Piccoli azionisti: come sempre parco buoi

bilancioBrutta sorpresa per i piccoli azionisti tra le pieghe del progetto di bilancio che il Consiglio di Amministrazione del 16 settembre ha approvato e che verrà sottoposto all'approvazione dell'Assemblea degli Azionisti il prossimo ottobre. I 40.000 piccoli azionisti infatti rischiano di non essere più azionisti della società, e la società stessa rischia seriamente il ritiro dalla quotazione ("delisting") presso la Borsa di Milano.

Di fronte all'eventualità di quanto sopra, tutto il resto di un bilancio disastroso passa in secondo piano. Cercheremo di spiegare ai lettori quanto è successo. Che quest'anno la società avrebbe chiuso in forte perdita era largamente previsto. Avevamo stimato una perdita di circa 65-70 milioni, e già a fine marzo il progressivo appariva preoccupante, con un rosso di circa 39 mln. Contribuivano alla perdita prevista una serie molteplice di fattori: circa 23 milioni in meno a causa dell'applicazione della nuova legge sulla vendita collettiva dei diritti TV; circa 20 milioni in meno a causa della mancata partecipazione alla Champions League; ed inoltre riduzione dei ricavi da stadio e da sponsorizzazioni, più altre poste minori, tra cui 7,4 mln per la definizione con l'Agenzia delle Entrate di una contestazione fiscale a seguito di verifica della Guardia di Finanza; un mix micidiale che portava le perdite a circa 70 milioni, ragionevolmente coperte mediante l'utilizzo della riserva sovrapprezzo azioni presente in bilancio proprio per circa 70 milioni. Ma, ad un certo punto, abbiamo percepito che c'era l'intenzione di procedere ad un'ulteriore pulizia di bilancio, anche in previsione dell'applicazione delle nuove normative sul Fair Play Finanziario, pur senza immaginare che sarebbe stata così profonda e sproporzionata rispetto alle reali esigenze contabili.

La società ha infatti deciso di effettuare, nell'ultimo trimestre, ulteriori svalutazioni e accantonamenti per circa 24 mln che hanno portato il bilancio nelle condizioni contemplate dall'articolo 2447 del Codice Civile. In base a questo articolo se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al di sotto del minimo legale, il Consiglio di Amministrazione deve senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo. Nel caso della Juventus la perdita dell'esercizio 2010-2011 provocherà addirittura un azzeramento del Capitale Sociale (circa 20 mln in apertura di esercizio) e la conseguente esposizione in bilancio di un Patrimonio Netto negativo per 4,9 mln.

Questa circostanza causerà l'annullamento di tutte le azioni circolanti in possesso degli azionisti, grandi e piccoli, i quali saranno quindi costretti a sottoscrivere l'aumento di capitale già deliberato (120 mln): in caso contrario si troveranno nelle condizioni di non essere più azionisti della Juventus. In altre circostanze i piccoli azionisti avrebbero potuto decidere di non aderire all'aumento, diluendo la propria quota di partecipazione, ma rimanendo comunque azionisti. In questo caso quanti non parteciperanno all'aumento di capitale saranno definitivamente tagliati fuori e si vedranno azzerare irrimediabilmente il loro investimento fatto durante il collocamento del 2001 (3,70 Eur per azione) oppure successivamente acquistando le azioni sul mercato.

Ma non basta. Se l'aumento di capitale non sarà sottoscritto da una quota sufficiente di piccoli azionisti, c'è il rischio che la società possa essere delistata in maniera coatta, cioè procedendo all'"esproprio dietro corrispettivo" delle azioni circolanti post aumento di capitale. Torneremo su questo aspetto più avanti e spiegheremo qual è l'unico modo per neutralizzare questo scenario.

