Per la nuova Juve un friulano inflessibile

delneriA 60 anni, di cui più di 40 passati nel calcio, Luigi Del Neri arriva alla Juventus della rivoluzione, o dell’evoluzione, come l’ha definita l’altro nuovo arrivo, il neo D.G. Giuseppe Marotta, sponsor personale del tecnico.
Del Neri è un allenatore ed un uomo dal carattere deciso e duro, uno che, se entra in sintonia con l’ambiente, può fare grandi cose. Ma quello appena accennato non è un dettaglio da poco.
L’impressione che si ricava ripercorrendo la carriera del tecnico di Aquileia è che ha sempre dato il massimo in presenza di giocatori affamati in grado di assecondare un sistema di gioco dispendioso e che richiede massima disponibilità al sacrificio, soprattutto agli attaccanti e agli esterni. Viceversa, ha avuto frequenti problemi con gli atleti blasonati (o viziati) o con la pancia piena.
Di sicuro non ha un carattere facile, e le improvvise interruzioni dei rapporti con Empoli e Porto (a stagioni neppure iniziate) testimoniano che l’uomo non gradisce interferenze e non lo manda a dire.
Resta da capire quante personalità “forti” troverà alla Juventus, e soprattutto quale disponibilità riuscirà ad ottenere.
Forse, ancora più del suo, sarà decisivo l’apporto di Marotta, l’uomo che se lo è portato con sé da Genova, alla faccia dei Prandelli, dei Benitez o degli Allegri.
La storia del Del Neri allenatore iniziò alla metà degli anni Ottanta in realtà vicine a casa, fino a quando, ad inizio anni Novanta, il neo tecnico juventino cominciò a “girovagare“ per lo Stivale.
Ai buoni risultati ottenuti in serie C (promozioni con Ravenna e Nocerina) seguì il biennio alla Ternana, con la quale il tecnico friulano in due stagioni conquistò la doppia promozione dalla C2 alla B.
A quasi cinquant’anni, Delneri decise di tentare l’avventura in serie A, ma per problemi di incompatibilità la permanenza ad Empoli non durò nemmeno il tempo del ritiro estivo.
La Ternana, in difficoltà al suo primo campionato di B, sfruttò la situazione riportando in Umbria il tecnico artefice delle due promozioni ma, purtroppo, la “minestra riscaldata” risultò indigesta e la stagione di Del Neri si concluse prematuramente con un esonero.
Il riscatto era alle porte, firmato Chievo, i “mussi volanti” che, grazie al sistema di gioco di Del Neri e all’acume del ds Sartori realizzarono una specie di miracolo portando una squadra di un piccolo quartiere veronese a strappare consensi a livello nazionale (e non solo) per la qualità e la redditività del gioco.
L’aspetto più importante che evidenziò l’esperienza-Chievo (durata quattro anni, dalla promozione immediata in serie A fino al 2004, Europa compresa) fu la capacità che ebbero l’ambiente e il tecnico di galvanizzare giocatori di medio livello (Eriberto-Luciano, Manfredini, Corradi, Legrottaglie, Marazzina, ecc.ecc.), inserendoli in un sistema di gioco che ne esaltava le qualità oltre l’effettivo valore.
La prova fu la sostanziale delusione destata, risultati alla mano, dalla maggior parte degli artefici del cosiddetto “Chievo dei miracoli” alla prova della squadra di livello superiore (escludendo forse i soli Perrotta e, in parte, i “palermitani” Corini e Barzagli), e soprattutto alla prova dell’adattabilità ad un diverso sistema di gioco.
A fine 2004 il tecnico di Aquileia lasciò Verona per tentare l’avventura nel Porto campione d’Europa in carica, ma per dissapori con alcuni veterani dello spogliatoio la storia finì come ad Empoli, cioè con l’interruzione del rapporto a stagione nemmeno cominciata.
E, come già in passato, Del Neri prese un’altra panchina in corsa, sbagliando di nuovo: la panchina era quella della Roma dissanguata del post-Capello, e già passata dalla rinuncia di uno sfortunato Prandelli alla "cura" Voeller.
In un clima surriscaldato e gestito in modo approssimativo il tecnico pagò (dimettendosi) nell'ordine: le frizioni con alcune personalità esuberanti dello spogliatoio (segnatamente Cassano); risultati scadenti e, molto probabilmente, il fatto di essere legato contrattualmente alla GEA, la società di procuratori che, del tutto impropriamente (almeno secondo il giudizio di primo grado cui si è giunti nell’omonimo processo), nella Capitale hanno sempre considerato un'associazione a delinquere riconducibile a Luciano Moggi, il presunto Grande Nemico della Maggica.
La parabola di Del Neri sembrò ormai in fase discendente, e l’idea che il treno importante fosse passato si insinuò ulteriormente in seguito all’esonero che il mister friulano subì dal conterraneo Zamparini, che alla quarta di ritorno del 2005/06 lo sostituì con Papadopulo.
L’occasione per il rilancio venne offerta dal Chievo, il vecchio amore in affanno che richiamò urgentemente in panchina il creatore dell’epoca d’oro in sostituzione dell’esonerato Pillon.
Ma l’andamento della stagione, iniziata per i clivensi con i preliminari di Champions League (sotto la guida di Bepi Pillon), confermò che Del Neri non ama le “minestre riscaldate” e, come già a Terni, a maggio il rapporto si risolse in seguito alla retrocessione del club di Campedelli.
A 57 anni, il baffuto allenatore friulano ripartì dall’Atalanta, e per due anni i bergamaschi stazionarono stabilmente nella prima metà della classifica, riuscendo a togliersi parecchie soddisfazioni ai danni delle grandi (pareggio in casa della Juve, vittorie contro Milan e Inter).
Il resto è storia di questi giorni, con il diritto a disputare i preliminari di Champions League conquistato con la Sampdoria (non accadeva dal 1990/91, l’anno dello scudetto blucerchiato), le frizioni temporanee ma stavolta gestite (grazie anche al lavoro della società) con il solito Cassano, con il quale il rapporto ora sembra diventato chiaro e persino complice. Ci ritroveremo Fantantonio in bianconero?