Le feste rubate

giraudo moggiE' la storia della vita. Tutta in una serata spettacolare. Vita, morte e miracoli che ti passano davanti agli occhi, gioie, dolori, successi, ansie. E i ricordi dell'adolescenza, con quelle feste piene di palloncini, con le luci, i dischi e le prime ragazze da guardare, da abbracciare, da desiderare. Quelle stesse feste dove i compagni antipatici non venivano invitati, magari solamente perché erano i più secchioni, i più bravi, e portavano gli occhiali troppo spessi. E come tutte le feste, anche quella di ieri sera ha rispettato il copione. Mancavano i due secchioni, i più bravi di tutti, quelli che "non si devono nemmeno nominare": Antonio Giraudo e Luciano Moggi. Peccato che stavolta i secchioni fossero quelli che avevano sognato, lottato e infine preparato tutto per organizzarla loro, quella festa. Sul più bello, proprio quando stavano per far partire la musica e accendere le luci, sono arrivati i compagni e hanno rubato loro l'idea e l'onore di realizzarla. Io non dimentico, noi non dimentichiamo. Sono venuto alla festa ma, mentre ballavo e guardavo le ragazze, ho pensato spesso ad Antonio e Luciano e alla loro delusione.

"The show must go on!" Lo spettacolo deve continuare. E allora sgombriamo subito il campo dalle ipocrisie. Il nuovo stadio della Juventus, la nuova casa, come l'ha chiamata Andrea Agnelli, è un impianto bellissimo. Appena arrivato al mio posto in Tribuna Stampa al secondo anello sono rimasto paralizzato. Gli spalti hanno una pendenza notevole, che insieme al terreno di gioco, che insiste sotto il livello della strada, ne fanno un catino davvero impressionante, una specie di Palazzetto dello Sport però da oltre 40.000 posti. Il livello del coinvolgimento emotivo è elevatissimo. Unico neo, del quale abbiamo già parlato, quegli otto tiranti ai quattro angoli dell'impianto, tra gli spalti e il campo. Francamente sono indegni in uno stadio costruito nel 2011. Un vero schifo per gli occhi di chi vi è seduto dietro, ma anche per chi, dalle tribune, ogni tanto butta l'occhio verso le bandierine. Qualcuno, anche tra i giornalisti, ieri sera cercava, in modo patetico, di minimizzare. Ma il problema esiste ed esteticamente è un pugno nell'occhio per un impianto che è bellissimo proprio per la sua essenzialità stilistica, per la sua eleganza. Peccato.

Lo spettacolo proposto è stato davvero all'altezza delle aspettative. Uno spettacolo degno di un'Olimpiade. Un mix di colori, emozioni, fuochi artificiali, immagini di storia antica e recente della Juventus, una sfilata di grandi campioni, un Andrea Agnelli emozionatissimo che ha dato il benvenuto nella nuova casa accompagnato dal sindaco di Torino, Fassino. E ha ricordato che il campo ha sempre ragione e che i suoi verdetti non sono mai bugiardi. Il Presidente della FIGC Abete, presente in tribuna con Petrucci e una folta delegazione di nani e ballerine, è stato annichilito da quel numero 29 che per tutta la serata gli è stato sbattuto in faccia ad intervalli regolari, dal primo all'ultimo minuto. Con un certo masochismo il massimo esponente della FIGC, dopo cinque anni di doppiopesismo, culminati nella dichiarazione di incompetenza del 18 luglio in merito alla vicenda dell'esposto Juve, si è presentato allo stadio con una faccia più tosta dei pennoni che sorreggono la copertura dell'impianto. Inutile dire che ci auguriamo di non vedere più il suo posteriore (e quello del suo vice interista Tavecchio, of course) appoggiato alle preziose poltroncine in pelle firmate Giugiaro. Nello spettacolo unica nota stonata il presentatore: Linus, come si fa chiamare questo signore, è uno per cui gli scudetti sono 27, uno di quelli per cui nel 2006 bisognava guardare avanti, un amico di Marco Travaglio insomma. Quanto gli sarà costato ieri sera parlare di 29 scudetti lo sa solo lui.

In definitiva, la Juventus ha finalmente un grande impianto di proprietà, ed è la prima grande squadra in Italia ad averlo. Anche questa volta le altre, come spesso è accaduto negli ultimi 114 anni, arriveranno seconde. Ma come tutte le case adesso è il momento di comprare i mobili, di arredarla. "E' stata fatta l'Italia, adesso dobbiamo fare gli italiani" disse qualche secolo fa Massimo D'Azeglio. Io mi limito molto più umilmente a sottolineare che adesso, fatto lo stadio, bisogna fare una Juventus all'altezza delle immagini che abbiamo visto sui maxischermi. Per scrollarci di dosso velocemente la sensazione di aver comprato l'autoradio prima della vettura bisogna prendere atto che dal punto di vista tecnico sportivo siamo ancora indietro. Cinque anni fa il Napoli era in serie B con noi. Oggi fa la Champions. Nel frattempo ha speso un quinto di quello che abbiamo speso noi e ha un bilancio in equilibrio a differenza del nostro che, secondo i miei ultimi calcoli, revisionati al ribasso, chiuderà l'esercizio 2010-11 con circa 90 milioni di perdite.