Adesso licenziare Marotta è un obbligo

marottaUn anno fa eravamo qui fra il dubbioso e – perdonatemi il termine - l’incazzato.
E’ passato un anno e l’impressione dello scorso 31 agosto non solo è stata confermata, ma siamo andati oltre le (peggiori) aspettative.
Marotta conferma di non essere da Juventus, un po’ per incapacità e un po’ – probabilmente - perché nessuno gli deve aver spiegato cos’è la Juventus, Andrea Agnelli compreso.
Dalla Ridentus nata sotto la sciagurata gestione di Cobolli, Blanc e Secco siamo passati alla Confusentus (o Chiacchierentus, per via delle tante, troppe parole che il marottide regala a qualsiasi microfono gli si ponga davanti alla bocca), che in sostanza è la stessa cosa.
L’idea di fondo è la medesima: nessuno, ripeto, NESSUNO di questi personaggi conosce la Juventus, la sua storia e soprattutto nessuno di costoro ha le capacità di gestire un ruolo tanto importante in una società tanto importante (o lo era un tempo, importante?).
Marotta è arrivato, ha lavorato e ha dimostrato a sufficienza quanto vale in un anno solare e tre sessioni di mercato.
Il risultato è che l’ex A.D. della Samp è rimasto tale, un dirigente da Samp, punto.
E con la Juve questo signore non c’entra proprio nulla.
Domanda: era proprio necessario cooptarlo in fretta e furia nel CdA?
Marotta condusse la prima sessione di mercato puntando, a parole – sempre troppe, quelle -, sul “rinnovamento, abbattimento del monte ingaggi e creazione di una base quantitativa”.
In realtà, pur con tutte le attenuanti del caso – due anni di disastri compiuti dal duo Blanc-Secco - sembrava di assistere ad una pesca a strascico, fra mille chiacchiere fumose riguardanti questo o quel campione (abbordabile, bastava rinunciare ad un paio di mezze figure) e l’inevitabile scelta conclusiva che portava in bianconero un giocatore da Sampdoria.
Il target di Marotta consiste in mezzi giocatori in cerca di riscatto – e dell’ultimo grande contratto - preferibilmente ventisettenni o ventottenni, che non costino più di 15 milioni, atleti che hanno la piena consapevolezza di non poter più effettuare il salto di qualità da buoni giocatori a fuoriclasse.
E’ la sua dimensione e. così come si svena per comprare un mezzo giocatore, il marottide è incapace di venderne decentemente uno in esubero, fatta eccezione (forse) per il solo Sissoko.
Trattò Edin Dzeko – almeno a parole, tante parole - per tre mesi, congelando l’arruffone Krasic, evidente seconda scelta, per il medesimo periodo: non se ne fece nulla perché 30/35 milioni per l’armadio bosniaco – lui sì un campione - erano, per dirla con parole marottiane, una cifra “immorale”.
Invece spenderne 15 per il biondo cavallone col paraocchi, 12 per Martinez e il cash per Bonucci significa essere dei veri paladini dell’etica e della morale?
La cosa sconvolgente sono i corsi e ricorsi storici che nell’operato marottiano si ripropongono in maniera impressionante: durante la famosa sessione sbandierata come quella del “ringiovanimento e della creazione di una base” furono 15 gli arrivi rimasti in rosa per una parte o per l’intera stagione: di questi, 5 hanno già salutato (Traoré, Rinaudo, Aquilani, l'"eterna speranza" Lanzafame, Martinez), altri ci sono andati vicini (Pepe, Bonucci, Sorensen), mentre quelli per i quali il riscatto era obbligatorio (lo stesso Pepe, Motta, Matri, Quagliarella) permangono più perplessità che certezze.
L’escalation sul famoso difensore da aggiungere in rosa in extremis deve essere una delle passioni masochistiche del Dottor Marotta: nel 2010 la serie infinita di rifiuti partì da Burdisso e continuò con Benalouane, Tasci e Kaladze, per concludersi con quello buono (?): Rinaudo, operato di ernia del disco appena aggregatosi a Torino!
