Inzaghi cala il tris, la Juve vince il 25° scudetto

inzaghiNel corso della stagione 1997/98 Juventus e Bologna incrociarono le loro strade allo stadio “Delle Alpi” di Torino quando il campionato era prossimo alla conclusione. Ai bianconeri era indispensabile una vittoria per mettere definitivamente le mani sullo scudetto numero venticinque della sua gloriosa storia, e l’occasione capitò proprio contro i felsinei il 10 maggio 1998. L’Inter, la principale rivale in un torneo costellato di roventi polemiche, quella domenica era ospite del Bari. Lo scontro al vertice tra le due formazioni era già avvenuto il 26 aprile precedente ed un goal di Del Piero aveva messo in soffitta i sogni di un sorpasso da parte dei nerazzurri, nella partita che sarebbe passata alla storia come quella del contatto nell’area di rigore dei padroni di casa tra lo juventino Iuliano e l’interista Ronaldo.

Nella penultima tappa della stagione il 3-4-1-2 con il quale Marcello Lippi schierò la Vecchia Signora prevedeva un pacchetto arretrato formato da Montero, Tacchinardi e lo stesso Iuliano davanti alla porta difesa da Peruzzi, con lo spostamento sulla linea mediana del campo di Torricelli a completamento di un quartetto composto anche da Deschamps, Davids e Pessotto. A Zidane era stato affidato il consueto compito di svariare lungo tutto il fronte offensivo e di provvedere ai rifornimenti delle punte Del Piero e Inzaghi. Proprio l’ex atalantino, uomo sul quale la società in estate aveva puntato con decisione tanto da lasciar partire Christian Vieri (verso gli spagnoli dell’Atletico Madrid) e Alen Boksic (tornato alla Lazio), avrebbe formato con il numero dieci bianconero una delle coppie più prolifiche della storia juventina. In quella stagione i due sommarono la bellezza di trentanove reti in campionato: diciotto (senza rigori) per Filippo e ventuno (con quattro penalty realizzati) per Alessandro.
Abbottonato nel suo cappotto portafortuna (nonostante il clima “estivo” del pomeriggio torinese), Renzo Ulivieri presentò il Bologna con l’ormai classico 3-4-3, in cui Roberto Baggio, Kennet Andersson e Kolyvanov rappresentavano il terminale del gioco degli ospiti. Che dimostrò subito la propria pericolosità: dopo soli undici minuti l’attaccante russo, con un destro al volo su azione scaturita da calcio d’angolo, portò i felsinei in vantaggio. La Juventus, apparsa frastornata dall’improvviso colpo ricevuto, non riuscì a trovare subito una valida reazione, rischiando, al contrario, di subire la rete del possibile kappaò: Andersson sbagliò infatti una favorevolissima occasione per portare sul 2-0 la sua squadra su assist dello scatenato Kolyvanov. Per Madama si stava materializzando un incubo: la partita che nelle previsioni sarebbe dovuta essere una sorta di passerella davanti ai tifosi bianconeri per festeggiare la quasi certa conquista del nuovo tricolore stava invece per trasformarsi in una tremenda disfatta.
Lippi fiutò il pericolo e adottò la giusta correzione sulla formazione iniziale, invertendo le posizioni sul campo di Tacchinardi e Torricelli con il risultato di riuscire a scuotere la Juventus dal suo torpore. Pessotto e Zidane costruirono l’azione che portò al pareggio di Inzaghi al 34’ della prima frazione di gioco, con il francese che porse un pallone invitante all’attaccante bianconero, abile poi a trafiggere Sterchele. La punta intuì che la difesa del Bologna, troppo lenta nell’applicare la tattica del fuorigioco, avrebbe potuto lasciargli ulteriori varchi invitanti per realizzare altre reti. Al 5’ minuto della ripresa si ripeté portando in vantaggio i padroni di casa, assistito ancora dall’immenso talento di Zidane. Festa doveva essere e festa - finalmente – stava per diventare, se non si fossero messi di traverso due ex bianconeri della sfida, Marocchi e Roberto Baggio, a complicare la situazione, con il centrocampista che confezionò un pregevole assist al Divin Codino, infallibile nel concretizzare il temporaneo 2-2.
La mia quarta Juve è una miscela di creatività, fantasia e cinismo”, aveva detto Lippi della sua squadra circa un mese prima della sfida con i felsinei. E lui di quella formazione conosceva i giusti ingredienti: fuori Deschamps per Fonseca e – qualche minuto dopo – dentro Pecchia al posto dell’olandese Davids. Madama si tolse i panni della Vecchia Signora per lanciarsi agguerrita alla carica del Bologna. Finì col trovare la terza rete ancora con Inzaghi, bravo a concludere col piatto sinistro un’azione preparata dal nuovo entrato Fonseca. Il Bologna, che aveva iniziato la gara con tre attaccanti, la terminò “spuntata”, togliendo prima Kolyvanov e poi Roberto Baggio per inserire Davide Fontolan e Cristallini. La squadra finì per abbottonarsi proprio come era solito fare il suo allenatore con il proprio cappotto. Fu inutile la mossa disperata del tecnico originario di San Miniato di buttare nella mischia Shalimov al posto di Marocchi, nell’intenzione di riportare di qualche metro più avanti il baricentro del gioco. Ormai era troppo tardi.

Il risultato dell’Inter, sconfitta a Bari per 2-1, a quel punto non interessava più a nessuno: la Juventus era diventata campione d’Italia. Cento anni di campionato, a partire dal 1898 e dal quel primo scudetto finito sulle maglie del Genoa, e venticinque titoli finiti sul petto della Vecchia Signora. Uno ogni quattro. Ancora meno, se si considera che a cavallo delle due guerre mondiali la serie A era rimasta ferma per alcune stagioni.
Nel momento del trionfo finale le dichiarazioni rilasciate da Filippo Inzaghi condensarono in poche parole lo stato d’animo dell’ambiente bianconero in quel particolare momento della storia juventina: “Uno scudetto assolutamente meritato. Prima ci ha dato fastidio la Lazio, poi si è rifatta sotto l'Inter, che ci ha tenuto testa fino all'ultimo. Ma non si possono avere dubbi sulla legittimità del nostro successo. Ci accusano per il gol di Empoli e il rigore su Ronaldo: è vero, abbiamo avuto due episodi favorevoli ravvicinati, ma mi pare che altri dimentichino i vantaggi capitati loro in passato. La verità è che diamo fastidio perché vinciamo troppo, però non me ne curo assolutamente: questo è un giorno di festa, non voglio rovinarlo pensando a certe cose”.