29 maggio 2010: valeva la pena esserci

tifosiAlle 10 del mattino, in zona Fiat Mirafiori, quando, dopo aver dato un'occhiata all'allestimento del palco che di lì a poche ore ospiterà la parte centrale della manifestazione, stai facendo un intervento telefonico ad una radio locale torinese, mentre compri le sigarette. E gli amici intorno ti guardano straniti, notando che hai adottato un tono di voce molto più serio, che fai attenzione ai vocaboli che usi... per raccontare agli ascoltatori quello che accadrà nel corso della giornata.
Valeva la pena esserci.
Davanti alla splendida chiesa di Santa Rita, accanto alla quale campeggiano gli striscioni "Mai più un'altra Heysel" e "39 angeli: il popolo bianconero non vi dimentica". E, già mezz'ora prima della messa (c'è un matrimonio in corso), il sagrato e l'intera piazza sono stracolmi di persone che aspettano di poter ricordare i 39 amici che mancano. E rivedi persone perse di vista da mesi o da anni, ma anche persone conosciute alle presentazioni del libro di Ju29ro, o in altre occasioni juventine. E, accanto agli amici che già conosci (del Team, dei forum, delle varie associazioni e club, dello stadio), riesci a dare un volto a tante persone, che fino a poco prima erano dei semplici nicknames sui forum del tifo bianconero. E l'emozione di abbracciare, finalmente di persona e non più per scritto, persone come Domenico Laudadio (Mimmo): uno che da decenni si batte, quasi da solo, perché la memoria delle vittime dell'Heysel sia onorata degnamente anche dalla stessa Juventus.
Valeva la pena esserci.
E poi inizia la messa, nella chiesa grande e non nell'annessa cappella. Perché il numero di persone è troppo elevato, in realtà anche per la chiesa stessa: in tanti rimangono fuori sul sagrato... e continuano le chiacchierate, spesso tra persone che prima manco si conoscevano, con toni discreti e rispettosi, consci dell'importanza e della sacralità del momento. L'officiante è perfetto nel ricordare quanto accadde quella notte e nel dare alla messa di commemorazione il taglio giusto, consapevole del fatto che fra i presenti ci siano anche persone non del tutto avvezze alla frequentazione della chiesa. Poi, un unico, grande, interminabile e commosso applauso collettivo, dentro e fuori la chiesa, al termine della funzione.
Valeva la pena esserci.
Nel déhors del bar all'angolo tra corso Unione Sovietica e corso Traiano, centinaia di amici gobbi si alternano nel consumare un frugale pasto, costituito, per i più, da panini e birre. E ci si scambiano nomi, impressioni, numeri di telefono, ricordi. In tanti sono in viaggio fin dalla notte, dalla Campania, dalla Puglia, dalla Sicilia, dal Lazio, dalla Toscana, dall'Abruzzo... da tutte le regioni d'Italia, e anche dall'estero. E ti scopri a ringraziare la sorte, per il fatto di abitare nella cintura torinese. E i sacrifici fatti nei giorni e nelle settimane precedenti per dare una mano all'organizzazione della giornata ti sembrano poca cosa, rispetto alla montagna di km che in molti hanno volontariamente scalato. Qualche goccia di pioggia, che si trasformerà immediatamente in umidità nell'aria, lasciando il posto ad un sole cocente. E sei sul palco, accanto ad Antonello di OrgoglioGobbo e ad Annamaria e Patrizia, le vere anime dell'organizzazione di questa giornata. Mentre risuonano le note degli inni contenuti nei cd preparati il giorno precedente: "Juve, Juve, o cara squadra senza età... Juve, Juve, cara gloriosa società... mille bandiere bianconere intorno a noi...". Quant'è bello ancora oggi quell'inno! E poi, quelli più recenti, ugualmente belli. Così come è bello vedere lì davanti i ragazzi delle due curve, di tutti i gruppi, senza i propri vessilli (salvo uno o due), ma tutti insieme, con le sciarpe e le bandiere bianconere.
Valeva la pena esserci.
Inizia Antonello OG e parla delle sue emozioni legate all'Heysel, seguito da Luigi della Combriccola Romana, da Marco Venditti e Gianluca Savoini: ognuno di loro, presente quella maledetta sera, rende pubblico il proprio ricordo. OG racconta anche di Edmondo Bellan e Renzo Trabuio, entrambi vittime (in momenti diversi) della follia antijuventina, e rende omaggio alla memoria di Beppe Rossi, fondatore del primo gruppo ultrà del tifo bianconero. Poi tocca a Patrizia dello Ju29ro Team leggere una toccante poesia, scritta da Alessandro (AleGobbo) e dedicata ad Andrea Casula, la più giovane fra le vittime della follia di quella notte. Impossibile riuscire a leggerla fino in fondo: la sua voce trema per l'emozione, e ad un certo punto inevitabilmente si interrompe, venendo poi abbracciata ed incoraggiata dallo stesso OG... la commozione è forte per tutti: ti volti e ti accorgi che le tue stesse lacrime sono anche sui volti di Annamaria, di Marco che ha appena parlato, di Mimmo e degli altri. Poi, Patrizia riprende, e completa la lettura con l'abbraccio ideale di tutti i partecipanti. Un momento indimenticabile.
