconda parte. Quantità e qualità, 6 gol e tanta verve. Alla faccia di chi ne criticava l’acquisto.
E’ lo scudetto di Vucinic (8), discontinuo e indolente nella prima parte, determinante nel finale. Croce e delizia, prendere o lasciare, Mirko è così. Per ora è bastato, ma se questa vittoria lo rendesse finalmente cosciente dei propri (enormi) mezzi...
E’ lo scudetto di Matri (7,5) miglior bomber della stagione a quota 10. Un po' pochini. 9 gol in 20 giornate e solo uno, seppur importante, nel resto del girone di ritorno, nel quale il centravanti è sparito. Conte lo ha un po’ emarginato e non pare amarlo molto. Aria di addio?
E’ lo scudetto di Caceres (7), rientrato a gennaio e da considerarsi più che un semplice rincalzo. Meglio esterno destro che centrale, meglio attaccante che difensore. Il goal all’Inter e la doppietta in Coppa al Milan le perle.
E’ lo scudetto di Estigarribia (6,5), arrivato come (felice) intuizione si è ritagliato il suo spazio. Goal a Napoli, nella serata più complicata della stagione, e un contributo sempre dignitoso. Meriterebbe la conferma.
E’ lo scudetto di Giaccherini (7) detto “Giaccherinho”, esterno e mezz'ala sempre diligente e disponibile, quattro anni fa era sull’orlo della Serie D col Pavia, l’anno prossimo giocherà la Champions League. Tifa(va?) Inter, glielo perdoniamo.
E’ lo scudetto di Quagliarella (6), ripresosi con fatica dall’infortunio e preferito da Conte nel finale di stagione come partner di Vucinic. Il gol del 2-0 al Palermo chiuse la partita che rilanciò la Juve definitivamente in testa alla classifica.
E’ lo scudetto di Del Piero (7), al passo d’addio (con scudetto) di una carriera in cui ha frantumato ogni record. Decisivo contro l’Inter per chiudere la pratica, contro la Lazio per scacciare i fantasmi. Eterna gratitudine.
E’ lo scudetto di Borriello (6,5), arruffone e precipitoso, a secco per un anno intero, ma determinante con quel preziosissimo gol a Cesena. A Conte piace più di Matri, a me no. Quindi è probabile che resti lui e se ne vada il lodigiano.
E’ lo scudetto di Storari (6,5), ricacciato in panchina dal ritrovato Buffon dopo qualche malumore. Portiere di Coppa, tre presenze piene in campionato gli regalano una gioia meritata per quel che ha fatto in questi due anni.
E’ anche lo scudetto di Marrone (6), Padoin (6) e Krasic (5). Un giovanotto che una traccia l’ha lasciata, un giocatore di sostanza che piace al mister e sta diligentemente al posto suo e l’ex freccia bionda finita nel dimenticatoio – e prossima ad andarsene - dopo Catania.
Non è lo scudetto di Grosso (n.g.), Elia (n.g.), Pazienza (n.g.), perché hanno sostanzialmente fatto male quando sono stati (raramente) impiegati, oppure hanno avuto la dignità di andarsela a cercare altrove.
E' lo scudetto della Juventus (voto 10) intesa come società, una società che per vincere doveva ritrovare se stessa e la propria dignità.
E lo ha fatto grazie soprattutto ad Andrea Agnelli.
Basta con i sorrisi e le mezze frasi timide e impacciate, i toni compiacenti con gli avversari che facevano gongolare i nemici.
Uno slogan forse estremo che piacerà tanto ai curvaioli recita: "amici di nessuno".
Volenti o nolenti, è proprio così: la Juve per definizione deve essere simpatica ai propri tifosi, della simpatia altrui non se ne fa niente.

E' lo scudetto dei tifosi (voto 10), immagine retorica finché si vuole ma per una volta totalmente veritiera.
Quei tifosi che per anni hanno pianto e sofferto interrogandosi sul perché non potessero riavere la Juve che fu.
Ora riempiono le strade e le piazze di ogni città d'Italia ostentando il loro orgoglio e il loro senso di appartenenza.
Piazza Duomo a Milano la scorsa settimana era piena di juventini: avete mai visto la torinese Piazza San Carlo riempirsi di napoletani, milanisti o interisti festanti?
Essere juventini significa anche questo.

