Juventus: la soluzione finale

andrea johnNell’ultima settimana si sono letti molti commenti sulla riunione del Consiglio di Amministrazione della Juventus avvenuta il giorno 20 gennaio u.s. L’incontro dell’organo di gestione della società bianconera ha partorito uno scarno comunicato che ha avuto come unico effetto quello di far scrivere ai giornalisti che la Juventus non ha un euro e che per la campagna trasferimenti di gennaio non vi sono risorse. In effetti leggendo la nota della società è difficile trarre degli spunti che vadano oltre i cupi segnali di austerity di cui è intrisa. In realtà, come abbiamo sempre fatto in questi anni, cercheremo di leggere quel comunicato facendone un'analisi di secondo livello. Ci perdoneranno quelli che si aspettano notizie di calciomercato. In questo articolo non ne troveranno. Ci saranno però delle indicazioni su quello che potrebbe essere il futuro della Juventus a breve e a medio-lungo termine, e sugli scenari che si vanno delineando, ma che i giornali “normali” non vi illustreranno mai. Così come non vi avevano preannunciato il disastro economico finanziario cui la Juventus stava andando incontro dopo il 2006 con il fantasmagorico “projettò” del signor Blanc. Chi ci legge dall’inizio ha avuto il privilegio di sapere come sarebbe andata a finire con qualche anno di anticipo, e gli articoli, ancora presenti nel nostro archivio, sono lì a testimoniarlo. Proviamo quindi ancora una volta a tratteggiare uno scenario futuro sulla base delle quattro righe emerse da una “strana” riunione del Consiglio di Amministrazione.

Partiamo dunque dalla lettura del comunicato ufficiale:
"Nell'ambito dell'ordinaria attività di gestione dell'azienda, si è svolta oggi una riunione del Consiglio di Amministrazione, che, come da consuetudine, ha preso in esame l'andamento dell'anno in corso, caratterizzato, come già comunicato, da una perdita significativa. Il Consiglio ha inoltre iniziato l'analisi preliminare dell'aggiornamento del piano di sviluppo dei prossimi tre esercizi. Questa analisi è stata anche l'occasione per un approfondimento delle tematiche relative al financial fair-play, cui Juventus Football Club S.p.A. si ispira nella propria gestione. Non sono state prese in esame singole operazioni collegate all'attuale campagna trasferimenti".

Come tutti hanno avuto modo di leggere, la prima parte del comunicato parla di una perdita significativa sull’esercizio in corso, il 2010-2011. Questa perdita l’ho personalmente stimata molti mesi fa, esattamente ad agosto del 2010 e dovrebbe essere tra i 50 e i 60 milioni di euro. Ciò significa che in sede di consuntivo, a giugno del 2011, si dovranno stabilire le modalità e le risorse cui attingere per ripianare la perdita. Il Patrimonio Netto a giugno 2010 ammontava a poco più di 90 mln di Euro, di cui circa 20 a titolo di Capitale Sociale e il resto suddiviso nelle varie voci delle Riserve. Questo significa che alla perdita si farà fronte probabilmente con il solo utilizzo delle Riserve Patrimoniali e quindi la società non si troverà nelle condizioni previste dall’articolo 2446 del codice civile, che regolamenta l’utilizzo del Capitale Sociale per far fronte appunto ai disavanzi di bilancio.

Ciò determina quindi che da un punto di vista puramente “tecnico”, anche in presenza di una perdita di 50/60 mln di Eur, la società potrebbe decidere di non mettere mano al portafoglio e non deliberare alcun aumento di capitale. Si troverebbe infatti a fine esercizio comunque con un Patrimonio Netto positivo, nell’ordine dei 30 milioni di Eur e non intaccherebbe in ogni caso la posta “Capitale Sociale” del Patrimonio Netto. Tuttavia la società in questo caso si troverebbe in una situazione di sottopatrimonializzazione che ne sancirebbe il definitivo ridimensionamento strategico e sportivo.

