E' iniziata l'era Conte: idee chiare e determinazione

Antonio ConteCon la conferenza stampa di presentazione del nuovo allenatore della Juventus, Antonio Conte, si è ufficialmente aperta quella che, nelle parole del Presidente Agnelli, deve essere la stagione della riscossa dopo le ultime due annate oltremodo deludenti, conclusesi con due settimi posti che ci hanno relegati fuori dal circolo delle big europee.
"Vogliamo vincere e vogliamo tornare a farlo con Antonio Conte. È lui il primo tassello di un mosaico per ritornare al successo". Questo è l'impegno che la società, per bocca del suo massimo esponente, si assume ufficialmente di fronte ad una platea di tifosi delusa e sfiduciata.

LA SCELTA. Al nome di Conte si è giunti circa tre settimane fa, al termine di un lungo periodo nel quale la panchina dell'ex mister Luigi Del Neri è sembrata a volte traballante, altre volte rinsaldarsi in attesa di un auspicato e mai conseguito colpo di reni finale. Da Spalletti a Mancini, da Mazzarri alla tentazione Villas Boas: alla fine, non si sa se per reale convinzione o per forza maggiore, si è deciso di puntare sull'ex numero otto, l'indimenticato Capitano da sempre nel cuore della tifoseria. Una scelta che qualcuno ha voluto intendere dettata dalla piazza, ma che preferiamo immaginare non sia così per due motivi fondamentali: innanzitutto perché sarebbe fare un torto allo stesso Conte, il quale ha già avuto modo di sventolare il suo curriculum, fatto di risultati ma anche di dura gavetta. Si è scelto un allenatore che esercita da cinque anni, che ha al suo attivo due promozioni in serie A, ma anche una retrocessione ad Arezzo e un'esperienza nella massima serie a Bergamo, durata una manciata di partite e finita male. Non certo un pedigree d'eccezione, ma nemmeno quello di uno scolaretto alle prime armi. Non siamo quindi al cospetto di un nuovo Ferrara (con tutto il rispetto per l'attuale allenatore dell'under 21), bensì di un allenatore emergente che rivendica giustamente di essersi meritato la chiamata non in quanto ex giocatore amato dalla piazza, ma in quanto professionista valido e in ascesa, con idee di gioco personali e collaudate. Il secondo motivo è che sarebbe inconcepibile che una scelta così importante fosse stata presa dalla società privilegiando ragioni di opportunità ambientale a quelle prettamente tecniche.

LE PRIME PAROLE. Nei primi minuti del suo "ritorno a casa", come lui stesso lo ha definito, Conte è rimasto molto abbottonato circa gli scenari futuri, principalmente riguardo al mercato, ma non ha mancato di ribadire con fermezza e convinzione i suoi principi fondamentali di comportamento e di gioco, e ha regalato anche qualche chicca che a molti di noi suonerà piacevole ("Uso sempre dire che il tempo è galantuomo", ha risposto ad una domanda circa qualche scetticismo che è girato attorno al suo nome, frase già sentita in passato e probabilmente non pronunciata a caso). Lo sguardo è proiettato solo sul futuro e, se qualcuno può pensare che non sia stato la primissima scelta, a lui interessa poco: "Non è importante come si parte, ma come si arriva. E io sono arrivato primo". Chiarissimo.
L'argomento su cui si è molto dibattuto in questi giorni è stato il modulo di gioco, soprattutto in relazione all'acquisto di un giocatore particolare come Pirlo o all'impiego di Marchisio. Il nuovo tecnico si è definito integralista sui principi di gioco piuttosto che sui numeri, lasciando quindi aperta ogni possibilità tattica. La mia idea è che uno con le qualità di Pirlo renda meglio in un centrocampo a tre, ma di questo ci sarà tempo per discutere. Squadra corta, possesso palla, ferocia nella riconquista del pallone e mentalità per fare la partita sempre: questo è il credo calcistico che il neo mister ha enunciato e che ha reso manifesto nelle sue esperienze passate migliori. Ora la parola passerà al campo, ma prima di tutto alla società che dovrà mettergli a disposizione i giocatori di qualità che sono stati promessi.

IL RAPPORTO CON LA SOCIETA'. Su questo ultimo aspetto sono state spese parole importanti. Antonio Conte è ritornato per un attimo sul suo passaggio alla Juve che già era stato vicino due anni fa, prima che si virasse su Ferrara. Gli è servito per ribadire come lui non abbia accettato la Juve a scatola chiusa, nonostante questa panchina sia il suo sogno da quando ha iniziato ad allenare, ma perché ritiene di aver trovato le giuste garanzie per fare bene. "Non vado allo sbaraglio", ha chiosato. Evidentemente due anni fa la situazione non era la stessa e allo sbaraglio ha finito per andarci qualcun altro. I prossimi giorni ci diranno se questa forte sintonia con la società si concretizzerà in operazioni importanti, che gli consentano di avere una base solida su cui impostare il lavoro. Lavoro che sarà comunque enorme, perché far tornare la Juventus ai livelli di quando lui era giocatore non sarà facile. La sfida che lo attende è certamente affascinante. Le variabili in gioco sono tante, ma una certezza penso la si possa avere: se è vero (ed è vero) che, Agnelli dixit, alcuni giocatori hanno dimenticato cosa significhi stare alla Juventus, Antonio Conte è sicuramente l'uomo più adatto per rinfrescare qualche memoria. In bocca al lupo, Capitano.