E' lo scudetto di Conte (voto 10), miglior investimento della gestione Agnelli-Marotta. Juventino, preparato, maniacale. Il vero fuoriclasse del gruppo.
E’ lo scudetto di Buffon (voto 8), non più ridente con gli avversari bensì feroce e concentrato. E’ tornato “il“ numero uno alla faccia di tutti i suoi detrattori e di chi lo credeva finito. Compreso il sottoscritto. Rispetto.
E’ lo scudetto di Lichtsteiner (8), si è ambientato in pochi giorni diventando uno dei grandi trascinatori del gruppo. Suo il primo gol ufficiale allo Juventus Stadium, e il gesto “quattro e a casa” a Lamela fatto da juventino ed ex laziale ha i suoi bei significati...
E’ lo scudetto di De Ceglie (7,5), cresciuto tanto soprattutto in fase difensiva, anche se ancora un pochino perseguitato dalla malasorte. La Jeep con le tre stelle e il tricolore meriterebbe un 10…
E’ lo scudetto di Bonucci (8), cui molti dovrebbero porgere sentite scuse. Vero regista difensivo, forse troppo spregiudicato per la (pigra) mentalità italiana. Dedicato a chi ripeteva: “Al Bari fra lui e Ranocchia quello buono era l’interista”.
E’ lo scudetto di Chiellini (8). Lui c’era prima ed è rimasto durante e dopo il calvario. Sempre su buoni livelli, mancava sempre qualcosa per la consacrazione definitiva. Arrivata quest’anno.
E’ lo scudetto di Barzagli (8), liberato in saldo dal Wolfsburg solo quindici mesi fa, ed oggi miglior difensore italiano. Sempre impeccabile, il pubblico l’ha capito e oggi gli è stato riconoscente invocandolo sul dischetto.
E lo scudetto di Pirlo (9,5), scaricato dal Milan, che lo ha persino accusato sul suo sito di essere diventato un giocatore scorretto. Dopo 10 anni di militanza in rossonero gli hanno preferito Van Bommel. Contenti loro, figuriamoci noi. Il suo trasferimento molto più decisivo del gol di Muntari...
E’ lo scudetto di Vidal (9), la causa della conversione di Conte al centrocampo a tre. Giocatore enorme, qualità, quantità e gol. Rummenigge si incazzò come una iena quando capì di non poterlo ingaggiare, e ora capiamo perché.
E’ lo scudetto di Marchisio (9), da anni pronto per diventare quello che prometteva, ma non era mai sbocciato completamente. Come Chiellini, quest’anno il “salto” l’ha fatto per davvero. Certi paragoni un tempo azzardati non sono più improponibili.
E’ lo scudetto di Pepe (8), determinante per metà stagione, frenato dagli infortuni nella seconda parte. Quantità e qualità, 6 gol e tanta verve. Alla faccia di chi ne criticava l’acquisto.
E’ lo scudetto di Vucinic (8), discontinuo e indolente nella prima parte, determinante nel finale. Croce e delizia, prendere o lasciare, Mirko è così. Per ora è bastato, ma se questa vittoria lo rendesse finalmente cosciente dei propri (enormi) mezzi...
E’ lo scudetto di Matri (7,5) miglior bomber della stagione a quota 10. Un po' pochini. 9 gol in 20 giornate e solo uno, seppur importante, nel resto del girone di ritorno, nel quale il centravanti è sparito. Conte lo ha un po’ emarginato e non pare amarlo molto. Aria di addio?
E’ lo scudetto di Caceres (7), rientrato a gennaio e da considerarsi più che un semplice rincalzo. Meglio esterno destro che centrale, meglio attaccante che difensore. Il goal all’Inter e la doppietta in Coppa al Milan le perle.
E’ lo scudetto di Estigarribia (6,5), arrivato come (felice) intuizione si è ritagliato il suo spazio. Goal a Napoli, nella serata più complicata della stagione, e un contributo sempre dignitoso. Meriterebbe la conferma.
E’ lo scudetto di Giaccherini (7) detto “Giaccherinho”, esterno e mezz'ala sempre diligente e disponibile, quattro anni fa era sull’orlo della Serie D col Pavia, l’anno prossimo giocherà la Champions League. Tifa(va?) Inter, glielo perdoniamo.
E’ lo scudetto di Quagliarella (6), ripresosi con fatica dall’infortunio e preferito da Conte nel finale di stagione come partner di Vucinic. Il gol del 2-0 al Palermo chiuse la partita che rilanciò la Juve definitivamente in testa alla classifica.
E’ lo scudetto di Del Piero (7), al passo d’addio (con scudetto) di una carriera in cui ha frantumato ogni record. Decisivo contro l’Inter per chiudere la pratica, contro la Lazio per scacciare i fantasmi. Eterna gratitudine.
E’ lo scudetto di Borriello (6,5), arruffone e precipitoso, a secco per un anno intero, ma determinante con quel preziosissimo gol a Cesena. A Conte piace più di Matri, a me no. Quindi è probabile che resti lui e se ne vada il lodigiano.
E’ lo scudetto di Storari (6,5), ricacciato in panchina dal ritrovato Buffon dopo qualche malumore. Portiere di Coppa, tre presenze piene in campionato gli regalano una gioia meritata per quel che ha fatto in questi due anni.
E’ anche lo scudetto di Marrone (6), Padoin (6) e Krasic (5). Un giovanotto che una traccia l’ha lasciata, un giocatore di sostanza che piace al mister e sta diligentemente al posto suo e l’ex freccia bionda finita nel dimenticatoio – e prossima ad andarsene - dopo Catania.
Non è lo scudetto di Grosso (n.g.), Elia (n.g.), Pazienza (n.g.), perché hanno sostanzialmente fatto male quando sono stati (raramente) impiegati, oppure hanno avuto la dignità di andarsela a cercare altrove.
E' lo scudetto della Juventus (voto 10) intesa come società, una società che per vincere doveva ritrovare se stessa e la propria dignità.
E lo ha fatto grazie soprattutto ad Andrea Agnelli.
Basta con i sorrisi e le mezze frasi timide e impacciate, i toni compiacenti con gli avversari che facevano gongolare i nemici.
Uno slogan forse estremo che piacerà tanto ai curvaioli recita: "amici di nessuno".
Volenti o nolenti, è proprio così: la Juve per definizione deve essere simpatica ai propri tifosi, della simpatia altrui non se ne fa niente.

E' lo scudetto dei tifosi (voto 10), immagine retorica finché si vuole ma per una volta totalmente veritiera.
Quei tifosi che per anni hanno pianto e sofferto interrogandosi sul perché non potessero riavere la Juve che fu.
Ora riempiono le strade e le piazze di ogni città d'Italia ostentando il loro orgoglio e il loro senso di appartenenza.
Piazza Duomo a Milano la scorsa settimana era piena di juventini: avete mai visto la torinese Piazza San Carlo riempirsi di napoletani, milanisti o interisti festanti?
Essere juventini significa anche questo.