Cose da vecchia Inter e da nuova Juventus

agnelli vaderetroC’era una volta una società della quale tutti ridevano.
Una società che sbandierava i propri obiettivi sui giornali molti mesi prima del previsto.
E tutti ridevano.
Una società che, proprio in virtù di un simile atteggiamento, veniva puntualmente usata come specchietto per le allodole e beffata al momento di concludere l’affare.
E tutti ridevano.
Una società che, proprio per questo suo straparlare, comprava mezze figure al prezzo a cui si comprano di solito buoni o, in taluni casi, ottimi giocatori.
E tutti ridevano.
La stessa società che, quando riusciva a chiudere una trattativa, lo faceva perché a nessun altro interessava concluderla.
E tutti ridevano.
Quella società che si poteva rifiutare con estrema leggerezza sia che si fosse calciatori, allenatori o manager, tanto non aveva credibilità e non contava niente.
E tutti ridevano.
Quella società che sembrava un circo, dove parlavano tutti, dal presidente al meno rappresentativo dei dirigenti, e mai nessuno che fosse d’accordo con l’altro.
E tutti ridevano.
Quella società nella quale, visto l’andazzo ciarliero dei vertici, i calciatori sparlavano molto di più di quanto invece si impegnassero nel loro lavoro.
E tutti ridevano.
E’ la stessa società che svendeva i suoi giocatori alle dirette concorrenti.
E tutti ridevano.
La società che non riusciva a svendere giocatori strapagati a causa dell’ingaggio fuori portata.
E tutti ridevano.
Quella società diventata celebre per l’abilità nell’accaparrarsi giocatori rotti o finiti.
E tutti ridevano.
Quella società nella quale lo spogliatoio decideva di “licenziare” l’allenatore, e a lungo andare vi riusciva.
E tutti ridevano.
Sì, proprio quella società che cambiava spesso allenatore in corsa e finiva la stagione con un precario in panchina.
E tutti ridevano.
Una società a proposito della quale gli addetti ai lavori sprecavano paroloni per elogiarne simpatia e signorilità, ma in realtà pensavano: “ma che razza di scemi sono questi?”
E tutti ridevano.
Una società che partiva con proclami roboanti ad agosto; ridimensionava i propri obiettivi a ottobre; li rispolverava dopo due vittorie consecutive e, infine, a febbraio/marzo pensava già alla stagione successiva.
E tutti ridevano.
Poi arrivò Calciopoli, e fu così che questa società che in 98 anni aveva fatto ridere l’Italia e il Mondo intero riuscì a trasferire parte del proprio corredo cromosomico altrove, più precisamente a Torino, in corso Galileo Ferraris.
Dando origine ad una serie di fedelissimi cloni (un po’ più rincoglioniti, ma anche un po’ meno ricchi), i quali, da bravi figliuoli, in soli tre anni hanno recuperato il terreno e supereranno presto i “padri”.
Perché i “padri”, nel bene o nel male, alla loro società tengono, mentre ai “figliuoli” il giocattolo sembra dare solo fastidio.