Quest’anno si è replicato, con l’aggravante che un dirigente serio (non un fenomeno) avrebbe dovuto capire come e dove intervenire in un reparto difensivo dimostratosi mal assortito in tutto l’anno passato.
Ebbene, in tre mesi di calciomercato, siamo arrivati agli ultimi giorni parlando di Alex, Lugano, Bruno Alves, Rhodolfo, Astori, Gastaldello, Bocchetti, Andreolli, per concludere col nulla assoluto.
Dalla prospettiva di un buon Champagne (anche se non propriamente d’annata memorabile) siamo passati a quella del vino cartonato, rimanendo infine col bicchiere vuoto.
Alla faccia della sessione dedicata al “miglioramento qualitativo attraverso l’arrivo di due/tre top players…”.
Infatti, partendo da Agüero (trattativa confermata dall’agente e dall’Atletico stesso) e Alexis Sanchez, si è passati per Pepito Rossi, mentre era già arrivato il 32enne Pirlo a parametro zero.
Il cileno Vidal (che rischia di essere l’unica mossa intelligente dell’estate, ma non diciamolo troppo in giro…) aprì la strada al talentuoso ma indolente ventottenne Vucinic, e i due andarono a far compagnia al volenteroso - ma carissimo - Lichtsteiner.
Infine, ecco l’assalto agli esterni “di qualità”.
Sono arrivati gli eredi di Rui Barros - valessero almeno la metà del piccolo portoghese… - Giaccherini e Elia, che insieme costituiscono una rispettabile batteria di tap players, mentre il carneade Estigarribia dopo una buona Copa America - e qualche filmato su Youtube - si candida a diventare il nuovo Traoré, mentre fra i parametri zero della primissima ora Pazienza è uno scarto del Napoli, e Ziegler pare sia stato già bocciato da Conte.

Proprio Conte – chiamato a far miracoli - è un altro di quei motivi per il quale Marotta deve essere licenziato: in qualunque caso, la sua scelta è frutto di un errore del dirigente.
Perché? Se tu, dirigente, firmi tre parametri zero e poi contatti un tecnico che “non li vede” i casi sono tre:
1) fai capire al tecnico in questione che dovrà farseli andare bene per forza;
2) non scegli il tecnico in questione;
3) se per assecondarne i voleri ti fai stravolgere la strategia (ammesso che tu ne abbia una), beh, cambia mestiere.
Perché è giusto seguire i suggerimenti del tecnico, ma nella gerarchia di una società (calcistica e non) a dettare le linee guida devono essere i dirigenti.
Il bilancio parla chiaro: più o meno 25 giocatori sono transitati da Torino nelle ultime tre finestre di mercato, fra chi è stato di passaggio e chi si è fermato, 140 i milioni spesi solo per gli acquisti più onerosi, e fra questi non c’è lo straccio di un fuoriclasse.
Fra qualche giorno la Juventus inaugurerà il suo nuovo stadio, senza campioni se non il vecchio Del Piero.
Vogliamo continuare ad agitare la sua figurina fino al prossimo millennio?
Nessun giovane fuoriclasse – che costa molto meno in prospettiva di un ventottenne senza prospettive - in controtendenza con tutta l’Europa che conta, e neppure un talento cristallino, uno che accenda la luce e dia sicurezza al gruppo.
L’imperativo è navigare nella mediocrità, nessuna ambizione e meno ancora coraggio.
Elementi come Amauri, Grosso, Iaquinta sono ancora a libro paga; il femmineo Tiago vince il braccio di ferro e dopo due anni gratis a Madrid ottiene quel che voleva da sempre: la risoluzione per accasarsi con un nuovo contratto al Vicente Calderòn, che fa rima con Almiròn, ceduto al Catania a titolo definitivo con una rateizzazione che forse costa più in pratiche burocratiche di quanto utile porti.
Serve altro per licenziare Marotta?