Andrea Agnelli aveva dichiarato durante l'Assemblea di ottobre che, a cavallo di fine anno, si sarebbe riunito il Consiglio di Amministrazione per revisionare il Piano Industriale quinquennale di Blanc (2006-2011) e dare il via quindi a una nuova fase, con un nuovo Piano Industriale, questa volta di più breve respiro, con un orizzonte di soli tre anni. Puntualmente, come recita in fatti il comunicato, "il Consiglio ha iniziato l'analisi preliminare dell'aggiornamento del piano di sviluppo per i prossimi tre esercizi". Ora, scritta in questo modo, quella frase significa una sola cosa. Cari azionisti, vorremmo avviare un piano di sviluppo triennale, in pratica un nuovo piano industriale, ma al momento non abbiamo ancora individuato le risorse per finanziarlo. Infatti di solito i piani industriali, una volta deliberati, devono essere assistiti da adeguate fonti di finanziamento. Il piano Blanc, giusto per la cronaca, fu sostenuto da un aumento di capitale di oltre 100 milioni di euro, un'operazione che era comunque in programma e che sarebbe stata varata, magari con cifre leggermente più basse, anche senza Calciopoli, visto che sia Giraudo che lo stesso Gabetti (“sarà un piano ambizioso, ma non faraonico”) a marzo del 2006 avevano dichiarato che la Juventus era in procinto di comunicare al mercato un piano industriale che prevedeva l'iniezione di nuove risorse in un bilancio che ormai cominciava a mostrare la corda, dopo anni di salti mortali e di autofinanziamento.

E' chiaro quindi che la tematica del finanziamento del nuovo piano industriale deve essere stata probabilmente l'argomento di discussione principale della recente riunione del Consiglio di Amministrazione. Sull'argomento mi sento anche di poter ipotizzare schieramenti ed argomentazioni a sostegno. Partendo dal presupposto che la Juventus ha bisogno di essere ricapitalizzata se non vuole restare quello che è attualmente, e cioè una squadra di seconda fascia, si tratta di stabilire tempi, modi e dimensioni per effettuare l'operazione. Sappiamo bene che una larga fetta degli azionisti dell'accomandita che detiene il controllo di Exor ha manifestato assoluta contrarietà a nuovi investimenti nella Juventus. Di ciò avevamo già parlato qualche mese fa, poco prima dell'insediamento di Andrea sulla poltrona di Presidente. Io credo che riuscire a convincere queste persone ad aprire il portafoglio avrebbe il sapore di un mezzo miracolo. Per chiarire il motivo di tale inerzia devo fare un piccolo inciso e spiegare brevemente il grande cambiamento strategico che ha riguardato gli affari della Exor e della famiglia dopo la morte del Dottor Umberto e dell’Avvocato.

La morte dei due patriarchi ha infatti avviato una lenta ma progressiva ristrutturazione di tutte le attività del Gruppo. L'obiettivo finale, che sarà raggiunto nei prossimi anni, è quello di ridurre l'auto da "core business" a semplice partecipazione di minoranza. Ma non solo. Via agli investimenti in altri settori più redditizi e via alla diversificazione. Meno auto, dunque, ma più immobiliare, più finanza, più progetti di respiro internazionale. Obiettivo: più redditività del capitale, rivalutazione del titolo Exor per il diluirsi del premio di maggioranza sull'auto, più dividendi ai sempre più affamati e numerosi azionisti, più elasticità nell'investire o disinvestire in settori che al momento non fanno ancora parte del portafoglio della finanziaria. In definitiva dobbiamo dimenticare l'immagine della famiglia Agnelli che controlla una Exor “autocentrica” e “Torinocentrica”. La nuova Fiat/Chrysler probabilmente costituirà un semplice investimento finanziario per una Exor che, a tendere, assomiglierà sempre più a un fondo di investimento e meno a una finanziaria di controllo.

Questo cambiamento di strategia, che di fatto va nella direzione auspicata dal Dottor Umberto (meno auto, più finanza e diversificazione) e successivamente ripresa dallo stesso Andrea in un'intervista poco prima di Calciopoli (in cui preconizzava una diluizione degli interessi della famiglia nell'auto), ha sancito anche il riavvicinamento tra John Elkann e il figlio di Umberto, che si era allontanato dalle cariche operative del gruppo proprio all'indomani dell'evento Calciopoli nel 2006, che costituì il culmine della grave crisi nei rapporti tra i due rami della famiglia, già alle prese con altri drammatici avvenimenti. Un riavvicinamento che ha avuto come tappa primaria l'appoggio di Andrea alle nuove strategie di Exor e come tappa secondaria l'insediamento dello stesso al vertice della Juventus.