Analizzando il Comunicato Stampa della Società, e in attesa di poter approfondire l'argomento con il Progetto di Bilancio in originale che sarà reso disponibile agli investitori nei prossimi giorni, ci si può rendere conto che quanto sta per accadere sia stato un po' forzato dall'arbitraria ed eccessivamente prudente imputazione all'esercizio 2010-2011 delle svalutazioni e degli accantonamenti cui abbiamo accennato in precedenza. Di solito queste sono operazioni poco eleganti, più adatte a S.R.L. di provincia che a una società quotata come la Juventus. Qualcosa avevamo visto già nel 2006, quando l'ultimo bilancio della Triade fu "appesantito" dalla pulizia di bilancio di Cobolli & C. Oggi invece l'operazione è fatta in grande stile. I piccoli azionisti, e il loro investimento iniziale, potevano essere tutelati diversamente, per esempio anticipando la pur diluitiva sottoscrizione dell'aumento di capitale già nel corso dell'esercizio 2010-2011; oppure evitando di calcare la mano proprio su quelle svalutazioni e quegli accantonamenti che hanno determinato l'azzeramento del capitale, posticipando qualcosina all'esercizio 2011-2012.

Ancora una volta i piccoli azionisti sono quindi tartassati da scelte lecite, ma eticamente discutibili. Nel 2006 gli interessi dei terzi non furono tutelati sufficientemente, e ricordiamo ancora oggi la deprecabile rinuncia al TAR su pressione delle Istituzioni, sportive e non. Oggi invece si organizza una specie di "percorso obbligato" che costringerà i piccoli azionisti a "comprarsi" la permanenza nella compagine sociale, qualità che con un po' di buonsenso poteva essere concessa a tutti, anche a quelli che non sottoscriveranno l'aumento di capitale. Senza peraltro avere la "garanzia" di riuscirci!

Proprio da queste pagine, pochi mesi fa, avevamo sollecitato più attenzione per i piccoli azionisti, con iniziative per valorizzarne lo "status". La risposta è chiara e l'unica attenuante è l'opportunità, attraverso quanto programmato, di cancellare definitivamente dall'azionariato i soci libici, che peraltro in questo momento hanno ben altro a cui pensare.

Come difendersi da quanto sta per accadere? La strada c'è e passa attraverso la sottoscrizione, totale o parziale, dell'aumento di capitale. Noi sappiamo che i piccoli azionisti controllano, ante-aumento, circa il 32,5% delle azioni circolanti. In soldoni vuol dire che avranno diritto a sottoscrivere il 32,5% del nuovo capitale, attraverso l'esercizio dei diritti, che ricordiamo saranno negoziati in Borsa. La condizione necessaria per evitare il delisting della società è la sottoscrizione di almeno il 10% del nuovo capitale da parte dei piccoli azionisti o da parte di eventuali nuovi azionisti che potranno comprare in Borsa i diritti venduti da altri. In questo modo si eviterà che la società possa procedere all'applicazione degli articoli 108 e 111 del Testo Unico della Finanza che prevedono dapprima l'OPA residuale al raggiungimento del 90% del capitale ed infine il diritto di acquisto coatto delle azioni dai piccoli azionisti al raggiungimento del 95% del capitale. In termini numerici vuol dire che tutti i piccoli azionisti devono esercitare mediamente almeno un terzo dei diritti in loro possesso per avere la certezza di rimanere azionisti di una società quotata in Borsa.

Alla luce di quanto sopra tutto il resto del bilancio 2010-2011 appare un triste corollario che approfondiremo nella prossima Assemblea. Un dato su tutti quello sui ricavi complessivi, crollati a 172 mln, addirittura inferiori all'esercizio 2006-2007, l'anno della Serie B e dell'insediamento di Blanc.
Per capire ed apprezzare bene il dramma della gestione Elkann-Cobolli-Blanc, basta confrontarsi con la dinamica dei ricavi del Napoli, che nel 2006-2007 era in Serie B con noi e adesso partecipa alla Champions League, con un bilancio tra i più equilibrati d'Europa. E anche la gestione Agnelli-Marotta non è esente da colpe, se è vero che gli investimenti della scorsa stagione sono stati quasi tutti rinnegati. Il trend purtroppo è innescato e non basterà il nuovo stadio a invertirlo. Ci vorranno anche una partecipazione stabile alle massime competizioni europee e una riqualificazione del marchio, con l'auspicabile incremento di proventi da sponsorizzazioni. Altrimenti è notte fonda.