Arturo Vidal - Week-end warrior

RubricaCampionario - Carico e scarico di calciatori che malgrado tutto non dimenticheremo mai

Parla di uno che è soprannominato Guerriero ma quando esulta con le mani forma un cuoricino.
Non si batte i pugni sul petto come Khal Drogo, come Chiellini, come ogni guerriero fa dalla notte dei tempi, impulso alla lotta ancestrale. No, lui disegna un emoticon: il cuoricino. ♥ Non l'ha inventata lui, questa cosa. Del resto, come ogni altra postmodernità, gli emoticon non si inventano, si usano e basta. Il primo Cheer-Jockey a utilizzarlo è stato Pato che, lo scrivo per i posteri, è un ragazzino vissuto nel ventunesimo secolo, abbastanza archetipico del personaggio cui in genere è affidata la linea comico-demenziale nella tipica serie-tv adolescenziale ambientata in un liceo americano, uno che ha in pratica concluso la sua carriera agonistica all'età di 23 anni (niente di strano: a 20 anni aveva già un divorzio alle spalle). Per dirla come la dite voi giovani: un bimbominkia. E infatti, il cuoricino. ♥ C'è chi fa la linguaccia :P, chi il cuoricino ♥, Pazzini fa una roba tipo :>
Per carità il cuoricino è una cosa bella, dai tempi di I ♥ NY. Ha venduto una meraviglia, è stato remixato in chiave ironica, pubblicitaria, esistenzialista. Ha finito naturalmente, alla lunga, col rompere i coglioni. Quasi quanto la retorica del "gioca col cuore" nel pallone. Proprio per questa ragione però, ossia che il giocatore di sbattimento debba per forza colare sangue misto a bava e mostrare, in ogni manifestazione di sé, di credere nei valori che solo il duro lavoro insegna, non posso che apprezzare l'estetica un po' bimbominkia di Arturo Vidal, espressa anche con trucide acconciature e jeans pittati di biancone. Dimostrazione che fare il guerriero per lui è né più né meno che la sua professione. Non ci voleva Saviano, insomma, per sapere che anche i bad boys ascoltano Gigi D'Alessio.

Arturo Vidal è un guerriero sui generis, per tante altre ragioni. Le ragioni per cui è un giocatore unico e, forse, rivoluzionario. Vidal è un centrocampista offensivo che possiede come prima qualità quella di saper recuperare palloni. E' un centrocampista offensivo non tanto per i parecchi goal segnati (ben 40 nei suoi 6 anni europei) quanto per la posizione che assume in campo. Prima di lui, il pressing alto era più che altro un concetto, assai vago e generale. Oggi è realtà effettiva: Vidal ce l'hai fuori dalla porta di casa che ti aspetta. Apri ed è lì. Vidal, inoltre, non recupera palla per darla indietro, come i suoi predecessori, ma per puntare verso la porta avversaria. Senso compiuto al cliché "la miglior difesa è l'attacco". Vidal calcia persino i rigori, notoriamente roba per gente cerebrale. Quando rincorre un avversario, riesco a percepire, senza sforzo alcuno, l'effetto sonoro "cento bisonti in prateria". L'avversario sente la tragedia incombente della perdita del pallone, lo vedi. Pur tuttavia, in Vidal non c'è alcuna ferocia, anzi. Arturo è sempre sorridente, uno che evidentemente si diverte come un matto a fare quello che fa. Ha quel bel sorriso sudamericano, mai sarcastico, che punta al disarmo, da sfoggiare con naturalezza per evitare un'ammonizione o giustificare al compagno un passaggio mancato. Non è un rabbioso, uno di quegli esagitati che scambiano le partite di calcio per risse nei parcheggi (sebbene abbia trovato traccia di qualche esuberanza giovanile). E' uno che fa il suo lavoro col sorriso sulla bocca, non la bava.