In questo contesto non si può non ribadire che la Juventus non è un'azienda in grado di generare in maniera stabile profitti e dividendi. Sappiamo bene che una squadra di calcio restituisce soprattutto in termini di immagine e di popolarità, due fronti che al momento non sembra interessino molto i vertici di Corso Matteotti, che al contrario sono abituati a fare affari lontano dai riflettori e dalla caciara del mondo del calcio, ma che soprattutto hanno deciso da tempo, a mio parere, di spostare il loro baricentro fuori dall'Italia, internazionalizzando sempre di più i loro interessi e i loro affari.

Per la Juventus quindi non ci vuole solo cervello, ma anche cuore e passione. E all'interno dei numerosi soci dell'accomandita uno dei pochi che ha cuore e passione per la Juventus è certamente Andrea Agnelli. Anche se qualcuno comincia a dubitarne. Per quanto posso dire di aver percepito, nelle occasioni in cui ho avuto modo di scambiare qualche parola con lui, questa cosa non si discute. Lui ama la Juventus e sogna di riportarla al ruolo che le compete. Purtroppo però ne è il Presidente e non l'azionista di maggioranza. Questo significa che le decisioni di carattere strategico non spettano a lui in via esclusiva, ma vanno individuate di concerto con l'azionista di maggioranza, cioè Exor.

Dopo questa lunga e doverosa premessa il quadro per i lettori dovrebbe essere più chiaro. Ecco quindi che possiamo ipotizzare una riunione del Consiglio di Amministrazione dove, a fronte dell'esigenza di ricapitalizzare, i delegati di Exor si siano espressi in chiave minimalista (non abbiamo soldi da buttare... meglio non fare nulla... ma se proprio dobbiamo, al massimo 50 milioni di Eur, che per Exor al netto sono 30...), mentre Andrea abbia cercato di far capire che bisogna fare uno sforzo più ampio (50 sono pochi, l'anno prossimo dobbiamo fare una squadra all'altezza del nuovo stadio, a Blanc avete dato 100 e a me 50?...).

La discussione quindi è aperta, e "l'analisi preliminare" di cui parla il comunicato non è altro che il riassunto delle cinque righe del precedente capoverso. E' facile comprendere che, con questi argomenti all'ordine del giorno, anche il semplice investimento a gennaio è qualcosa di laborioso e improbabile. Ecco dunque spiegate le dichiarazioni di Marotta e Del Neri i quali, in tutta onestà, al momento appaiono un po' lontani dalla società, quasi come se fossero sotto esame, soprattutto il primo, che non dimentichiamolo è stata una scelta che Andrea Agnelli ha trovato già bella e pronta e che ha dovuto digerire, nonostante in pubblico non perda occasione per manifestargli fiducia e consenso.

Qualunque sia la decisione che verrà presa, io credo che il problema non verrà risolto in ogni caso. Come ho avuto modo di dire in diverse occasioni, la Juventus va gestita di sicuro con l'occhio al bilancio ma anche con un pizzico di perversa passione. Ogni tanto bisogna far sognare la gente. Ecco perché ritengo che nelle nostre analisi dobbiamo ragionare con freddezza ed interrogarci su quale possa essere la "soluzione finale" per il bene della Juventus.

Ebbene a mio parere questa soluzione può essere solo la rescissione del cordone ombelicale con un proprietario come Exor, che ragiona con troppo cervello e con poco cuore. Io credo che la strada da percorrere sia quella della vendita della Juventus, non certamente al primo sceicco sciocco, ma per esempio, ad una cordata di imprenditori, magari capeggiata dallo stesso Andrea Agnelli che sarebbe il trait d'union tra passato e presente, tra tradizione del cognome e realismo imprenditoriale.

Un'altra soluzione potrebbe essere quella di fondere Juventus e Ferrari, portando così in Borsa una vera e propria entertainment company sportiva. Inutile illustrare le sinergie che si verrebbero a creare facendo interagire i due marchi e sfruttando la stagionalità dei business. Calcio da settembre a giugno, Formula 1 da febbraio a ottobre. Marchio Juventus sulla rossa che corre nei circuiti di tutto il mondo. Marchio Ferrari sulle maglie della Juventus nel nuovo stadio e negli stadi di tutta Europa. Altro che "less is more" e altre cazzate. Gli sponsor farebbero nuovamente la fila per abbinare il loro nome alla nuova entità che avrebbe in dote due grandi marchi, tra i più conosciuti del Made in Italy.

Inutile dire che stiamo parlando di sogni, improbabili. O forse no?