Valeva la pena esserci.
Tocca ad Annamaria leggere i nomi delle 39 vittime, con in sottofondo le note di "Memorial", il pezzo che Nyman compose in onore delle vittime di quella serata. Qualche piccola esitazione sui nomi stranieri, ma una grande partecipazione e una forte e vera emozione. Intanto comincia a fare davvero caldo: il sole è a picco, e quelle 1.500 persone circa che si erano radunate in piazza Santa Rita sono diventate, ad occhio, almeno 4-5.000, e sembrano smaniose di far partire il corteo. Nonostante le raccomandazioni di OG, scoppia qualche petardo, assai rumoroso, nella parte esterna dell'immenso parcheggio di piazza Caio Mario. Ora sai che toccherà a te, e che, dopo due interventi così toccanti e coinvolgenti, dovrai parlare di Calciopoli. Ci sono tre pagine di concetti, preparate con passione e attenzione la sera prima, che aspettano solo di essere lette. Ma fa caldo per tutti, e allora quei fogli rimangono piegati: meglio andare a braccio. Tanto, quei concetti li conosci (purtroppo) a memoria: hanno scandito gli ultimi quattro anni di tutti noi... il pubblico capirà, e apprezzerà anche la fiducia (seppur condizionata) concessa al nuovo presidente Andrea Agnelli, figlio del Dottor Umberto. Poi tocca ancora a Savoini, con un intervento di rara efficacia, quindi a Mario per GMDJ e ad Enzo per la Combriccola Romana. Scendi dal palco e trovi nuovi amici, come Giovanni (LeggendaJuve), arrivato dalla Sicilia con il suo cartello fatto in casa e la sua maglietta con la scritta "Ju29ro" dorata. E vecchi amici, come Matteo, colui che da solo ad ottobre 2006 sfidò l'allora nuova Juventus, tappezzando la sua macchina di striscioni di protesta, giusto davanti alla sede di corso Galileo Ferraris.
Valeva la pena esserci.
Il lungo corteo comincia a muoversi, atteso da 5 km di camminata, e partono i cori da stadio, peraltro già provati in piazza, certamente non all'insegna del fair play e (come tutti i cori da stadio di tutte le tifoserie) non sempre condivisibili. Non è una sfilata di moda, ma la marcia pacifica di un popolo incazzato... anche se prevale la goliardia. Del corteo in realtà fanno parte anche bambini, famiglie, anziani, disabili. Altri anziani salutano dai balconi, alcuni bambini sventolano bandierine e fanno "ciao" da dietro le transenne di un parchetto. Gli sventolatori di qualche bandiera granata o nerazzurra vengono presa di mira dai più suscettibili, ma si alzano solo i toni verbali, qualche insulto e non succede nulla. Tra una goliardata e l'altra, nel gruppo, ormai molto allungato, si chiacchiera e ci si confronta. Nel momento di massima partecipazione, il corteo sembra essere composto da oltre 5-6.000 persone.
Valeva la pena esserci.
Lentamente (la strada è lunga, troppo lunga), il corteo si avvicina a corso Galileo Ferraris. Quando si arriva di fronte alla sede, probabilmente sono rimaste 2.000 persone o poco più. La speranza di tutti è che ci sia qualcuno, reduce dalle cerimonie ufficiali organizzate dalla società in mattinata, che venga a dare un segnale di saluto ai partecipanti: in realtà, ci sarebbe una delegazione pronta a consegnare una petizione per l'intitolazione (peraltro già deliberata) alle vittime dell'Heysel di una via o piazza davanti al nuovo stadio. L'intendimento è quello di chiedere che la Juve stessa dia seguito nei fatti a quanto sembra finalmente essere stato deciso: ci sarà uno spazio, all'interno dello stadio, dedicato alla memoria dei nostri 39 fratelli scomparsi in Belgio. Purtroppo, la sede è chiusa e non c'è nessuno ad accogliere i manifestanti. Qualche testa calda lancia nel giardino davanti alla sede alcune bombe carta e petardi (assai rumorosi). Peccato. Peccato che il gesto di qualche sconsiderato dia ai media l'opportunità di far passare in secondo piano i veri valori della giornata. Ma, per fortuna, non succede nulla di cruento, non c'è vera violenza (se non verbale), non c'è alcun fuggi fuggi, e il clima non somiglia affatto alla guerriglia descritta da alcuni organi di stampa... peraltro gli stessi che raccontano a modo loro Calciopoli e le cronache del processo di Napoli, ricordando e mettendo in luce solo alcuni aspetti, e dimenticandone altri, ben più importanti.
Valeva la pena esserci.
Sì. Perché nove ore, nelle quali tutti hanno mostrato, ognuno a modo proprio, la passione e l'amore per la Juve e il rispetto per la memoria delle vittime dell'Heysel, valgono ben più di quei dieci minuti nei quali alcuni se ne sono colpevolmente dimenticati. Perché 15 o 20 esagitati coi loro comportamenti deprecabili non possono contare più di quei 6.000 che hanno vissuto la giornata come andava vissuta. Poi, ci sarà sempre qualcuno che, di fronte al dito che indica la luna, preferirà fermarsi a guardare il dito. Peccato.
Valeva la pena esserci.