Vi racconto ora una storia verosimile. Mi trovavo nel parcheggio di Vinovo, un luogo che, lo scrivo per chi ha la fortuna di non esserci mai stato, assomiglia angosciosamente a una concessionaria di SUV (a dimostrazione che non importa se tu sia guerriero o fighetto, artista o terzinaccio, quando ti svegli a metà mattinata ti piace mettere il culo su un Cayenne). Stavo lì, come un tifoso qualsiasi in caccia di foto, in compagnia della combriccola di ju29ro. Primo a terminare la doccia, Vidal fece il suo ingresso nel parcheggio, diretto verso la sua vettura, che non so come abbia fatto a riconoscere immediatamente, visto che erano tutte uguali. Gli andai allora incontro (non sono un timido), mentre il mio amico Mario P., che ha imparato lo spagnolo a Cuba, lo aizzava invasato al grido di "Lucha, Guerrero!". Lui sì, si batteva i pugni sul petto, quasi a scassarselo. Nel dialogo tra i due, mi trovai assolutamente laterale. Non sapevo prendere una decisione: se concentrarmi sull'umanità timida di Arturo Vidal o su quella prorompente dell'amico Mario P., in processo di trasfigurazione. Scelsi infine di occuparmi di Vidal mentre dietro di me risuonava l'haka del mio amico Mario P.

Ringa pakia!
Uma tiraha!
Turi whatia!
Hope whai ake!


Vidal, da vero professionista, teneva molto a mostrare empatia con i tifosi, indirizzando impacciati sorrisi a tutti. Del resto, non parlava italiano. Io ero tutto concentrato su questo ragazzo normale, da cui non ricavai nessuna particolare impressione, nessuno sguardo rivelatore di niente. Un calciatore fuori dal suo habitat. Un po' come quei tizi che quando incontrano un comico gli chiedono di ripetere proprio quella battuta là, che però in un ristorante non fa ridere.
Se solo avessi capito che dietro di me avevo il vero personaggio leggendario. Il guerriero Mario P., assetato di sangue. Questo working class hero che incitava alla lotta il milionario guerriero, nell'atto di salire sul suo guerriero da strada. In lui, c'era la vera estetica della lotta, che non fa distinzioni di sorta. Questo lui (e io e noi) chiede al calcio: una guerra, con tutti i suoi riti e i suoi simboli. Infatti, un po' ci rimase male, anche lui: Vidal non era poi come se l'aspettava.

Il fatto è che Vidal conduce una vita complementare alla nostra. Noi, dal lunedì al venerdì, impiegati nei nostri lavori noiosi e insoddisfacenti, e nel weekend guerrieri da stadio, da discoteca, da cinema. Arturo, invece, il guerriero lo fa per lavoro, nel weekend. Non so come occupi il resto del suo tempo, ma ricordo il mio stupore quando lessi che il passatempo preferito del guerriero Pavel Nedved era dormire.
D'altronde, quel lavoro è divertente e Vidal è il più bravo di tutti a mostrarlo. Gli piace tutto del calcio e fa tutto: correre come un disperato, tirare a raffica, provare i giochetti, scambiare coi compagni. Sorridendo, che il calcio è bello. Mica la vita.

Insomma, la mia storiella era verosimile, ma eccone un'altra più vera. Il mio amico Mario P. sta guardando Lazio-Juve. Arturo Vidal insacca il secondo goal. La telecamera stringe su di lui, che guarda fisso proprio verso il mio amico Mario P., si percuote il petto e gli grida invasato "Lucha, Guerrero!"




Puntate precedenti:
1 - Mirko Vucinic, simbolo di pace
2 - Paul Pogba e il romanzo di formazione
3 - Simone Padoin, il giocatore di fatica nell'epoca della sua riproducibilità tecnica
4 - Stephan Lichtsteiner, la parabola dell'uomo quadrato
5- Fabio Quagliarella will have his revenge on Youtube - Elogio del lavoro estemporaneo
6- Andrea Pirlo - Non è un artista



Twitter: @elborchoke